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15 dicembre 2011 - Esteri - Libia - Il Giornale
La Libia nel caos batte cassa all'Italia
Per ora nessuno rimpiange Gheddafi, ma la strada verso una Libia stabile e sicura è ancora lun­ga. Mustafa Abdul Jalil, il presiden­te del Consiglio transitorio, al pote­re a Tripoli, è atteso oggi a Roma per incontrare il premier ed il capo dello Stato. Ieri sera è circolata la voce di sue dimissioni, poi rientra­te dopo un convulso vertice del Cnt: una conferma che la Libia è nella bufera. Se Jalil arriverà a Ro­ma vedrà anche Paolo Scaroni, nu­mero uno dell'Eni e Giuseppe Orsi presidente e ad di Finmeccanica. Nell'incontro a Palazzo Chigi i pro­blemi sul tappeto sono spinosi, co­me la revisione del trattato italo- li­bico, mentre a Tripoli continua il braccio di ferro armato fra le fazio­ni al potere. Una Libia nel caos sa­rebbe la minaccia più grave per l'Italia, che sta cercando di recupe­r­are le posizioni ai tempi del colon­nello.
Il premier, Mario Monti, do­vrebbe recarsi a Tripoli in genna­io.
L'Eni ha già ripreso la produzio­ne di 200mila barili, fra petrolio e gas, rispetto ai 280mila con il regi­me precedente. L'obiettivo è arri­vare a livelli pre guerra in 6 mesi e balzare a 300mila barili nel 2013. Il gasdotto Greenstream che arriva a Gela è tornato in funzione da otto­bre, ma il problema più grosso ri­mane la sicurezza. I vecchi contrat­ti sono blindati anche se francesi ed inglesi vogliono scalzarci da pri­mi partner energetici della Libia. Nel nuovo governo di Tripoli il mi­nistro del Petrolio, Abdulrhman Ben Yezza, è un ex dirigente Eni. Però il premier, Abdurrahim El Keib è soprannominato il «goril­la » della British Petroleum inglese e della Total francese. Finmeccani­ca aveva in piedi con la Libia con­tratti per un miliardo di euro. Lo stabilimento di elicotteri Agusta Westland, vicino a Tripoli, ha già ri­cominciato a funzionare e verran­no consegnati alle nuove autorità gli ultimi due velivoli su 20. L'impe­gno più importante, bloccato a me­tà dalla guerra, riguarda il control­lo, con sistemi radar, del confine meridionale, per fermare i clande­stini.
Nel 2011 grazie alla «primave­ra » araba sono arrivati sulle nostre coste 56mila immigrati dal Nord Africa (28mila dalla Libia). Ad ago­sto, quando è caduta Tripoli, il flus­so si è di fatto fermato. In novem­bre
è ripreso con un solo sbarco in Sicilia di 43 somali ed il 6 dicembre con un'altra quarantina di disgra­ziati finiti a Malta.
Il problema è che il trattato di amicizia italo-libico, firmato da Berlusconi e Gheddafi, prevede sia la lotta comune all'immigrazio­ne,
che accordi con industrie della Difesa come Finmeccanica. Non solo: l'Eni lo avrebbe finanziato con 4 miliardi di euro, nel giro di 20 anni, per grandi opere, comprese la litoranea, affidata ad aziende ita­liane. Alla vigilia della visita di Jalil il vice ministro degli Esteri libico, Mohamed Abdelaziz, dichiarava che Tripoli «ha alcune riserve su dei punti inclusi nell'accordo che devono essere nuovamente di­scussi tra i due Paesi ». Alla Farnesi­na si parla solo di questioni forma­li e si sottolinea che l'Italia oltre ad addestrare i libici per difendere i pozzi petroliferi ha già stanziato 900mila euro per lo sminamento. Non solo: dal 2012 parteciperemo al disarmo delle milizie.
Nel dopo Gheddafi sono ancora 125mila i miliziani in armi, che for­mano «brigate» su base locale au­tonome e spesso in lotta fra loro. Nel fine settimana il comandante dell'ipotetico esercito nazionale, generale Khalifa Hifter, è finito in un'imboscata di un gruppo di ri­belli di Zintan, la sua città, bollati come rinnegati. Poche ore dopo è stato coinvolto in un altro scontro a fuoco sulla strada dell'aeropor­to. Da lunedì si tengono a Bengasi accese manifestazioni di protesta contro Jalil ed i membri del gover­no transitorio ex di Gheddafi, accu­sati di voler «scippare la rivoluzio­ne ». Il braccio di ferro fra laici e isla­mici, più o meno radicali, rischia di minare il paese come i poteri municipali armati fino ai denti.

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07 aprile 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

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25 aprile 2012 | Uno Mattina | reportage
Italia-Libia, un anno dopo non solo petrolio
Un anno dopo l’inizio dei bombardamenti della Nato in Libia l’Italia torna a Tripoli con due navi militari. La missione della nostra Marina rinsalda i rapporti fra i due paesi dopo la rivolta che ha fatto crollare il regime del colonnello Gheddafi. Rida Eljasi durante la rivolta era un intreprete dei giornalisti italiani con l’avallo del regime. Fra le macerie di Bab al Azizya, l’ex roccaforte di Gheddafi a Tripoli, racconta, come in realtà, facesse la spia per i ribelli. E queste sono le immagini dei bombardamenti del bunker di Gheddafi che Rida ci forniva. Nella nuova Libia non c’è solo il petrolio. A quaranta minuti di macchina da Tripoli le bombe della Nato hanno evitato lo stabilimento di elicotteri italo-libico messo in piedi dall’Agusta Westland. E adesso i libici vogliono tornare velocemente a lavorare sugli elicotteri come spiega il giovane ingegnere Abdul Rahman. Abbiamo conosciuto Samira Sahli, che lavora per la banca Unicredit, in questa manifestazione di protesta in piazza Algeria a Tripoli repressa da Gheddafi a raffiche di mitra. Un anno dopo la ritroviamo nella stessa piazza. I controllori di volo italiani dell’Enav sono sbarcati a Bengasi e Tripoli per aiutare i loro colleghi libici a riaprire lo spazio aereo. Con la guerra l’Italia ha perso oltre 30 milioni di euro di diritti per mancati sorvoli perchè gli aerei passeggeri dovevano aggirare la Libia. Nonostante le elezioni previste il 23 giugno, Tripoli e gran parte della Libia sono in mano alle milizie. Ai posti di blocco spariscono, ancora oggi, gli ex sostenitori di Gheddafi, anche se non sono ricercati. Pseudo bande di “rivoluzionari” usano la scusa dell’arresto per poi liberarli in cambio di un riscatto.

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23 agosto 2011 | TG4 | reportage
La caduta di Gheddafi
Notizie e commenti dall'Italia

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02 marzo 2011 | Panorama | intervento
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento
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10 marzo 2011 | Panorama | intervento
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12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento
Libia
Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.

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