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20 dicembre 2011 - Prima - Corea del Nord - Il Giornale
Un altro Kim, erede per caso con l'atomica fra le mani
Il «grande successore», dell’ul­tima dinastia stalinista al mondo, ha 28 anni, la faccia da porcellino d’India e i gradi di generale,anche se la sua esperienza militare è mi­nima. Una delle foto incautamen­te fatte circolare dalla propagan­da lo immortala mentre scruta l’orizzonte con un binocolo,ma al contrario. Kim Jong un, il terzoge­nito del «caro leader» della Corea del Nord, fulminato da un infarto, eredita non solo un regime fermo al Medioevo comunista che affa­ma il suo popolo, ma pure le chia­vi dell’arsenale nucleare.
Fino a pochi anni fa la vita del «grande successore», come è sta­to subito battezzato dai media di Stato alla morte del padre, era un totale mistero. Ancora oggi non è chiaro se sia nato nel 1983 o nel
1984. Il terzogenito di Kim Jong il è il figlio di Ko Yong Hui, una balleri­na nata in Giappone, ma di origini coreane, molto amata dal dittato­re scomparso. La terza moglie del «caro leader», che morì nel 2004 per un cancro,chiamava l’ultimo­genito «re della stella del matti­no ». Della giovinezza dell’erede designato esisteva solo una foto scattata a 11 anni e per questo era soprannominato il «figlio senza volto». Il padre lo mandò a studia­re in Svizzera, vicino a Berna, con il falso nome di Pak Chol. Nella confederazione ha studiato ingle­se, tedesco e francese, ma i suoi compagni lo ricordano per la pas­sione per il basket, che continue­rebbe a mantenere seguendo in tv il campionato Nba americano. Il suo mito era Michael Jordan. Il fu­turo leader del paese più chiuso al mondo amava anche sciare, dise­gnava fumetti ed era affascinato da Jean-Claude Van Damme,l’at­tore di Hollywood macho delle ar­ti marziali. Nel 2000 Kim abbando­nò gli studi e rientrò in patria per seguire le orme del padre. Forse non è un caso che la prima lode delle sue virtù, insegnata agli sco­lari, si intitola «Orme». Nel paese con il quarto esercito del mondo l’erede ha frequentato l’accade­mia militare arrivando ai gradi di capitano.
Nessun analista puntava su di lui, ma i fratellastri maggiori si so­no eliminati da soli nella corsa al trono stalinista. Il primogenito, Kim Jong nam, che vive in semi esi­lio a Macao, cadde in disgrazia nel 2001 quando venne pizzicato mentre tentava di entrare in Giap­pone con un passaporto falso. Non era in missione segreta, vole­va farsi un giro nella Disneyland di Tokyo. Stessa sorte per il fratel­lo minore, Kim Jong chul, che a Singapore seguì sotto mentite spo­glie un concerto di Eric Clapton. Il padre lo considerava un «effemi­nato », troppo debole per guidare il paese con il pugno di ferro.
Il «grande successore», invece, secondo l’ex cuoco di famiglia, «è identico al caro leader». La sua im­provvisa ascesa inizia nel 2009, do­po che papà fu colpito dal primo infarto. La leggenda vuole che ven­nero
stampati diecimila ritratti di Kim Jong Un pronti ad esser affian­cati a quelli del nonno fondatore della dinastia. Lo scorso anno il delfino da capitano viene promos­so a generale a quattro stelle. La propaganda di Stato ha comincia­to a chiamarlo «brillante compa­gno »e poi«piccolo generale».Nel­l’ultimo anno Kim è l’ombra del padre nei viaggi ufficiali diventan­do di fatto il «grande successore». Dietro le quinte, però, il giova­ne erede, è sotto tutela del naviga­to cognato del defunto leader, Jang Song taek, che controlla il par­tito. Non solo: sua moglie è Kim Kiong hui, soprannominata la La­dy Machbet di Pyongyang.
Un metro e 75 e oltre novanta chili di peso, il successore è un grande bevitore come il padre e avrebbe già problemi di salute a cominciare dal diabete. Per man­tenere
la dinastia dovrà scendere a patti con lo zio, che gli ha trovato pure una graziosa moglie e stare attento a non urtare la potente ca­sta dei militari. Generaloni, in gran parte anziani, sopravvissuti alle purghe, che non vedono di buon occhio un giovincello che li comanda e controlla l’arsenale nucleare.
[continua]