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Esclusivo
12 marzo 2016 - Attualità - Libia - Il Giornale
Tutte le bugie del governo sul raid e gli ostaggi in Libia
I l governo italiano non è esente da responsabilità nella tragica fine di Salvatore Failla e Fausto Piano, i due ostaggi trucidati in Libia. L'8 marzo, sei giorni dopo la morte dei connazionali, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, fa una rivelazione sorprendente in occasione del vertice con il capo di Stato francese, Francois Hollande, a Venezia. In relazione al raid americano del 19 febbraio, che ha colpito un campo di addestramento dello Stato islamico a Sabrata, dichiara: «Non credo di svelare un segreto di Stato dicendo che era un'azione di cui era informato il presidente della Repubblica, eravamo informati noi, i francesi e gli inglesi. È normale che tra partner ci siano queste informazioni». Il virgolettato è riportato dall'agenzia stampa Agi e l'Ansa aggiunge altri dettagli, ma gran parte dei media hanno silenziato la notizia. Il raid, secondo Renzi, era indirizzato «contro adepti del Daesh (Stato islamico ndr) corresponsabili dell'attentato al museo del Bardo» dello scorso anno a Tunisi, che costò la vita anche a 4 turisti italiani.In pratica Palazzo Chigi ha avallato il bombardamento ed il Quirinale era informato. Peccato che a Sabrata venivano tenuti in ostaggio da sette mesi quattro tecnici italiani, che sentono lo spostamento d'aria delle bombe. Qualsiasi azione del genere rischia di mettere in pericolo la loro vita, come è puntualmente avvenuto con Failla e Piano. Nonostante le smentite del governo sta sempre più emergendo, che i sequestratori erano tunisini legati alla costola di Ansar al Sharia, che ha giurato fedeltà al Califfato. Non solo: il comandante di spicco, nel mirino Usa per l'attacco del Bardo, è Noureddine Chouchane, un tunisino che ha vissuto a lungo in Italia. Il Viminale ne aveva decretato l'espulsione all'inizio del 2015 «per motivi di sicurezza nazionale», anche se era già in Libia.Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha dichiarato in Parlamento: «Non sapevamo dove fossero gli ostaggi». Impossibile che la nostra intelligence non avesse idea che li tenessero nell'area di Sabrata. Non a caso dopo il raid una squadra di agenti italiani avrebbe controllato i resti umani recuperati fra le rovine dell'attacco. Il timore era trovare i corpi degli italiani, ma invece sono stati identificati quelli di due diplomatici serbi rapiti a Tripoli.Le bombe Usa provocano la rottura dell'equilibrio di forze a Sabrata scatenando una battaglia senza quartiere fra le bandiere nere e le milizie islamiste fedeli a Tripoli. Gli ostaggi sono fra due fuochi. Chouchane, scampato al raid Usa, sarebbe stato ucciso negli scontri il 26 febbraio. Il capo cellula del sequestro è Abdullah Dabbashi, suo sodale delle bandiere nere. Lo rivela Wahida bin Mukhtar, l'unica tunisina sopravvissuta all'agguato mortale al convoglio con Failla e Piano. La donna ammette di far parte dello Stato islamico e che il caos per Sabrata e gli ostaggi ha inizio con gli scontri provocati dal raid Usa avallato da Palazzo Chigi.Il 2 marzo i miliziani del Califfo in difficoltà separano i connazionali, dopo aver ricevuto almeno una parte del riscatto. Nella fuga vengono intercettati dalla brigata «Febbraio al Ajilat-2», che ammazza i carcerieri ed i due italiani. Nella migliore delle ipotesi scambiandoli per jihadisti. Nella peggiore per rapinare il riscatto e non lasciare testimoni. Una sequenza di drammatici eventi innescata dall'attacco Usa, che Palazzo Chigi non ha voluto o potuto fermare oppure rimandare mettendo in pericolo gli ostaggi.
[continua]

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01 aprile 2011 | Studio Aperto | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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21 settembre 2017 | Matrix | reportage
Migranti in gabbia
Per i migranti la Libia è un inferno. In 7000 sono detenuti nei centri del ministero dell’Interno in condizioni impossibili. L’Onu e le Ong, che denunciano le condizioni miserevoli, dovrebbero parlare di meno e fare di più prendendo in mano i centri per alzarne il livello di umanità. E non utilizzare le condizioni di questi disgraziati come grimaldello per riaprire il flusso di migranti verso l’Italia. Non solo: Tutti i dannati che vedete vogliono tornare a casa, ma i rimpatri, organizzati da un’agenzia dell’Onu, vanno a rilento perché mancano soldi e uomini. E chi ce la fa esulta come si vede in questo video dei nigeriani che tornano in patria girato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Dietro le sbarre a Tripoli un migrante ci mostra i segni di percosse e maltrattamenti. Nel centro di detenzione di Triq al-Siqqa, il più grande della capitale libica, ci sono anche le donne, intercettate prima di raggiungere l’Italia, con i loro bambini nati nei cameroni, che protestano con le guardie per il cibo pessimo ed insufficiente. Il responsabile del centro di Triq al-Siqqa si scaglia contro l’Europa e parla di “visite dei ministri degli esteri di Germania, Inghilterra, delegazioni italiane…. tanto inchiostro sui documenti, ma poi non cambia nulla, gli aiuti sono minimi”. Ogni giorno arrivano al centro nuovi migranti fermati in mare, che ci provano ancora a raggiungere l’Italia. In Libia sono bloccate fra mezzo milione e 800mila persone, in gran parte vessate dai trafficanti, che attraggono le donne come Gwasa dicendo che in Italia i migranti “hanno privilegi, rifugio e cibo”. In agosto le partenze sono crollate dell’86% grazie ad un accordo con le milizie che prima proteggevano i trafficanti. Nei capannoni-celle di Garyan i migranti mostrano i foglietti di registrazioni delle loro ambasciate per i rimpatri, ma devono attendere mesi o anche un anno mangiando improbabile maccheroni. E non sono solo musulmani. Nel centro di detenzione costruito dagli italiani ai tempi di Gheddafi i dannati dell’inferno libico invocano una sola parola: “Libertà, libertà”.

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03 aprile 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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22 marzo 2011 | Panorama | intervento
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26 agosto 2011 | Radio Città Futura | intervento
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I giornalisti italiani rapiti a Tripoli


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12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento
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Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.

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06 marzo 2011 | Panorama | intervento
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