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Reportage
07 settembre 2016 - Esteri - Libia - Panorama
L’obiettivo dell’Isis di Sirte: “Presto saremo a Roma”
Combattiamo in Libia, ma i nostri occhi sono puntati su Roma» firmato Stato islamico. L’inquietante scritta è riportata su un cartello trovato fra le macerie degli aspri combattimenti nei quartieri centrali di Sirte liberati dalle bandiere nere dell’Isis negli ultimi dieci giorni. «Secondo le nostre informazioni, uno dei capi tunisini delle sacche di resistenza islamica si chiama Moez Fezzani. Potrebbe essere lo stesso terrorista collegato all’Italia» dice il colonnello Ismail Shoukri, comandante dell’intelligence libica a Misurata.Fezzani, 47 anni, veterano della guerra santa catturato dagli americani in Afghanistan, ha vissuto a lungo a Milano. Incarcerato per terrorismo, poi assolto in primo grado e subito espulso (nel 2012), è stato condannato in secondo grado a sei anni di carcere per terrorismo, quando però stava già combattendo in Siria. La caduta di Sirte, «capitale» del Califfo in Libia, appare imminente, ma non sarà la fine della minaccia islamica, soprattutto per l’Occidente. Gruppi di jihadisti sono fuggiti dall’assedio e hanno lanciato attacchi con auto minate alla periferia di Sirte partendo probabilmente da Beni Walid, una ex roccaforte del colonnello Gheddafi. Cellule jihadiste inoltre sono attive nelle grandi città libiche. I transfughi di Sirte sono scappati nel sud desertico lungo le rotte del traffico di armi e migranti utilizzato dalle bandiere nere per far arrivare i loro volontari dall’Africa equatoriale. «Abbiamo trovato nelle zone liberate di Sirte mappe e piani di espansione di Daesh (lo Stato islamico in arabo nda) nel Nord Africa, addirittura negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei» rivela Shoukri. «Le mire su Roma sono cominciate nel febbraio 2015, quando in un video i terroristi minacciavano l’Italia sgozzando dei cristiani egiziani sulla costa libica del Mediterraneo». Fezzani era stato sicuramente segnalato in marzo a Sirte, dopo essere fuggito dal bombardamento americano di Sabrata, in Tripolitania, dove la base delle bandiere nere è stata travolta dalle milizie locali. A quel raid sarebbe miracolosamente sopravissuto Nouruddine Chouchane, il giovane emiro tunisino allievo di Fezzani, che ha fatto il muratore a Novara. In patria è ricercato per la strage del museo del Bardo a Tunisi del 18 marzo 2015, dove sono stati uccisi 21 turisti, compresi quattro italiani.  Fra i combattenti libici che stanno debellando le bandiere nere a Sirte, circola la voce che Chouchane possa esser stato ucciso verso metà agosto nei combattimenti che hanno fatto cadere il centro congressi Ouagadougou, posto di comando dell’Isis. Documenti che lo riguardano sarebbero stati portati via dall’intelligence italiana, ma su questo non ci sono prove (né lo confermano ufficialmente le autorità libiche).  Susyan Abdulla, ufficiale della katiba (reparto) «Martiri di Sirte», sostiene invece di aver trovato «una lista di nomi di tunisini dello Stato islamico, ma anche gente proveniente dal Mali e dal Niger». Per ogni volontario della guerra santa era descritto il tragitto dal paese di origine alla Libia. «Accanto ai nomi di sette tunisini, era anche scritto che sono poi proseguiti per l’Italia sui barconi, spacciandosi per migranti» rivela Abdulla. La lista è stata consegnata all’intelligence libica.  Le mire minacciose sull’Italia sono confermate anche da Mustafa al Shebani, comandante della terza brigata sul fronte ovest di Sirte. «Sul telefonino di uno dei terroristi eliminati in battaglia» rivela «abbiamo trovato un sms a un cellulare libico che diceva testualmente: «Presto saremo a Roma». Non solo. Sulla parete sbrecciata da una cannonata di un ufficio dello  Stato islamico, sulla spiaggia di Sirte, campeggia la scritta in vernice nera: «Questa è la via per Roma». Sotto, una grande freccia indica il mare Mediterraneo, a soli cento metri. A fianco della scritta i seguaci delle bandiere nere avevano disegnato una scimitarra. Anche nel centro di polizia El Hesba, dove è stato scoperto l’oro dello Stato islamico sequestrato a chi non rispettava le regole del Califfo, ci sono ancora scritte simili firmate dall’Isis. A Sirte hanno combattuto volontari della guerra santa «francesi e austriaci, che dimostrano come Daesh sia un’organizzazione terroristica internazionale» afferma il colonnello Shoukri. Almeno un francese sarebbe stato ucciso. I cadaveri dei seguaci del Califfo vengono portati da Sirte a un centro della polizia di Misurata dove si cerca di identificare gli stranieri dal Dna, grazie ai servizi alleati. L’intelligence ha un video girato nell’ex roccaforte libica dello Stato islamico, dopo la strage di Nizza, che inneggia «a nuovi attacchi in Francia con i camion, ma anche ad attentati peggiori» aggiunge Shoukri.   I libici hanno messo in piedi una squadra di esperti per analizzare i contenuti di pc e cellulari dei miliziani jihadisti recuperati nei quartieri liberati. «Sui telefonini dei nemici uccisi abbiamo trovato diverse chiamate a numeri europei» conclude Shoukri. «I terroristi di Daesh li chiamavano da Sirte. In alcuni casi si tratta di familiari, ma ci sono anche gli amici, che potrebbero essere seguaci del terrore nel vostro paese». (Testo e foto di Fausto Biloslavo - da Sirte) 

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