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01 febbraio 2017 - Attualità - Italia - Il Giornale
Gli italiani convertiti all’Islam vendevano armi a Libia e Iran
Fausto Biloslavo
L\'imprenditore che vende elicotteri da guerra alla faccia dell\'embargo, la coppia del Napoletano con il marito convertito all\'Islam, che ha contatti ad alto livello in Iran e a Tripoli e il misterioso libico che va a controllare le armi in Ucraina. L\'inchiesta «Italian job» della Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha scoperchiato un clamoroso traffico di materiale bellico con l\'Iran e la Libia: elicotteri, fucili mitragliatori d\'assalto, missili a spalla terra-aria e anti carro. Ieri la Guardia di finanza al comando del colonnello Gianluca Campana ha eseguito decine di perquisizioni in tutta Italia e arrestato tre persone. In manette è finito Andrea Pardi, amministratore della Società Romana Elicotteri e una coppia di San Giorgio a Cremano, nel napoletano, Mario Di Leva e Anna Maria Fontana. Il libico Mogamud Alì Shaswish è latitante. L\'accusa dei pm Catello Maresca e Maurizio Giordano è di «traffico internazionale di armi» con Paesi sotto embargo.
Il sistema era semplice e si basava sulle triangolazioni. In pratica le armi non transitavano mai per l\'Italia e Pardi procurava elicotteri per il soccorso o da trasporto di fabbricazione russa, che venivano facilmente armati in seguito. «Sicuramente sono andate a buon fine la fornitura di pezzi di ricambio per gli elicotteri iraniani e di fucili d\'assalto alle milizie libiche» spiega al Giornale, il colonnello Campana. Pardi si appoggiava alla coppia Di Leva per i contatti all\'estero. La banda ha trattato un carico di 13.950 fucili M 14 per la Libia, ma pure un\'eliambulanza ed elicotteri russi Mi 17. In una mail alla moglie Di Leva scriveva incautamente: «Hi Anna, i need this Jup... Igla, Sam-7, Kornit». La procura specifica che si tratta di «modelli di missili anti-carro e terra-aria di produzione sovietica».
Mario è un convertito all\'Islam sciita con il nome musulmano di Jaafar. Sua moglie ha vissuto in Iran per 17 anni e a San Giorgio veniva soprannominata la «dama in nero» per l\'abitudine a portare il velo. Negli anni \'80-\'90 faceva parte della giunta locale per il Psi e Psdi. L\'ultimo post del 29 agosto sulla pagina di Mario/Jaafar è il faccione di Grillo sotto il link «M5s unica speranza d\'Italia». I coniugi si sono fatti immortalare con l\'ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Gli investigatori hanno sequestrato una missiva di Jaafar indirizzata al grande ayatollah Alì Khamenei, guida conservatrice dell\'Iran, per mettersi a disposizione in maniera «inequivocabile». L\'esportazione dei pezzi di ricambio per elicotteri proibiti a Teheran valeva 757.500 euro versati sul conto di una società panamense.
Anna Maria Fontana è stata definita in un libro dell\'ex senatore Sergio De Gregorio «l\'emissario che naviga fra Ayatollah e guardiani della rivoluzione come un maschio barbuto. Amica dei leader delle fazioni più integraliste è considerata dalla Cia un infiltrato del servizio segreto iraniano». La coppia collaborava con il libico latitante, che aveva il compito di recarsi in Ucraina per controllare l\'efficienza delle armi. Mario era riuscito a incontrare un emissario di Abdelhakim Belhaj, ex veterano di Al Qaida che ha partecipato alla rivolta contro Gheddafi e oggi è a capo del potente Consiglio militare di Tripoli. I trafficanti di armi arrestati non avevano nulla a che fare con le bandiere nere, ma grazie ai contatti libici la coppia napoletana si è scambiata messaggi sul rapimento dei 4 italiani a Sabrata del 2015. Fausto Piano e Salvatore Failla verranno uccisi otto mesi dopo con i loro carcerieri tunisini. Subito dopo il sequestro il marito avvisa la moglie che risponde via WhatsApp: «Notizia vecchia, già sto in contatto». Lui replica: «Ce li hanno proprio quelli dove noi siamo andati già sto facendo, sto operando con molta tranquillità e molta cautela». Per i pm non si può «escludere una loro possibile attività nel complicato meccanismo di liberazione che solitamente avviene tramite il pagamento di riscatti o la mediazione con altri affari ritenuti di interesse dei miliziani». E le armi valgono come merce di scambio.
[continua]

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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
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Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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