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21 maggio 2018 - Attualità - Bosnia - Il Giornale
L’ultima sfida di Erdogan “I turchi alla conquista dei parlamenti europei”
Fausto Biloslavo
«Mostrate la vostra forza al mondo intero», ha ordinato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ai 15mila fan riuniti a Sarajevo per il suo controverso comizio nel cuore dei Balcani e dell\'Europa. La risposta è stata un tripudio di bandiere con la mezzaluna e di immagini innalzate come icone del nuovo «difensore dei musulmani nel mondo». Erdogan è stato acclamato a Sarajevo come un «sultano» e lui ha lanciato la sfida alla Ue: «Paesi europei che ritengono di essere culla della democrazia hanno fallito l\'esame». Il presidente ha rincarato la dose sostenendo che «l\'animosità con cui l\'Europa ci attacca è il primo indicatore della grandezza della Turchia». E poi ha lanciato l\'affondo per la conquista delle democrazie europee. «Siete voi che dovete entrare nei (loro) parlamenti al posto di chi ha tradito la nostra nazione», ha arringato il presidente riferendosi ai deputati turchi nella Ue che non amano Erdogan. E alla fine ha chiesto lo scontato appoggio per i suoi sogni di grandezza: «C\'è chi vuole frenare la Turchia, ma noi alle prossime elezioni vogliamo farla progredire ancora. Ed è per questo che chiediamo il vostro voto. È arrivato il tempo dell\'unità».
I turchi della diaspora sono arrivati in massa da diversi Paesi europei, compresa l\'Italia, per assistere all\'unico e clamoroso comizio elettorale all\'estero di Erdogan. L\'uomo forte di Ankara ha scelto il cuore dei Balcani per galvanizzare i tre milioni di connazionali che vivono in Europa. Un serbatoio di voti importante per il voto in Turchia del 24 giugno, che rinnoverà Parlamento e presidenza. L\'obiettivo di Erdogan è ottenere un plebiscito che gli permetta di accentrare i poteri nelle sue mani. 
Il comizio si è tenuto ieri nel palazzetto dello sport Zetra di Sarajevo. Muhamed Yanik, un giovane turco di 20 anni, ha viaggiato per 28 ore in autobus dalla Germania per non mancare. «Se me lo chiedesse morirei per lui», ha dichiarato orgoglioso riferendosi al presidente turco. Coskun Celiloglu, studente macedone di origini turche, è arrivato a Sarajevo «per appoggiare Erdogan, il nostro salvatore». Il gruppo Facebook sorto in appoggio al comizio ha scritto: «Benvenuto protettore dei musulmani nel mondo».
I servizi segreti turchi avevano segnalato il giorno prima il rischio di un complotto per assassinare il presidente durante la visita. Erdogan ha incontrato, prima del comizio, Bakir Izetbegovic, rappresentante musulmano della presidenza tripartita bosniaca. Lo stesso Izetbegovic, amico personale di Erdogan, si è chiesto rivolgendosi al coro di critiche per il comizio: «Qual è il problema? Il problema è che abbiamo un potente leader islamico che mancava da tempo». Erdogan ha garantito l\'impegno turco nella costruzione dell\'autostrada Sarajevo-Belgrado che costerà 3,5 miliardi di dollari.
Serbi, croati e anche una bella fetta di musulmani bosniaci vedono lo show propagandistico del presidente turco come l\'espressione di una strategia «neo ottomana». La Bosnia è stata occupata dalla Sublime porta per quattro secoli fino al 1878. E in tempi ben più recenti, dopo la guerra etnica, la Turchia è penetrata politicamente ed economicamente nel Paese. A tal punto che il partito di Erdogan, Giustizia e sviluppo, aprirà ben presto una sede a Sarajevo. 
Il leader dei serbi di Bosnia, Mlorad Dodik, ha accusato Erdogan di «interferire negli affari interni bosniaci». Il presidente turco ha fortemente voluto il comizio di Sarajevo per rispondere con un bagno di folla a Germania, Austria e Belgio, che avevano proibito manifestazioni politiche del genere sul loro territorio. Un milione e 400mila turchi vivono sul suolo tedesco. Dino Mustafic, noto direttore teatrale, ha ironicamente descritto la mossa di Erdogan «come un comizio da tempi coloniali per la povera gente che possa acclamare il sultano».
[continua]

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16 luglio 2019 | Quarta repubblica | reportage
I migranti da Sarajevo all'Italia
In Bosnia ci sono ottomila migranti che vogliono passare il confine croato per venire in Italia Si infilano anche di giorno nelle piantagioni di granturco E in campo aperto corrono per non farsi individuare dalle pattuglie della polizia croata che utilizza pure i droni Attraverso la boscaglia, che i migranti chiamano giungla, ci mettono dieci giorni a piedi per raggiungere Trieste Siamo arrivati sul confine europeo della Croazia in mezzo al nulla Fra i 100 e 200 migranti arrivano ogni sera con il treno da Sarajevo nell’imbuto della Bosnia nord occidentale Sono giunti fino a qui lungo la rotta balcanica via Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia La polizia federale carica i migranti su un pullman per rimandarli indietro verso la parte serba della Bosnia, ma è una farsa Si incamminano lungo la strada asfaltata… e spariscono…. il giorno dopo riprendono il cammino verso i campi di accoglienza del cantone di Bihac vicini al confine croato A Vuciak, che significa tana del lupo, è stata montata una tendopoli Sono in 500, soprattutto pachistani e bengalesi, che non scappano dalle guerre come questo gruppetto Gli scontri fra migranti, per soldi o telefonini, sono all’ordine del giorno La Bosnia nord occidentale è una grande Lampedusa terrestre dove sono passati dal 2017 20mila migranti illegali diretti in Europa E la popolazione è esasperata Il “gioco” così i migranti chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia Ogni giorno escono dai campi con zaino e sacco a pelo e si dirigono alla stazione degli autobus L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia A ridosso del confine si fermano e si nascondono nelle case abbandonate Si muovono soprattutto con il buio grazie ai percorsi su Google map inviati via telefonino da chi ce l’ha fatta ma solo il 10% passa al primo tentativo. I croati li intercettano con le camere termiche, li pestano e rimandano in Bosnia dopo averli sequestrato anche le scarpe E i migranti ritentano il gioco dell’oca anche venti volte fino a quando non arrivano a Trieste

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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria. Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi. Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera. Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin. Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe. Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere. Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole. I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi. Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme: Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno, ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita. Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....

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16 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Bosnia, Lampedusa terrestre
In Bosnia, una gigantesca Lampedusa terrestre, arrivano un centinaio di migranti al giorno. E si incamminano verso il nostro paese per entrare in Europa 00. 12 - “Non ho documenti. Tutti noi del Bangladesh adesso andiamo in Italia” E prima di affrontare i dieci giorni di viaggio soprattutto a piedi consultano le mappe con i campi minati della guerra nell’ex Yugoslavia Uno dei punti di partenza è questa tendopoli allestita dalle autorità a Vucjak nella Bosnia nord occidentale La croce rossa locale fa quelle che può distribuendo viveri per circa 500 migranti in gran parte pachistani e addirittura nepalesi, che tentano più volte di arrivare a Trieste 00.50 “Sono dell’Afghanistan e sto viaggiando da 4 anni per venire in Europa. Ieri sono stato deportato dalla Slovenia di nuovo in Bosnia” E la tensione è alle stelle con scontri etnici fra i migranti. Secondo la polizia locale sono stati registrati negli ultimi mesi 489 incidenti spesso per soldi o telefonini Soprattutto a Bihac dove i migranti si incontrano per strada 1.23- “Chi ti ha assalito. Chi?” “Penso afghani e pachistani” “Altri migranti?” “Altri migranti” Al campo di Vuciak, che significa tana del lupo, l’acqua arriva con le autopompe. Solo nel cantone di Bihac, sul confine più a nord ovest con la Croazia, ci sarebbero 4500 migranti in 5 centri e altri in sistemazioni private. Li aiutano anche alcune volontarie italiane 1.53 - Mirian Ong delle Acli

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