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14 novembre 2018 - Attualità - Libia - Il Giornale
“Il vertice è stato un successo. Ma alla fine non c’è l’accordo”
I l generale Haftar che viene a Palermo per non partecipare alla conferenza e se ne va prima dell\'incontro plenario. La Turchia che sbatte la porta lasciando il capoluogo siciliano per protesta. Nessun documento finale dei rivali libici sul futuro del Paese, che al contrario si fanno gli sgambetti. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che si limita a sventolare l\'appoggio al piano dell\'Onu, già presentato l\'8 novembre in Consiglio di sicurezza, come se fosse una novità e la soluzione per tutti i mali.
La Conferenza a Palermo fortemente voluta dall\'Italia sarà ricordata come il summit più inutile della travagliata storia libica nel dopo Gheddafi.
«Il mio governo non ha pensato alla Conferenza di Palermo come a una vetrina internazionale, non ci siamo profusi in questa organizzazione per una photo opportunity, ma avvertiamo il desiderio di offrire un contributo all\'iniziativa intrapresa dall\'Onu da tempo» ha ribadito nella conferenza stampa conclusiva il presidente del Consiglio Conte. In pratica la convocazione dei rappresentanti di 30 Paesi è servita a scoprire l\'acqua calda appoggiando quello che era già stato deciso al Palazzo di Vetro.
La strada tutta in salita del conclave sulla Libia è stata chiara da quando, l\'ospite riluttante, Khalifa Haftar, ha ribadito, una volta giunto a Palermo, che non parteciperà «alla conferenza neanche se durasse 100 anni». L\'uomo forte della Cirenaica è venuto in Italia per una riunione a margine sulla sicurezza della Libia con i rappresentanti internazionali di suo gradimento e il rivale, il presidente del governo di Tripoli Fayez el Serraj. Al conclave hanno partecipato il premier russo Dmitry Medvedev, il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, Donald Tusk per il Consiglio europeo, il rappresentante dell\'Onu Ghassan Salamè. I turchi invisi a Haftar sono rimasti tagliati fuori e il vicepresidente Fuat Oktay ha lasciato in anticipo Palermo «con profondo disappunto». Gli Usa sono rimasti nell\'ombra con rappresentanti di basso livello.
Il presidente Conte ha fatto buon viso a cattivo gioco riuscendo a strappare la photo opportunity di Haftar e Serraj che si stringono la mano. Il generale ha detto che «non è utile cambiare il cavallo mentre si attraversa ancora il fiume». Una battuta per far capire che Serraj può restare al potere in vista della transizione prevista dal piano Onu con la convocazione di una specie di costituente a Tripoli in gennaio per decidere la data delle elezioni parlamentari nel 2019 e in seguito delle presidenziali. 
Poi Haftar ha lasciato Palermo senza partecipare alla sessione plenaria, l\'apice dell\'iniziativa. Alla conferenza vera e propria la delegazione di Serraj e del presidente dell\'Alto Consiglio di Stato libico, Khaled al Meshri, vicino ai Fratelli musulmani sono usciti dalla sala quando ha preso la parola il rappresentante di Haftar.
L\'Italia ha ribadito il suo impegno per «l\'addestramento di forze regolari libiche». Forse un minimo passo in avanti si è registrato sulla «riunificazione delle istituzioni economiche e finanziarie libiche». La governance della Banca centrale e della Noc, l\'azienda petrolifera di stato sono i nodi economici cruciali.
Conte ha citato un inesistente «spirito di Palermo» e Salamè, il rappresentante dell\'Onu, è convinto che la conferenza sia stata una «pietra miliare per tracciare una via che porti i libici verso il futuro». La triste realtà è che in Sicilia non sono riusciti ad approvare neppure il documento finale, già pronto, che non si nega mai in un summit internazionale.

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