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21 novembre 2018 - Interni - Italia - Il Giornale
Scabbia, tubercolosi e Aids Dai migranti bomba sanitaria
O ltre 14mila migranti irregolari sbarcati in Italia nel 2017 avevano la scabbia, una malattia contagiosa della pelle provocata da un parassita. Dal 2015, gli anni di boom grazie alle Ong, gli infetti sono stati 43.787. Secondo l\\\'ordinanza di sequestro di nave Aquarius della procura di Catania in un anno e mezzo l\\\'organizzazione non governativa Medici senza frontiere (Msf) ha portato in Italia 5088 migranti con malattie infettive per la maggioranza come la scabbia, ma pure meningite, tubercolosi, Aids e sifilide.
Non bisogna scatenare inutili allarmismi, ma «i migranti pongono una questione di sanità pubblica ineludibile» ha dichiarato Francesco Blasi, presidente del centro studi della Società italiana di pneumologia. Nell\\\'ordinanza della procura di Catania sull\\\'inchiesta Bordless, che accusa 24 esponenti di Msf, sono stati evidenziati «numerosi e documentati casi di malattie registrate dai vari Uffici di Sanità Marittima siciliani e del Sud-Italia intervenuti al momento dell\\\'arrivo dei migranti nei porti italiani». In pratica dal gennaio 2017 all\\\'esatto 2018, le due navi collegate a Msf, Aquarius e Vos Prudence, hanno sbarcato nel nostro paese 21.236 migranti irregolari. Durante i controlli sanitari sono stati «rilevati 5.088 casi sanitari a rischio infettivo (scabbia, meningite, tubercolosi, Aids e sifilide)» si legge negli atti dell\\\'inchiesta. Secondo questi dati circa il 25% dei migranti avrebbero sofferto di patologie infettive. Si tratta solo di una parte degli arrivi, grazie alla flotta delle Ong, alla Guardia osteria e altre navi. Il totale degli sbarchi nello stesso periodo di un anno e mezzo è di 139.856 persone. Questo significa che in proporzione i migranti infetti da varie malattie sono molti di più. 
Secondo un documento del ministero della Salute scovato da il Giornale solo nel 2017 sono stati identificati allo sbarco dei migranti irregolari ben 14.155 casi di scabbia. Nel 2016 erano 17.837 e l\\\'anno prima 11.795. La scabbia è una malattia della pelle abbastanza contagiosa «legata alle condizioni disagiate di vita ed alla promiscuità sia nei luoghi di partenza che durante il viaggio» dei migranti. La scabbia si cura facilmente, se gli irregolari non fanno perdere le proprie tracce, come è capitato ad alcuni migranti della nave della Guardia costiera Diciotti bloccata dal Viminale e sbarcati proprio per patologie simili.
Lo scorso anno sono stati controllati nei porti di attracco il 93,3% dei migranti arrivati in Italia ovvero 111.361 persone. Quasi il 14% aveva la scabbia e altri 1406 soffrivano di sintomi che possono nascondere malattie infettive anche più gravi. Secondo la tabella del rapporto ministeriale in 141 casi è stata diagnosticata una febbre di «natura non identificata» (Ndd). Altri 90 migranti avevano infezioni da accertare e 822 sono stati «ospedalizzati». Non significa che tutti soffrivano di malattie infettive, ma pure nei 349 casi di «patologie respiratorie» potrebbero nascondersi situazioni più gravi come la tubercolosi.
Dal 2013 a causa dell\\\'ondata di arrivi sui barconi favoriti dalla Ong è nato il progetto Speim, Salute pubblica ed immigrazione. Nel corso degli anni la malattia infettiva più diffusa fra i migranti è sempre stata la scabbia. Nel 2016 solo nei centri di accoglienza a Milano c\\\'erano duemila casi di questa infezione della pelle e 38 di tubercolosi. In Italia i casi di tubercolosi sono in diminuzione, ma è indubbio che dal 2009 si è registrato un costante aumento in proporzione della patologia fra i migranti (dal 44% del 2005 al 66% del 2014). Attualmente gli stranieri sono oltre il 60% dei casi totali con un tasso 10 volte maggiore rispetto ai nati in Italia. 
Anche per l\\\'Aids la comunità «straniera residente in Italia risulta avere un\\\'incidenza dell\\\'infezione - secondo i dati ufficiali - di quasi quattro volte superiore alla popolazione italiana».
[continua]

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
Conosciamoci
Giornalismo di guerra e altro.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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