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18 gennaio 2019 - Controstorie - Siria - Il Giornale
Affare da 420 miliardi Anche i nemici di Assad ora guardano alla Siria
Fausto Biloslavo
«Hope, speranza, è lo slogan e parola d\'ordine per il progetto che farà rinascere la città antica di Aleppo distrutta dalla guerra. Il primo passo per la grande ricostruzione della Siria», annuncia a il Giornale da Parma, Radwan Khawatmi, che fa parte del Consiglio della Fondazione Aga Khan-AKM. Cittadino italiano di origini siriane, il 22 gennaio annuncerà ad Aleppo, dove è nato, un piano «faraonico», come l\'ha definito l\'Unesco. «Lanceremo una raccolta mondiale di fondi per trasformare le macerie in quello che erano prima di questa tragedia, un patrimonio dell\'umanità», spiega Khawatmi. Il piano avrà bisogno di 300 milioni di dollari e riguarda tutti i siti storici danneggiati in un\'area di 4 chilometri per 6 dalla cittadella alla grande moschea, il bazar e le antiche porte della città. «Un\'area che è stata occupata dai terroristi e distrutta durante sette anni di conflitto - osserva l\'imprenditore -. Grazie al Fondo Aga Khan per la Cultura abbiamo scattato milioni di immagini con i droni e catalogato gli edifici martoriati studiando il tipo di danno e le modalità di recupero». La prossima settimana sarà presentato ad Aleppo un volume con 400 tavole, che rappresentano la base del progetto di ristrutturazione. L\'obiettivo è iniziare i lavori entro l\'anno e riconsegnare «la città antica ricostruita non solo alla Siria, ma al mondo nel 2021». Al piano collaborano anche le università di Milano e Venezia. I fondi necessari arriveranno dall\'Unesco, fondazioni private, ma si spera pure dall\'Europa e dall\'Italia. La fondazione Aga Khan ha già stanziato il primo budget per realizzare il progetto e salvare il suk: «I nostri tecnici stanno ristrutturando la parte centrale del bazar che vogliamo inaugurare a marzo». 
La rinascita di Aleppo sarà il fiore all\'occhiello della ricostruzione dopo otto anni di guerra, mezzo milione di morti e 10 milioni di profughi fuggiti all\'estero o sfollati interni. «Si stima che serviranno 420 miliardi di dollari - osserva Khawatmi - Il paese è distrutto al 60-70% e i finanziatori saranno pure le nazioni del Golfo, a parte paesi come il Qatar, che ha smaccatamente appoggiato i terroristi. Sono convinto che Arabia Saudita, Kuwait, gli Emirati arabi parteciperanno al grande piano Marshall per la Siria». Il paese è tornato indietro di 30 anni. Oltre alle infrastrutture, le fabbriche, gli ospedali, gli impianti elettrici, di estrazione di gas e petrolio sono state distrutte città come Homs e Raqqa al 90% o Aleppo al 45%, secondo stime dell\'Onu. 
La parte del leone spetterà a russi, iraniani e Hezbollah libanesi, gli alleati che hanno sostenuto il governo di Damasco. Il Cremlino, però, non è in grado di sostenere il grosso della ricostruzione. Per questo motivo i russi stanno facendo pressioni sull\'Europa e la Banca mondiale, ma gli americani frenano. Pure i cinesi vogliono tuffarsi nel grande business. «I francesi sono già pronti ad accaparrarsi una buona fetta della ricostruzione, ma la partita è aperta anche per gli altri paesi europei - sottolinea il membro della fondazione Aga Khan -. Durante la guerra civile, l\'unica delegazione parlamentare a visitare la Siria fu quella dei senatori Paolo Romani e Mario Mauro. Il loro gesto ha lasciato un segno di profonda amicizia. L\'Italia non ha mai partecipato militarmente al conflitto. Mi auguro che sia il primo paese dell\'Ue a riaprire l\'ambasciata a Damasco e a partecipare alla sfida della rinascita».
Gli Emirati arabi hanno già riattivato la sede diplomatica. Il Bahrein ha annunciato che farà lo stesso e i kuwaitiani sono presenti, anche se non ancora a livello di ambasciatore. Pure l\'Oman, l\'Egitto, la Tunisia, il Marocco hanno riallacciato i canali diplomatici. «Non mi meraviglierei se nelle prossime settimane riaprisse i battenti pure l\'ambasciata saudita», sostiene l\'imprenditore di Parma. 
Lega e Movimento 5 Stelle premono affinché un ambasciatore italiano torni a Damasco. La Farnesina ha confermato che sta valutando la possibilità. Al momento abbiamo nominato un incaricato d\'affari in linea con la politica delle sanzioni alla Siria dell\'Unione europea. «Le sanzioni si possono anche togliere e Roma potrebbe fare da apripista - spiega Khawatmi -. Le imprese italiane sono perfette per la ricostruzione nel campo delle infrastrutture e per risollevare il settore energetico».
La guerra, però, non è finita. A Idlib, ultima sacca dei ribelli anti Assad, ci sono ancora migliaia di armati mescolati alla popolazione. Da gennaio il gruppo jihadista Hay\'at Tahrir al-Sham, legato ad Al Qaida, ha preso il sopravvento. La tregua garantita dai russi con i turchi regge, ma la battaglia potrebbe divampare da un momento all\'altro. «Assad ha vinto la guerra? Non si può definire una vittoria se il paese è distrutto, ma sicuramente ha sconfitto la minaccia del terrorismo, che voleva arrivare fino a Roma», osserva Khawatmi. Il Nord Est della Siria è in mano ai curdi che hanno liberato Raqqa, la capitale dello Stato islamico, con l\'appoggio alleato. La Casa Bianca ha ordinato il ritiro dei 2mila soldati americani. I curdi hanno chiesto l\'appoggio dell\'esercito siriano temendo di venire spazzati via dai turchi, che vorrebbero creare una zona cuscinetto di 15 km ai suoi confini. «Se non ci saranno interferenze esterne, si troverà un\'intesa con i curdi nel contesto di uno stato federale», spiega Khawatmi. 
La ricostruzione punta a far rientrare i profughi siriani (970mila in Europa). Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, è convinto che «sono state lanciate le basi per il ritorno a casa di un milione di rifugiati». Fonti russe sostengono che hanno già fatto rientro 216.448 persone e sono state ricostruite 31.035 case. «I siriani sono convinti che il 2019 sarà l\'anno della svolta verso la pacificazione - sostiene l\'uomo dell\'Aga Khan in Italia -. Ci vorrà tempo per rimettere in piedi il paese. Ce la faremo, ma le ferite della guerra sono troppo profonde e la Siria non sarà mai più come prima».
[continua]

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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo. Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco. In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese. Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”. Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss. I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno. Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.

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14 febbraio 2019 | Porta a Porta | reportage
Parla il miliziano italiano che ha combattuto nell'Isis


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09 settembre 2013 | Tg5 | reportage
La battaglia di Maalula perla cristiana
Fausto Biloslavo, appena arrivato in Siria si trova al centro degli scontri tra governanti e ribelli. Il video terribile ed il racconto della battaglia

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radio

23 gennaio 2014 | Radio Città Futura | intervento
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La guerra continua


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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento
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La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.

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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.

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