image
Reportage
27 ottobre 2019 - Controstorie - Francia - Il Giornale
Un sacrario per i reporter sulle spiagge del “D-Day”
Fausto Biloslavo
da Bayeux
Le lapidi bianche alte come un uomo segnano il percorso della memoria in mezzo al verde della periferia di Bayeux, la prima cittadina francese liberata dagli alleati dopo lo sbarco in Normandia. Tanti parallelepipedi, divisi solo per anno, dal 1944 a oggi. Nel marmo sono incisi i nomi di oltre duemila giornalisti caduti per il loro lavoro, la gran parte in prima linea nelle guerre dal D-Day in poi. Il primo italiano è Almerigo Grilz, ucciso nel 1987 in Mozambico mentre filmava uno battaglia fra i governativi e i ribelli. Le lapidi bianche sono zeppe di nomi, uno dietro l\'altro, senza alcuna distinzione accomunati solo dal sacrificio della vita. Un luogo unico immerso nella pace della natura, emozionante, silenzioso, non a caso voluto di fronte al cimitero di guerra inglese dello sbarco in Normandia.
Nel 2019 sono stati uccisi 39 giornalisti o collaboratori dei media e 391 arrestati. Da quando è stato inaugurato, nel 2007, al Memoriale dedicato ai reporter caduti sono stati aggiunti altri 731 nomi, una media di circa 60 all\'anno. 
L\'unico con una lapide a parte è Robert Capa, il leggendario fotoreporter cofondatore dell\'agenzia Magnum, che ha immortalato lo sbarco in Normardia. Nel 1954 in Indocina, al seguito di un reparto francese per conto della rivista Life, è saltato in aria su una mina.
All\'ingresso del percorso, voluto dal comune di Bayeux e da Reporters sans frontières, si ricorda che è un memoriale «unico in Europa». Gli amici conosciuti su tanti fronti di guerra sono tanti, troppi a cominciare dai giornalisti italiani uccisi in prima linea. Nel 2002 si legge il nome di Raffaele Ciriello, chirurgo plastico per necessità, ma fotografo per passione ucciso a Ramallah da una raffica di un carro israeliano, che lo aveva scambiato per un miliziano palestinese. Nella fila più in su c\'è Daniel Pearl, corrispondete del Wall Street Journal per l\'Asia, incontrato in Afghanistan nel 2001 e sgozzato l\'anno successivo a Karachi, dopo essere stato rapito da una cellula jihadista.
Dopo l\'11 settembre è stata uccisa dai talebani sulla strada per Kabul, Maria Grazia Cutuli, compagna di «banco» a Epoca. L\'inviata del Corriere della Sera è stata ammazzata in un\'esecuzione assieme ad altri tre giornalisti internazionali ricordati nella lapide del 2001 a Bayeux.
Per il 1994 sono incisi nel marmo i caduti della Rai a Mostar e Mogadiscio. Dario D\'Angelo, Marco Luchetta e Sasha Ota, con un piccolo errore di due t nel cognome, tutti triestini, falciati da una granata durante la guerra fratricida fra croati e musulmani in Erzegovina. Subito dopo fa impressione leggere i nomi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin uccisi a Mogadiscio. Ilaria era una vera reporter e la nostra amicizia si è saldata proprio in Somalia.
Qualche lapide più in là trovare il nome di Grilz sul marmo bianco è un tuffo al cuore. Almerigo è il primo giornalista italiano ucciso in zona di guerra in tempo di pace, dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Per chi scrive era un fratello maggiore, un compagno d\'avventura all\'inizio del percorso romantico e avventuroso del giornalismo di guerra partito da Trieste. A Bayeux lo ricordano come tutti gli altri caduti sul fronte dell\'informazione senza chiedersi come la pensava, se fosse di destra o di sinistra. Nessuna discriminazione a differenza del rinomato premio sul «buon» giornalismo dedicato ai triestini caduti, che non ha mai voluto ricordare Grilz per mere motivazioni ideologiche. 
Il primo giornalista ricordato in Normandia sulla lapide del 1944 è l\'americano Raymond Clapper, morto durante il D-Day. Subito dopo c\'è il nome di John Bushemi, nato negli Stati Uniti da genitori immigrati dalla Sicilia. Uno dei più valorosi fotografi «combat» nei ranghi dell\'esercito a stelle e strisce durante la campagna nel Pacifico. Le schegge di una granata di mortaio lo hanno dilaniato durante lo sbarco nello sperduto atollo di Enewetak. Le sue ultime parole al corrispondente militare che era con lui sono state: «Assicurati di portare in redazione le fotografie». Jamal Khashoggi è uno degli ultimi nomi incisi nel marmo quest\'anno, alla presenza della compagna che lotta per denunciare Mohammed Bin Salman, l\'erede al trono saudita, mandante della terribile esecuzione.
[continua]