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16 gennaio 2020 - 10 notizie - Iran - Grazia
C’è un Iran che va fermato

Fausto Biloslavo

“Da Teheran siamo partiti un minuto e mezzo dopo l’aereo passeggeri abbattuto per errore. Sulla pista rullavamo uno dietro l’altro” racconta Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali. La mattina dell’8 gennaio era all’aeroporto della capitale iraniana per rientrare a Roma, dopo essere stato invitato, unico occidentale, a prendere la parola ad un forum sul dialogo geopolitico. Durante la notte gli iraniani avevano lanciato 16 missili balistici su obiettivi americani in Iraq compresa la base di Erbil a 500 metri da quella dei militari italiani. Una rappresaglia all’eliminazione con un drone americano del generale Kassem Soleimani, carismatico e potente comandante dei Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione dai tempi dell’ayatollah Khomeini.

Alle 6.12 del mattino il volo 752 della compagnia area ucraina decollava da Teheran con 176 civili a bordo. In gran parte iraniani compresi 15 bambini, il più piccolo di 1 anno. “Li ho visti che si imbarcavano all’uscita accanto alla mia - ricorda Margelletti - Famiglie normali con i valigioni, che tornavano soprattutto in Canada senza immaginare il loro tragico destino”. Pochi minuti dopo il Boeing veniva centrato da un missile della contraerea iraniana. L’aereo stava per sorvolare una base di addestramento dei Pasdaran. Il responsabile della batteria ha clamorosamente scambiato l’aereo passeggeri per un missile da crociera americano Cruise. Nei dieci secondi che aveva per decidere ha lanciato l’ordigno terra-aria uccidendo 176 innocenti. 

“C’è qualcosa che va chiarito fino in fondo - spiega Leonardo Tricarico ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica - Chi ha la responsabilità della difesa aerea deve essere in grado di identificare perfettamente i velivoli e il traffico in cielo. Non ci possono essere batterie che agiscono in autonomia. Se così fosse bisognerebbe sospendere tutti i voli sull’Iran”. In realtà ci sono stati altri tre casi del genere compreso un aereo passeggeri iraniano abbattuto per sbaglio nel 1988 sullo stretto di Hormuz da una nave da guerra Usa.

Gli ayatollah prima hanno negato ogni responsabilità  per poi ammettere il tragico errore promettendo punizioni esemplari. Le difese antiaerea e missilistica sono sotto il comando del generale Amir Ali Hajizadeh dei Guardiani della Rivoluzione, che si è assunto la responsabilità del disastro.

La bugia iniziale, però, ha scatenato migliaia di giovani e oppositori in diverse città del paese, che  sono scesi in piazza scandendo slogan contro il regime. Alcuni video dimostrerebbero che agenti anti sommossa sparano sui manifestanti, ma la polizia ha negato di avere utilizzato munizionamento letale. Gli studenti dell’università Shahid Beheshti di Teheran hanno evitato di calpestare le bandiere degli Stati Uniti e di Israele disegnate per terra. A tal punto che il presidente americano, Donald Trump, ha twittato pure in farsi, la lingua persiana: “Sono ispirato dal vostro coraggio”. Altra benzina sul fuoco dello scontro con gli ayatollah, che schiera armi possenti anche da parte iraniana. I Guardiani della rivoluzione hanno un arsenale di missili balistici, grazie alla tecnologia nordcoreana, con un raggio d’azione di duemila chilometri come il Ghadr 110 e oltre. Una gittata che può colpire Israele, qualsiasi paese del Golfo e lambire l’Europa. “I loro missili, con un sistema di guida avanzato e ragguardevoli per precisione, rappresentano una minaccia credibile - spiega Tricarico - Gli israeliani hanno il sistema anti missile Iron Dome, gli americani i Patriot, ma non tutti i potenziali obiettivi in Medio Oriente sono protetti da difese del genere”.

La guerra che verrà difficilmente sarà convenzionale, ma un’escalation è sempre dietro l’angolo. “Qualsiasi altra azione ostile non verrà tollerata e troverà una risposta più dura” ha dichiarato l’ambasciatore iraniano in Italia Hamid Bayat. In Medio Oriente sono dislocati fra i 60mila e di 70mila soldati americani. Il numero più alto è schierato in Afghanistan con 14mila unità.  Altri obiettivi prioritari di una possibile escalation sono la base della Quinta flotta Usa con 7mila uomini in Bahrein ed i 3mila americani in Arabia Saudita.  

Il campo di battaglia principale scelto dai Pasdaran è l’Iraq con l’obiettivo di far sloggiare i 5200 soldati a stelle e strisce. Non a caso continuano i lanci di razzi delle milizie sciite e il leader di Hezbollah, il braccio armato di Teheran in Libano, Hassan Nasrallah, ha dichiarato che “tutte le basi americane sono un obiettivo”. Tricarico è convinto che “un conflitto aperto non lo vuole nessuno. Gli iraniani soccomberebbero e gli americani preferiscono azioni mirate come la neutralizzazione di Soleimani”. Lo scontro sarà asimmetrico con incursioni cyber e soprattutto, secondo l’ex generale dell’Aeronautica, si concentrerà su “operazioni ibride nello stretto di Hormuz, vena giugulare del petrolio, attivazione delle milizie sciite in Iraq e altri paesi dell’area, oltre ad attacchi dei droni pure iraniani”.

 

In Iraq, Afghanistan e Libano sono quasi 3mila i soldati italiani in stato di allerta dopo i lampi di guerra fra Usa e Iran. Ad Erbil, capoluogo curdo nel nord dell’Iraq, dove sono stati lanciati 5 missili iraniani, abbiamo poco più di 926 uomini. Ad Herat, capoluogo della provincia afghana che confina con l’Iran, sembra “dimenticato” il “fortino” con circa 800 soldati italiani. E se il conflitto si allargasse coinvolgendo Hezbollah libanesi ed israeliani la guerra scoppierebbe sopra le teste dei 1067 soldati italiani della missione Onu di interposizione nel sud del paese dei cedri.

f.bil.


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