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Reportage
21 settembre 2020 - Esteri - Bosnia - Corriere del Ticino
In marcia con i migranti stremati lungo l’insidiosa rotta dai Balcani
Da un rudere in mezzo alle colline Mohammed, giovane marocchino, mostra un puntino sulla mappa del cellulare e indica la foresta di fronte: «È il confine. Siamo a 400 metri dalla Croazia». I migranti utilizzano sul telefonino l’app maps.me, che funziona anche senza internet, per trovare il percorso del «gioco», come è stato battezzato il tragitto clandestino dell’ultima parte della rotta balcanica, dalla Bosnia all’Italia, attraverso Croazia e Slovenia. Yusuf è il compare marocchino che ha provato 12 volte «the game» per arrivare in Europa. Il terzo del gruppetto, Jawad, è convinto di farcela e assieme canticchiano «I love Italia» sulle colline di Glinica nel cantone di Bihac, la fetta nord occidentale della Bosnia dove bivaccano 7-8 mila migranti. Tutti arrivati lungo la rotta dalla Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia, in un viaggio che può durare anche un anno.
Il trio dal Marocco passerà il confine alla prime luci dell’alba per evitare le telecamere termiche della polizia croata montate pure sui droni, che individuano gli illegali nel fitto della boscaglia.
Le telecamere termiche della polizia croata sono montate pure sui droni per individuare gli illegali nel fitto della boscaglia
Di notte le strade che portano da Velika Kladusa a Bihac, o verso Bosanska Bojna, lungo il confine di 200 chilometri con la Croazia, sono percorse da colonne di migranti, fino a cento persone illuminate dai fari delle automobili mentre camminano in fila indiana sul ciglio della strada. A Bukovjie una ventina di pachistani si sta avvicinando alla frontiera totalmente aperta in mezzo alla vegetazione. Al massimo c’è uno sbarramento con il cartello «Stop» facile da scavalcare per entrare nell’Unione europea. «Non siamo terroristi, ma quando veniamo intercettati, la polizia croata ci riempie di botte. Rompono i telefonini e danno fuoco a zaini, sacchi a pelo e giacconi per evitare che ci riproviamo» spiega il giovane Asif, laureato nel suo Paese. Uno dei migranti mostra una brutta ferita sulla testa provocata dai manganelli dei croati, che usano le maniere forti per respingere gli illegali.
Una parte dei pachistani decide di passare il confine in pieno giorno avanzando nella foresta fino ad un campo aperto. «Dall’altra parte c’è la Croazia. Adesso bisogna correre per non farci individuare dalle vedette della polizia» ordina Asif. In fila indiana e a gambe levate è un attimo passare il confine, ma poi viene il peggio. I migranti ci fanno cenno di non parlare e avanzano immergendosi nella vegetazione più alta. «L’ultima volta che siamo arrivati fino in Slovenia, prima di venire catturati e deportati, abbiamo finito le provviste - racconta il giovane pachistano - e avevamo solo del ketchup che spalmavamo sulle foglie per buttare giù qualcosa. L’acqua era quella delle pozzanghere, come gli animali». Dopo neanche un chilometro in Croazia il silenzio è rotto dall’abbaiare dei cani degli agenti speciali, che perlustrano il confine. Il gruppetto di pachistani si sparpaglia e qualcuno decide di tornare indietro. Con il fiato in gola ripercorriamo di corsa il tragitto fino in Bosnia.
«Nel 2018 sono stati 24 mila, l’anno dopo 49 mila e nella prima metà del 2020 ci risultano 30 mila. Oltre 100 mila migranti, in gran parte senza diritto all’asilo, sono passati per il nostro territorio. L’85% si è diretto in Italia e solo il 15% verso Austria, Germania e altri Paesi europei» dichiara Mustafa Ružnić primo ministro del cantone di Una-Sana nel nord ovest della Bosnia. Nella terra di nessuno fra la parte serba e quella musulmana della Federazione bosniaca bivaccano 600 migranti. Serbi e musulmani se li rimandano avanti e indietro come palle da ping pong. Un esile cordone di polizia cerca di evitare assalti e blocchi stradali degli intrappolati, che prima o poi riescono a fuggire infilandosi nella foresta. «Agli inizi degli anni Novanta avevamo la guerra, che ha distrutto tutto. Poi siamo tornati ricostruendo le case e coltivando i campi. Adesso ci ritroviamo in mezzo a una nuova «guerra» si lamenta Hassan Komic, uno dei contadini della zona. Una donna del posto ha i nervi a pezzi e non riesce a trattenere le lacrime quando racconta che ha «paura di uscire di casa».
Nella terra di nessuno, fra la parte serba e quella musulmana della Federazione bosniaca, bivaccano 600 migranti: Serbi e musulmani se li mandano avanti e indietro come palle da ping pong
Lungo la linea della ferrovia, che si infila nella terra di nessuno, sono accampati gli afghani. Abdul Qayum, 25 anni, ex poliziotto di Mazar i Sharif, si sta lavando in un putrido rigagnolo. «Vogliamo solo partecipare al ‘gioco’ per arrivare in Europa - spiega - Se avessimo 4 mila euro ci faremmo venire a prendere in macchina dai passeur che ti portano fino a Trieste o Udine (le prime città italiane ndr)».
La popolazione esasperata scende in piazza a Bihac, il capoluogo del cantone, gridando «Migranti go home» e chiedendo la chiusura dei campi profughi, che ospitano sempre meno migranti a causa delle proteste e della pandemia. In molti vivono nelle foreste o in strutture fatiscenti, come un’ex fabbrica vicino a Velika Kladusa. Anticamera dell’inferno per 200 persone arrivate dall’Algeria e dal Bangladesh, che vivono in condizioni miserabili. Diversi di loro sono strafatti di droga. Tarek del Bangladesh spiega «che molti hanno il colera, vomito e diarrea». Lungo il confine vengono piazzati i cartelli rossi dei campi minati, anche se non ci sono, come deterrenza. Lungo la strade percorse dalle colonne di migranti i bosniaci hanno tappezzato di adesivi i cartelli segnaletici. Teschio e tibia incrociate con scritto «Game is over», il gioco è finito. In Bosnia «non siete più al sicuro».
[continua]

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18 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Il "gioco" della rotta balcanica
(are you going to play the game?) Il “gioco” così i migranti della rotta balcanica chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia all’Italia Ale Siljdedic portavoce polizia Negli ultimi due anni sono passati nel nostro cantone dai 15mila a 20mila migranti La Bosnia è un imbuto con almeno 8mila migranti, come questi algerini, giunti dalla Turchia che ogni giorno cercano in qualsiasi modo di arrivare nell’Unione europea L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia Prima del calare del buio i migranti si fermano per rifocillarsi a un passo dalla casa di un bosniaco che ha lavorato per anni in Italia (Edin Brkic) Vicino al confine i migranti si nascondono in case diroccate e marciano di notte per avvicinarsi ai punti di passaggio Come questo valico apparentemente non sorvegliato, ma i croati usano le camere termiche per individuare nel buio i clandestini I migranti ci provano anche di giorno a raggiungere la Croazia infilandosi nelle piantagioni di mais per non farsi vedere e nei campi aperti si mettono a correre nella speranza di non venire notati dalle pattuglie croate, che hanno a disposizione anche droni i croati, se intercettano i migranti li rimandano in Bosnia sequestrandogli tutto, pure le scarpe Siamo arrivati alla frontiera con l’Europa in mezzo alla boscaglia

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16 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Bosnia, Lampedusa terrestre
In Bosnia, una gigantesca Lampedusa terrestre, arrivano un centinaio di migranti al giorno. E si incamminano verso il nostro paese per entrare in Europa 00. 12 - “Non ho documenti. Tutti noi del Bangladesh adesso andiamo in Italia” E prima di affrontare i dieci giorni di viaggio soprattutto a piedi consultano le mappe con i campi minati della guerra nell’ex Yugoslavia Uno dei punti di partenza è questa tendopoli allestita dalle autorità a Vucjak nella Bosnia nord occidentale La croce rossa locale fa quelle che può distribuendo viveri per circa 500 migranti in gran parte pachistani e addirittura nepalesi, che tentano più volte di arrivare a Trieste 00.50 “Sono dell’Afghanistan e sto viaggiando da 4 anni per venire in Europa. Ieri sono stato deportato dalla Slovenia di nuovo in Bosnia” E la tensione è alle stelle con scontri etnici fra i migranti. Secondo la polizia locale sono stati registrati negli ultimi mesi 489 incidenti spesso per soldi o telefonini Soprattutto a Bihac dove i migranti si incontrano per strada 1.23- “Chi ti ha assalito. Chi?” “Penso afghani e pachistani” “Altri migranti?” “Altri migranti” Al campo di Vuciak, che significa tana del lupo, l’acqua arriva con le autopompe. Solo nel cantone di Bihac, sul confine più a nord ovest con la Croazia, ci sarebbero 4500 migranti in 5 centri e altri in sistemazioni private. Li aiutano anche alcune volontarie italiane 1.53 - Mirian Ong delle Acli

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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria. Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi. Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera. Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin. Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe. Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere. Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole. I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi. Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme: Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno, ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita. Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....

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