image
Articolo
17 febbraio 2021 - Esteri - Mondo - Panorama
Attacco nucleare
Il 28 gennaio una squadriglia di 15 aerei da guerra cinesi, caccia, bombardieri e velivoli di ricognizione penetrano nella spazio aereo di Taiwan. Un segnale forte e chiaro che l’isola ribelle tornerà, con le buone o con le cattive, sotto il controllo della madrepatria dei mandarini comunisti. Pochi giorni prima Pechino aveva mostrato i muscoli nella stessa maniera facendo decollare 8 bombardieri nucleari in risposta all’ingresso nel Mar cinese meridionale di una flotta di battaglia americana con tanto di portaerei. Wu Qian, portavoce del ministero della Difesa cinese, dichiara, senza peli sulla lingua, che le violazioni dello spazio aereo taiwanese “sono azioni necessarie. Avvertiamo gli elementi indipendentisti che giocare con il fuoco significa bruciarsi”. Dopo la vittoria di Mao, il generale Chiang Kai-shek si rifugiò sull’isola ribelle che, pur essendo nettamente separata, non si è mai staccata ufficialmente dalla Cina. “L’indipendenza di Taiwan significa guerra” ha sentenziato Wu Qian.
Sul numero di febbraio della Marina americana, l’ammiraglio Charles Richard, scrive senza tanti giri di parole: “Esiste una reale possibilità che una crisi regionale con la Russia o la Cina possa degenerare rapidamente in un conflitto che coinvolgerebbe armi nucleari”. Richard che comanda Stratcom, il quartier generale strategico Usa, aggiunge che “le forze armate americane devono spostare il loro assunto principale “dall\'impiego nucleare non è possibile\" a \"l\'impiego nucleare è una possibilità molto reale””.
L’incubo dell’Armageddon atomico sembrava scomparso dopo l’equilibrio del terrore della Guerra fredda, ma in realtà il pericolo esiste soprattutto con lo scenario di uno scontro regionale e l’utilizzo di armi nucleari tattiche, come potrebbe capitare fra americani e cinesi per Taiwan.
“Armi nucleari sempre più avanzate ci sono e prima o dopo rischiano di venire utilizzate - spiega il generale in ausiliaria Marco Bertolini - Una volta le possedevano solo Usa e Urss, ma adesso gli arsenali si sono espansi ad altri paesi e la Cina ne ha uno discreto. Sullo scenario di Taiwan il governo di Pechino è un grosso punto interrogativo: potrebbe minacciare di usare la potenza atomica ”.
I cinesi sono i terzi al mondo con 320 testate nucleari e secondo le stime militari “puntano a triplicare o quadruplicare l’arsenale nel prossimo decennio”. La Marina sta costruendo nuovi sottomarini a propulsione nucleare d’attacco, classe Tang, capaci di lanciare missili balistici sempre più sofisticati.
Nel mondo si contavano nel 2020 circa 13.400 testate nucleari. Gli Stati uniti ne hanno 5800 e la Russia li supera con 6375. In Europa la Gran Bretagna possiede 215 ordigni atomici e la Francia 290. Le altre potenze regionali che fanno parte del club sono il Pakistan con 160 armi nucleari e l’India che ne conta 150. Israele pur non avendolo mai ammesso avrebbe una novantina di testate atomiche e l’imprevedibile Corea del Nord conterebbe su un arsenale di 30-40 ordigni.
“Sta aumentando la probabilità di un utilizzo di ordigni del genere soprattutto a livello tattico o dimostrativo. Il dittatore nord coreano potrebbe fare qualche colpo di testa, ma non escludo che in Medio Oriente possa venire usata un’arma nucleare” sostiene Mario Arpino, che è stato capo di Stato maggiore della Difesa. “Sia Iran che Arabia Saudita hanno la possibilità di arrivare alla bomba - spiega l’ex generale dell’Aeronautica - E se Israele percepisse di essere veramente in pericolo non avrebbe remore ad utilizzare testate atomiche”.
Nel 2020, 75 anni dopo le prime bombe H su Hiroshima e Nagasaki, il rischio di confronto nucleare ha superato per la prima volta il livello altissimo del 1953. L’ “orologio dell’apocalisse”, ideato dagli scienziati dell’università di Chicago, è stato spostato in avanti ad 1 minuto e 40 secondi dalla mezzanotte, la fine del mondo. Gli scenari di un’escalation nucleare, con le nuove armi a disposizione, sono catastrofici. In una simulazione di guerra fra Russia e Nato, che inizia con l’utilizzo di armi atomiche tattiche, si passa da 2,6 milioni di morti nelle prime tre ore a 91,5 milioni fra deceduti e feriti in poco tempo con l’utilizzo di 300 testate Usa e 180 della Nato.
Scenari apocalittici molto ipotetici, ma il braccio di ferro militare con la Russia è sempre più rigido anche se l’opinione pubblica non lo percepisce con chiarezza. L’8 febbraio gli Usa hanno dispiegato i bombardieri strategici B1 in Norvegia. Non hanno armamento nucleare, ma sono un chiaro segnale a Mosca che gli americani vogliono accentuare la loro influenza sul nuovo Eldorado dell’Artico e difendere a qualsiasi costo gli alleati. Il 26 gennaio il nuovo presidente Joe Biden e Vladimir Putin si sono accordati per prorogare di cinque anni il New Start, l’ultimo dei trattati ancora vigenti sulla riduzione delle armi nucleari, dopo che Washington e Mosca hanno assottigliato i loro arsenali di quasi l’80% (38 mila testate) tra il 1991 e il 2010. Washington però vuole frenare  lo smantellamento fino a quando la Cina, che ha in cantiere armi avanzate, non parteciperà al trattato. Pechino non ne vuole sapere sostenendo che il suo arsenale atomico è nettamente inferiore a quello russo e americano. Mosca ha ridotto le testate, ma lanciato un piano di ammodernamento dell’arsenale “arrivato al 70%” secondo l’ammiraglio Richard. Nuovi bombardieri strategici, missili balistici intercontinentali e vettori lanciati dai sottomarini oltre a velivoli ipersonici e siluri nucleari. Mikhail Mishustin, il primo ministro russo, ha ripetuto più volte che vorrebbe sviluppare “una nuova generazione di armi nucleari che può colpire ovunque sul pianeta”.
Gli Stati Uniti hanno inviato lo scorso anno tre bombardieri invisibili Stealth nella base di Diego Garcia nell’Oceano indiano, dove non si vedevano aerei strategici del genere, con capacità nucleare, dal 2016. Il motivo è l’aumento costante della tensione per Taiwan. Il Congresso deve approvare un gigantesco bilancio per ammodernare l’arsenale atomico Usa, ma con l’emergenza Covid ed economica non sarà facile.
Lo scorso anno India e Pakistan si sono dati battaglia per l’antico nodo del Kashmir e ancora una volta il mondo ha temuto un confronto nucleare. “Sono potenze regionali con l’arma atomica. Non si può escludere uno scontro nucleare a livello locale - sostiene Bertolini - India e Pakistan continuano a punzecchiarsi militarmente da anni. Se si passa ai colpi di daga poi il passo è breve verso l’escalation”. In realtà i due paesi hanno già combattuto quattro guerre convenzionali. Gli scenari nucleari, in caso di conflitto, prevedono che i pachistani userebbero la bomba solo davanti ad un’invasione indiana che ha delle forze armate ben più numerose. Lo scontro potrebbe coinvolgere 50 testate che provocherebbero 44 milioni fra morti e feriti. L’India sta aumentando del 16% la spesa militare non solo per l’antica rivalità con il Pakistan, ma a causa della minaccia cinese considerata ancora più seria, che ogni tanto provoca sanguinose scaramucce di confine.
Fra gli stati che vorrebbero la bomba si parla sempre dell’Iran, che dopo l’uscita dell’accordo sul nucleare voluto dall’ex presidente Donald Trump, ha arricchito l’uranio oltre il 20% rispetto al 3,5 % previsto dall’intesa. Biden vorrebbe fare marcia indietro, ma gli ayatollah sono disponibili a sedersi nuovamente al tavolo negoziale se prima verranno tolte le sanzioni. La Casa Bianca ha nominato Robert Malley, che fu uno degli architetti dell’accordo sul nucleare, come inviato speciale per sbrogliare la matassa.
Un rapporto confidenziale cinese ordinato dalla monarchia saudita, nemica mortale dell’Iran, sostiene che il regno ha abbastanza riserve di uranio (90mila tonnellate) per arrivare ad un’arma nucleare. Il principe ereditario Mohammed Bin Salman ha già annunciato che se l’Iran avrà la bomba “seguiremo l’esempio il prima possibile”. Secondo l’ex generale Leonardo Tricarico “il vero pericolo è che alcuni paesi non democratici possano arrivare alla bomba rischiando che la utilizzino veramente. Oramai le regole stanno saltando soprattutto nel campo dei confronti militari”.
Anche il neo sultano turco, Recep Tayyip Erdogan, ha bollato come “inaccettabile” il fatto che al suo paese non sia permesso possedere un arsenale nucleare. Pure Taiwan, che ha portato avanti un programma atomico segreto fino al 1976, potrebbe riprenderlo, secondo due analisti strategici, Alex Littlefield e Adam Lowther, “per proteggere la sua libertà con o senza l’aiuto americano”.
Fausto Biloslavo
[continua]

video
16 giugno 2016 | Tgcom24 | reportage
Gli occhi della guerra, l’arte imperitura del reportage
Presentazione Gli occhi della guerra e del documentario "Profughi dimenticati" dal nord dell'iraq

play
18 ottobre 2019 | Sna | reportage
100 anni degli agenti di assicurazione
Il palco del Centenario Sna ha accolto anche Fausto Biloslavo, oggi certamente il più famoso e tenace reporter di guerra. Attraverso fotografie e filmati tratti dai suoi reportage nelle zone dei conflitti, Biloslavo ha raccontato la sua vicenda professionale, vissuta fra pericoli e situazioni al limite del disumano, testimonianfo anche l’orrore patito dalle popolazioni colpite dalla guerra. Affrontando il tema del coraggio, ha parlato del suo, che nonostante la quotidiana esposizione della sua vita a rischi estremi gli permette di non rinunciare a testimoniare la guerra e le sue tragiche e crudeli conseguenze. Ma il coraggio è anche di chi la guerra la subisce, diventando strumento per l’affermazione violenta delle ragioni di parte, ma non vuole rinunciare alla vita, alla speranza. E lottare per sopravvivere richiede grande coraggio. Sebbene possa sembrare un parallelo azzardato, lo stesso Biloslavo, spiega che il coraggio è sostenuto dalla passione, elemento necessario in ogni attività, in quella del reporter di guerra come in quella dell’agente di assicurazione. Il coraggio serve per cominciare da zero, ma anche per rialzarsi quando si è colpiti dalle difficoltà o per adattarsi ai cambiamenti, è il messaggio di Biloslavo alla platea del Centenario.

play
12 ottobre 2017 | Tele Capodistria | reportage
Gli occhi della guerra
"Gli occhi della guerra" sarà questo il tema della prossima puntata di Shaker, in onda venerdì 13 ottobre alle ore 20. Nostro ospite FAUSTO BILOSLAVO, giornalista di guerra che, in oltre 35 anni, ha vissuto e raccontato in prima persona la situazione su tutti i fronti più caldi: Libano, Afghanistan, Iran, Iraq, ex Jugoslavia... e ultimamente Ucraina, Libia, Siria... Cosa vuol dire fare il reporter di guerra? Com'è cambiato questo "mestiere"? Perchè è ancora così importante? Come mai tanti giovani vogliono farlo? Quali consigli dargli? Tante le domande cui cercheremo di dare risposta. If you LIKE it, please SHARE it!!!

play
[altri video]
radio

25 agosto 2010 | Radio 24 | intervento
Mondo
Professione: Reporter di guerra
"NESSUN LUOGO E' LONTANO" è il nuovo programma di approfondimento di esteri di Radio 24. Giampaolo Musumeci parla della professione reporter. Come si racconta la guerra? Esiste un modo giusto? Come si fa il giornalista di guerra e come è cambiato il mestiere? Le testimonianze di chi lo ha fatto per anni e chi lo fa tuttora.

play

08 dicembre 2010 | Nuova Spazio Radio | intervento
Mondo
La fronda di Wikileaks
Oltre alle manette Julian Assange, fondatore di Wikileaks, deve preoccuparsi delle diserzioni della sua ciurma di pirati informatici e sostenitori. Negli ultimi mesi Assange ha perso per strada il suo braccio destro, il tedesco Daniel Domscheit-Berg ed Herbert Snorrason, il giovane hacker che teneva in piedi il sito nel “rifugio” islandese. Domscheit-Berg, ex hacker, è stato il principale portavoce di Assange per tre anni, con il nome falso di Daniel Schmitt. Ispiratore del Chaos computer club, una comunità di pirati informatici, ha cominciato ad entrare in rotta di collisione con il capo per le rivelazioni dei rapporti militari sulla guerra in Afghanistan. Non solo: Wikilekas sta operando in maniera così segreta da assomigliare sempre più alle intelligence che intende mascherare. In Islanda la perdita più grave è quella della parlamentare Birgitta Jonsdottir, un’entusiasta della prima ora di Wikileaks. La deputata. che andrebbe d’accordo con Beppe Grillo, si batte per far passare una legge che trasformerebbe l’isola nel miglior rifugio per gente come Assange. Anche molte associazioni noprofit hanno preso le distanze, quando ha pubblicato i documenti della guerra in Afghanistan. Il discusso guru informatico non ha voluto emendare i nomi dei collaboratori della Nato, che adesso rischiano la vita. Prima fra tutti, a mollare l’australiano, è stata l’organizzazione di giornalisti, che pende a sinistra, Reporter senza frontiere.

play

20 ottobre 2009 | Radio Uno | intervento
Mondo
Rassegna stampa - Ultime da Babele
Cmmento ai giornali fra il mito del posto fisso ed i problemi del Medio Oriente.

play

22 ottobre 2009 | Radio24 | intervento
Mondo
Libertà di stampa
In Italia la libertà di stampa è sempre più in pericolo per colpa del solito Cavalierenero,mentregli Stati Uniti fanno unbalzo in avanti graziealnuovomessiademocraticoBarack Obama. Lo stabilisce l’annuale rapportodiReporterssansfrontières, i giornalisticonil nasino all’insùche considerano l’Italia alla stregua di Bielorussia e Zimbabwe. Politicamentecorretti, hannoelevatogliStati Uniti dal 40˚ posto al 20˚, solo perché non c’è più George W. Bush. E declassato l’Italia al 49˚. Obama ha incassato un Nobel per la pace preventivoeconquistatol’aureola della libertà di stampa.Nonche negli Usa mancasse, ma è curioso che il 15 maggio proprio i Reporter senza frontiere (Rsf) lanciavano strali contro il nuovo inquilino della Casa Bianca. «L’organizzazione è delusa dalladecisionedelpresidente(Obama) diporreilvetosullapubblicazione delle 44 fotografie che ritraggono l’esercitoamericanomentreabusae torturai prigionieriafghanieiracheni », si legge inuncomunicato di Rsf. Jean-Francois Julliard, segretario generalediRsf,ammettechenelbalzoinavantidegliUsahacontato «l’effetto Obama». Peccato che la Casa Biancastiasparandocannonateverbalicontrola tvFoxNewsreadicriticare il presidente. «Non è più un organo di informazione», «li tratteremocome un partito d’opposizione» hanno tuonato i portavoce. La Fox è da tempo esclusa dalle interviste ad Obama, limitata nell’accesso alle fonti governative e ai suoi giornalisti vengononegate ledomandedurantegliincontriconlastampaallaCasa Bianca. L’editore dell’agguerrita tv è RupertMurdoch.Rsfnonsimobilita moltoper lasuaFoxnegli Usa,main Italialodifende,considerandolominacciato da Silvio Berlusconi. Sui 175 Paesi nella classifica sulla libertà di stampa siamo scivolati dal 35˚postodel 2007,quandoc’eraRomanoProdi, al44˚delloscorsoanno e al 49˚ odierno.Unabocciatura che nonsi capisce benecomesalti fuori. Nella classifica l’Italia si è beccata 12,4 voti negativi. I voti si basano su un questionario, che è stato consegnato a diverse decine di giornalisti, professoriuniversitari,attivistideidirittiumanieavvocatidelnostroPaese. Nonostante le richieste del Giornale la lista dei «giurati» è segreta. Peroraanchele12,4bacchettatesulla libertà di stampa non sono state ufficializzate. Sfogliando il facsimile delquestionarioèovviocheinItaliai giornalistinonvengonoammazzati, torturatiosbattutiincarcerebuttandovia la chiave.Comeaccadein Eritrea, inTurkmenistaneinIran,gliultimi tre Paesi della classifica di Rsf. Nonèmaicapitatocheleforzearmateoilgoverno abbianochiusoconla forza giornali o televisioni, come si chiede nel questionario. SecondoRsf«lepressionidelCavaliere sui media, le crescenti ingerenze », ma pure «le violenze di mafia controi giornalisticherivelano le attività di quest’ultima eundisegno di legge che ridurrebbe drasticamente lapossibilitàperimediadipubblicareleintercettazionitelefoniche, spiegano perché l’Italia perda posizioni per il secondo anno consecutivo». Julliard, capoccia dell’organizzazione, avevagiàannunciatoildeclassamento in occasione della manifestazione sulla libertà di stampa del 3 ottobre scorso a Roma. Al fianco di SabinaGuzzanti,lacomicaantiCav, minacciò:«Troppepressionisuimedia, SilvioBerlusconirischiadi finire nella lista dei predatori della libertà di stampa» come la mafia. «L’Italia nonguadagneràcertoposizioni»,avvertì. Il preveggente francese ha però sbagliato qualche calcolo. Il nostro Paeseèstato retrocessoancheper le querele miliardarie di Berlusconi a Repubblica e altri giornali. ScorrendolaclassificadiRsfsiscoprechesiamo stati battuti pure dal Sud Africa, piazzato al 33˚ posto. Peccato che il discutibile presidente sudafricano, JacobZuma,abbia querelato perun milione di dollari il vignettista JonathanShapiro. Nonsolo:unprogrammasulla satira è stato censuratodue volte in tv,maZuma,si sa, èpiù simpatico del Cav. www.faustobiloslavo.eu

play

06 luglio 2015 | Radio Capodistria | intervento
Mondo
Non solo Califfato
Una panoramica della situazione internazionale e il ricordo di Franco Paticchio, grande Direttore ed Editore dimenticato

play

[altri collegamenti radio]