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Articolo
30 dicembre 2010 - Cultura - Mondo - Il Giornale |
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In guerra il migliore amico è un rullino |
La calca di giornalisti e fotografi delle più grandi testate al mondo, che attendeva al varco Yasser Arafat, in ritirata da Beirut nel 1982 davanti ai carri armati israeliani, mi sembrava insormontabile. Armato di un paio di “vecchie”macchine fotografiche reflex, penzolanti al collo, pensai bene di aprire la portiera dell’ultima vettura di scorta. Dalla Mercedes scassata spuntò la canna di un fucile Kalashnikov. In inglese stentato riuscii solo a dire che ero un giornalista italiano e volevo fotografare il capo dei palestinesi. La guardia del corpo con il kalashnikov in pugno mi rispose con un rassicurante accento bolognese: «Ho studiato in Italia, salta su».Grazie al colpo di fortuna passai la canea dei giornalisti e tutti i posti di blocco. Unico fotografo presente mi tremavano le mani,mentre scattavo a raffica l’addio di Arafat da Beirut. Alla fine tirai fuori il rullino di diapositive che pensavo fosse il migliore e mi presentai all’hotel Cavalier a Beirut ovest. Per un pugno di dollari lo comprò Time . Rudi Frey, il capo dei fotografi del mitico settimanale americano, guardò i suoi e disse: «Questo giovane free lance vi ha fregato ». Il rullino arrivò con un autista a Damasco, dove un pilota che volava in Occidente lo consegnò ai corrispondenti del Time . Alla fine sbarcò a New York in tempo per l’edizione del settimanale sulla guerra in Libano. Dallo scorso mese non ci sono più rullini da sviluppare. Le ultime scatole di Kodachrome sono state prodotte nel giugno 2009, numero di emulsione 1563, scadenza novembre 2010. Un mondo si è spento travolto dalla rivoluzione fotografica digitale. Oggi scatti, guardi se la foto è venuta bene, nel caso la cancelli e rifai l’inquadratura. Poi mandi le immagini via posta elettronica, dal deserto iracheno o dalle montagne afghane ed in redazione te le sparano in pagina in un attimo. La leggendaria pellicola ha fatto la storia fotografica del ’900,ma fino allo sviluppo, che poteva arrivare settimane dopo, non sapevi mai se l’esposizione era corretta, i tempi giusti e l’immagine pubblicabile. Ora che non esiste più è doveroso tessere l’elogio del rullino estinto. Una specie di onore delle armi ad un mondo d’altri tempi, dal sapore quasi antico, ma legato a mille avventure nei reportage di guerra. Nel 1987 incontrai per la prima volta il carismatico comandante Ahmad Shah Massoud, che guidava i mujaheddin contro l’Armata rossa in Afghanistan. Molti anni dopo, ultimo baluardo contro i talebani, diventerà la prima vittima dell’11 settembre ucciso da Al Qaida alla vigilia dell’attacco all’America. Lo immortalai con un rullino Kodachrome mentre combatteva sull’Hindukush. Al ritorno verso il Pakistan mi catturarono i filo sovietici. Nascosti nei sacchi di biada del cavallo, che mi faceva da facchino, c’erano le pellicole di una cinepresa Super 8 ed i rullini fotografici realizzati in due mesi di reportage. I proiettili che fischiavano dappertutto fermarono me, ma non il cavallo che lanciai verso le linee dei mujaheddin. Rullini e filmati furono recuperati e per l’anniversario dell’invasione sovietica del Natale ’87 la Cbs mandò tutto in onda. Pochi giorni dopo il governo di Kabul ammise di avermi sbattuto in galera. I rullini ed i filmati mi avevano, con tutta probabilità, salvato la vita. Due anni dopo, a Kabul cercarono di ammazzarmi con un camion militare. La ruota davanti mi passò sopra a tal punto che un rullino, nel giubbotto mille tasche da fotografo, divenne piatto come cento lire. La pellicola è legata a tanti ricordi, come lo scatto dei Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione iraniana, che correvano allineati sotto la neve, a piedi scalzi e torso nudo, gridando «abbasso l’America» e finito su TimeLife . Stiamo parlando degli anni Ottanta, del carnaio della guerra Iran- Iraq, quando i rullini venivano coccolati. Magari non c’era nulla da mangiare e piovevano le bombe, ma il rullino doveva stare al sicuro e alla temperatura giusta. Impresa ardua all’Equatore, nell’Africa rosso sangue, dove con la pellicola ho immortalato per sempre gli orrori dei mucchi di cadaveri in Uganda o del genocidio in Ruanda. Ogni volta che dovevo caricare la macchina e scattare immagini di corpi straziati dalla furia umana mi accendevo un piccolo sigaro, perché il fumo aiuta a superare il lezzo dolciastro della morte che ti fa vomitare. Il canto del cigno dei rullini è cominciato con la guerra che ha fatto a pezzi la Jugoslavia. Le ultime diapositive le ho scattate in Kosovo, quando i guerriglieri dell’Uck cominciavano a punzecchiare i serbi. Finito in un’imboscata assieme ad una colonna di kosovari in fuga con armati, feriti, donne e bambini sono rimasto tagliato fuori dalle raffiche e dalle granate di mortaio. Scappando nella foresta pensavo solo a riportare a casa la pellaccia e gli ultimi rullini delle fotografie di guerra. www.faustobiloslavo.eu |
[continua] |
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18 ottobre 2019 | Sna | reportage
100 anni degli agenti di assicurazione
Il palco del Centenario Sna ha accolto anche Fausto Biloslavo, oggi certamente il più famoso e tenace reporter di guerra. Attraverso fotografie e filmati tratti dai suoi reportage nelle zone dei conflitti, Biloslavo ha raccontato la sua vicenda professionale, vissuta fra pericoli e situazioni al limite del disumano, testimonianfo anche l’orrore patito dalle popolazioni colpite dalla guerra. Affrontando il tema del coraggio, ha parlato del suo, che nonostante la quotidiana esposizione della sua vita a rischi estremi gli permette di non rinunciare a testimoniare la guerra e le sue tragiche e crudeli conseguenze. Ma il coraggio è anche di chi la guerra la subisce, diventando strumento per l’affermazione violenta delle ragioni di parte, ma non vuole rinunciare alla vita, alla speranza. E lottare per sopravvivere richiede grande coraggio.
Sebbene possa sembrare un parallelo azzardato, lo stesso Biloslavo, spiega che il coraggio è sostenuto dalla passione, elemento necessario in ogni attività, in quella del reporter di guerra come in quella dell’agente di assicurazione.
Il coraggio serve per cominciare da zero, ma anche per rialzarsi quando si è colpiti dalle difficoltà o per adattarsi ai cambiamenti, è il messaggio di Biloslavo alla platea del Centenario.
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16 giugno 2016 | Tgcom24 | reportage
Gli occhi della guerra, l’arte imperitura del reportage
Presentazione Gli occhi della guerra e del documentario "Profughi dimenticati" dal nord dell'iraq
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12 ottobre 2017 | Tele Capodistria | reportage
Gli occhi della guerra
"Gli occhi della guerra" sarà questo il tema della prossima puntata di Shaker, in onda venerdì 13 ottobre alle ore 20.
Nostro ospite FAUSTO BILOSLAVO, giornalista di guerra che, in oltre 35 anni, ha vissuto e raccontato in prima persona la situazione su tutti i fronti più caldi: Libano, Afghanistan, Iran, Iraq, ex Jugoslavia... e ultimamente Ucraina, Libia, Siria...
Cosa vuol dire fare il reporter di guerra? Com'è cambiato questo "mestiere"? Perchè è ancora così importante? Come mai tanti giovani vogliono farlo? Quali consigli dargli?
Tante le domande cui cercheremo di dare risposta.
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08 dicembre 2010 | Nuova Spazio Radio | intervento |
Mondo
La fronda di Wikileaks
Oltre alle manette Julian Assange, fondatore di Wikileaks, deve preoccuparsi delle diserzioni della sua ciurma di pirati informatici e sostenitori. Negli ultimi mesi Assange ha perso per strada il suo braccio destro, il tedesco Daniel Domscheit-Berg ed Herbert Snorrason, il giovane hacker che teneva in piedi il sito nel “rifugio” islandese. Domscheit-Berg, ex hacker, è stato il principale portavoce di Assange per tre anni, con il nome falso di Daniel Schmitt. Ispiratore del Chaos computer club, una comunità di pirati informatici, ha cominciato ad entrare in rotta di collisione con il capo per le rivelazioni dei rapporti militari sulla guerra in Afghanistan. Non solo: Wikilekas sta operando in maniera così segreta da assomigliare sempre più alle intelligence che intende mascherare.
In Islanda la perdita più grave è quella della parlamentare Birgitta Jonsdottir, un’entusiasta della prima ora di Wikileaks. La deputata. che andrebbe d’accordo con Beppe Grillo, si batte per far passare una legge che trasformerebbe l’isola nel miglior rifugio per gente come Assange. Anche molte associazioni noprofit hanno preso le distanze, quando ha pubblicato i documenti della guerra in Afghanistan. Il discusso guru informatico non ha voluto emendare i nomi dei collaboratori della Nato, che adesso rischiano la vita. Prima fra tutti, a mollare l’australiano, è stata l’organizzazione di giornalisti, che pende a sinistra, Reporter senza frontiere.
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25 agosto 2010 | Radio 24 | intervento |
Mondo
Professione: Reporter di guerra
"NESSUN LUOGO E' LONTANO" è il nuovo programma di approfondimento di esteri di Radio 24. Giampaolo Musumeci parla della professione reporter. Come si racconta la guerra? Esiste un modo giusto? Come si fa il giornalista di guerra e come è cambiato il mestiere? Le testimonianze di chi lo ha fatto per anni e chi lo fa tuttora.
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