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Articolo
31 dicembre 2010 - Annuario 2011 - Afghanistan - Panorama |
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Cartoline dal futuro 2011, fuga da Kabul (ma la vera guerra comincia adesso) |
I barbuti talebani faranno parte di un governo di coalizione? Le truppe della Nato si ritireranno in massa? Gli afgani usciranno dal lungo tunnel della guerra? Per rispondere a queste domande bisognerebbe avere la sfera di cristallo, ma in Afghanistan tutto è possibile e allo stesso tempo imprevedibile. Il presidente Hamid Karzai è deciso a portare avanti un dialogo con gli oppositori in armi e sarebbe disposto a formare un governo di coalizione con gli esponenti degli insorti che accettano la pace. La stella di Karzai, però, si sta appannando per colpa di un governo corrotto e dell’incapacità di garantire sicurezza. Il nuovo parlamento di Kabul, dominato dai suoi oppositori, gli darà filo da torcere. Non è escluso che il primo presidente dopo il regime dei talebani venga costretto a farsi da parte o finisca male.
Il problema è che qualsiasi divisione del potere con i talebani rischia di scatenare la reazione di tajiki e uzbechi del nord, oltre ai pashtun scontenti e agli sciiti hazara del centro. Nell’Afghanistan meridionale si stanno distribuendo armi e cova la rivolta contro Kabul. Gli afgani sono convinti che quando le truppe della Nato torneranno a casa scoppierà la guerra civile. Gli occidentali non ve-
dono l’ora di andarsene, ma sanno che l’unica via di uscita possibile sarà graduale e lenta. Ufficialmente il ritiro inizierà nel luglio del 2011. La prossima estate torneranno a casa qualche migliaio di americani sui 140mila soldati della Nato presenti. La ritirata verrà presentata come una vittoria per non far ba- lenare lo spettro del Vietnam, ma ci vorranno almeno tre anni per passare le consegne della sicurezza alle forze afghane.
La prima provincia a passare sotto il completo controllo dei locali, che in gran parte esiste già, dovrebbe essere quella di Herat dove si trova il comando del contingente italiano. Sembrerà che ce ne torniamo a casa, ma in realtà all’inizio del prossimo anno avremo in Afghanistan 4.200 uomini, un numero mai visto prima. Il vero cambiamento sarà spostare l’asse dell’intervento sempre più sulla formazione dell’esercito e della polizia afga- ni e meno sulle operazioni dirette contro la guerriglia. Il generale David Petraeus, comandante della missione in Afghanistan, ha preparato una mappa delle 34 province del Paese con diversi colori. Le più ostiche sono quelle di- pinte in grigio della famosa cintura pashtun al confine con il Pakistan. Helmand, Kandahar, Uruzgan e Kunar, principale serbatoio della guerriglia talebana, dove ci vorranno oltre due anni per passare il testimone agli afgani. Le province “gialle” ed “arancioni”, come quella di Farah, sotto controllo italiano, dovrebbero passare agli afgani fra i 18 ed i 24 mesi, a partire dal 2011. Le insidie sono dettate dalla determinazione di mullah Mohammed Omar, il leader guercio dei talebani, che vuole la guerra santa ad oltranza e dalle difficoltà di creare delle forze di sicurezza locali che non siano un’armata Brancaleone. In Afghanistan non si vince solo con la forza delle armi. Dal 2011 la vera sfida sarà conquistare non tanto la mente ed i cuori degli afgani, ma riempire loro la pancia con lavoro e sviluppo economico. Tutto questo in teoria, perché gli americani proveranno a non andarsene mai dalle gran- di basi come Bagram e quella che vogliono costruire nel nord spendendo 2 miliardi di dollari. Lo stato maggiore inglese si è lasciato scappare che nel crocevia dell’Asia bisognerà rimanere per almeno 25 anni, con una presenza di consiglieri militari più che combattente. I talebani sorridono, sapendo che in questa lunga guerra noi abbiamo l’orologio e loro il tempo.
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24 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia1 | reportage
Gli orfani di Kabul
Gli orfani di Kabul
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10 ottobre 2010 | Domenica Cinque | reportage
In guerra si muore: 4 penne nere cadute in battaglia
Furiosa battaglia in Afghanistan: i talebani tendono un'imboscata ad un convoglio italiano nella famigerata valle del Gulistan. L'obiettivo è spingere i blindati verso una o più trappole esplosive piazzate dagli insorti. Un «Lince» salta in aria uccidendo sul colpo quattro penne nere e ferendo un quinto alpino. I soccorsi riescono a mettere in salvo l'unico sopravvissuto, sotto il fuoco degli insorti. La trappola esplosiva ha ucciso Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville e Marco Pedone, tutti del 7˚ reggimento alpini della brigata Julia, di stanza a Belluno.
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14 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Il giorno dopo la liberazione di Kabul
Il giorno dopo la liberazione di Kabul
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16 aprile 2010 | Radio 24 | intervento |
Afghanistan
I tre di Emergency a Kabul
Una svolta l'arrivo nella capitale afghana degli italiani arrestati e l'incontro con i diplomatici.
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16 aprile 2010 | SBS Australia | intervento |
Afghanistan
I tre di Emergency trasefriti nella capitale afghana
Trasferiti a Kabul i tre medici di Emergency. Sembrava che la soluzione fosse ancora lontana.
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18 maggio 2010 | Radio 24 | intervento |
Afghanistan
Morire per Kabul?
La missione in Afghanistan è una sfida che non possiamo perdere, anche se ci costa sangue e sudore. La maggioranza degli ascoltatori di Radio 24, che ascoltano al mattino Alessandro Milan, vorrebbero il ritiro delle truppe.
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13 aprile 2010 | Radio Città Futura | intervento |
Afghanistan
La sorte dei tre italiani di Emergency in manette
Gli uomini dei servizi afghani puntano il dito contro il chirurgo Marco Garatti e Matteo D’Aira, il capo infermiere, mentre il giovane Matteo Pagani non sarebbe coinvolto e potrebbe venir ben presto scagionato.
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19 aprile 2010 | SBS Australia | intervento |
Afghanistan
Liberati i tre operatori di Emergency
Svolta nella ultime ore dopo una settimana di passione.
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