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Reportage
06 aprile 2022 - Esteri - Ucraina - Panorama
Sulla linea del fuoco
Fausto Biloslavo
KHARKIV - Sembra di entrare nelle fiamme dell’inferno. Le lingue di fuoco si alzano in mezzo alle alte colonne di fumo nero. L’artiglieria russa ha appena bombardato la strada che porta a Malaya Rohan, il sobborgo a sud est di Kharkiv, dove si combatte per liberarlo dagli occupanti di Mosca. L’incendio si è sviluppato sui lati, nella campagna. L’unica possibilità per arrivarci è attraversare il tunnel di fuoco. Il calore è impressionante e una volta passati ci troviamo di fronte a un tank ucraino. I carristi che stanno preparando il cannone per sparare ci fanno segno, nervosamente, di andarcene: “I russi sono ancora qui. E’ troppo pericoloso per i giornalisti”.
La guerra in faccia, che racconto in questo numero di Panorama, ti resta dentro. Dal fronte di Kiev a Kharkiv, la seconda città del paese, anche se il 30% della popolazione è fuggita, a 39 chilometri dal confine russo.
Malaya Rohan è stata liberata fra il 28 e 29 marzo. Una squadra di militari ucraini ci scorta  sul campo di battaglia ripetendo di continuo di rimanere in fila indiana e fare sempre attenzione dove mettiamo i piedi. Attorno potrebbero esserci delle mine.
In mezzo alla campagna un reparto russo con blindati e carri armati si era trincerato per sbarrare il passo agli ucraini. L’artiglieria li ha spazzati via ed i missili Javelin forniti dalla Nato hanno fatto a pezzi blindati e cari armati. La torretta di un tank è volata in aria. Le trincee ed i sacchetti di sabbia non sono serviti a salvare i russi. “Erano in 120 e fino ad ora abbiamo trovato una dozzina di corpi, ma hanno perso molti più uomini. Non sono riusciti a portare via tutti i cadaveri” racconta un militare che ha partecipato alla battaglia.
Il ragazzino biondo, poco più che ventenne, sembra assopito nella buca che si era scavato per proteggersi, se non fosse per il rigagnolo di sangue fra le labbra. Un altro ha gli occhi azzurri spalancati verso il cielo. Ancora con elmetto e giberne i corpi dei russi sembrano marionette con i fili recisi disseminati sul campo di battaglia. Caos e distruzione totale: gran parte dei blindati sono carbonizzati, ma un mezzo è ancora intatto con la Z bianca sulla fiancata, marchio delle forze di occupazione. I cadaveri sono aggrovigliati in mezzo alle casse di munizioni, bombe a mano mai lanciate, razzi controcarro ed effetti personali sparsi dappertutto. La valanga di fuoco ucraino, grazie alle informazioni dei satelliti e dell’intercettazione elettronica americana, ha travolto i russi. Le famiglie neanche sapranno che i loro cari non torneranno più a casa.
La rappresaglia su Kharkiv e dintorni si fa sentire giorno e notte. In 24 ore sono anche 200 i bombardamenti russi. La sequenza dei colpi che piombano davanti ai nostri occhi è impressionante. Le nuvole di fumo bianco si alzano una dietro l’altra alternate dal fragore dello scoppio. I palazzi residenziali nel quartiere di Saltivka vengono inghiottiti dalle colonne delle esplosioni. E di notte è ancora peggio: gli attacchi d’artiglieria, che colpiscono le linee del gas per la città, provocano incendi che illuminano di rosso il cielo per ore.  “Continuano a battere sempre negli stessi punti per aprirsi un varco e tornare ad invadere la città come hanno fatto la prima volta all’inizio della guerra” mugugna un soldato che assiste al bombardamento in diretta.
Un sergente di ferro dell’esercito ucraino ci fa strada fra le macerie di Saltivka. Il quartiere di periferia è un dedalo di palazzi residenziali alti e bianchi. A terra, oltre ai crateri delle bombe, non mancano i colpi di mortaio inesplosi conficcati nel terreno. Pezzi d’artiglieria e blindati, vero bersaglio dei russi, sono annidati fra le case abbandonate dai civili. Mentre avanziamo di corsa i soldati ucraini  spuntano come fantasmi dai rifugi dei condomini. “Hanno colpito più avanti - confermano - I russi sono oltre la tangenziale a 400 metri. Tenete la testa bassa”. Le fiamme escono dal settimo piano di un palazzo centrato e annerito dalle granate. Un ufficiale ci fa vedere sul telefonino le foto scattate dai droni delle forze russe annidate poco più avanti.
Su un altro fronte di Kharkiv l’elicottero russo ha appena seminato morte e terrore. Tre colonne di fumo grigio, che si alzano verso il cielo da una boscaglia, indicano l’attacco dal cielo. Il soldatino ucraino è dritto in piedi con un missile terra-aria sulla spalla. I controcarro Jevelin sono al riparo dietro a dei blocchi di cemento e i soldati pronti in trincea con il dito sul grilletto. Igor, un sergente, ci porta ancora più avanti verso la postazione avanzata dove sono acquattati un carro armato e un blindato ucraino. Dopo pochi minuti il capo carro urla: “Stanno arrivando i tank russi, andate via”.
Pyatikhatki è un sobborgo fantasma a nord di Kharkiv, che sembra abbandonato da sempre. Strade deserte, case sbrecciate dai razzi Grad e automobili ridotte a un groviera dalle schegge. All’interno di un condominio colpito scopriamo con grande sorpresa che c’è ancora qualche civile che vive in mezzo alla bombe. I dannati del fronte sopravvivono nelle catacombe moderne di questa guerra. Un signore di mezza età ci accompagna sottoterra, ma bisogna sorreggersi ad una corda per non rischiare di cadere scendendo lungo una ripida scaletta in ferro. Il rifugio assomiglia ad un girone dantesco con le tende piantate in mezzo alla polvere e all’umidità. La luce fioca di qualche lampada illumina la dozzina di dannati che sopravvivono da giorni in queste condizioni. “Abbiamo anche dei bambini che piangono a ogni esplosione - raconta Valentin, un omaccione con la barba sfatta -  Vogliamo solo che questa maledetta guerra finisca”. All’ultimo piano il suo appartamento non esiste più, incenerito dall’artiglieria russa che ha aperto un varco al posto delle finestre. Nella cucina distrutta c’è ancora una confezione di spaghetti italiani.
La E 40 è l’autostrada della morte che costeggia il fianco est di Kharkiv. I militari ucraini ci portano per la prima volta lungo la striscia d’asfalto disseminata di blindati russi distrutti, carcasse di automobili crivellati di colpi e cadaveri. Un civile è accasciato sul bordo della strada. Un altro è riuscito a fuggire per qualche decina di metri nella campagna circostante prima di venire colpito a morte. Sulla tempia ha il foro di entrata di una pallottola.
Un graduato russo è stato abbandonato nel fossato che costeggia l’autostrada della morte. Gli ucraini trovano i documenti di altri soldati caduti in combattimento e un librone con su scritto “classificato” in cirillico, che dimostra come gli ufficiali fossero al corrente dell’invasione dell’Ucraina durante le esercitazioni ai confini prima del 24 febbraio, la notte dell’attacco.
Sul fronte di Kiev, la morsa della manovra a tenaglia russa si allenta, ma la guerra non è finita. A est del fiume Dnieper le forze di Mosca sono state fermate davanti ad un ponte fatto saltare in aria. Oltre è un cimitero di blindati russi fatti a pezzi. Yuri, tozzo e deciso sottufficiale che ci scorta trova accanto a un mezzo distrutto i gradi e il nastrino verde con il velcro che i soldati attaccano alla mimetica con il proprio nome. Il sergente Maslov difficilmente sarà sopravvissuto alla distruzione del suo cingolato incenerito dagli ucraini. I soldati di Kiev stanno scavando un dedalo di trincee in un villaggio mezzo raso al suolo dai combattimenti. Nella boscaglia a un paio di chilometri, dove si alza il fumo grigio di un colpo di artiglieria, sono annidati i russi che si riorganizzano in attesa degli ordini da Mosca.
Una settantina di chilometri ad ovest della capitale, Makariv è una città fantasma. I militari ucraini spuntano dal nulla con le armi spianate e sbalorditi che una macchina di giornalisti sia arrivata fino alle porte dell’inferno. Un militare corre trafelato verso di noi: “Il combattimento è furioso. Se andate avanti siete morti. Ci aspettiamo un attacco aereo da un momento all’altro”. Il sottufficiale ha due sorelle in Italia, come tanti soldati ucraini in prima linea. Makariv è strategica per il controllo dell’autostrada che arriva da Leopoli, vena giugulare della resistenza per armi e rifornimenti dall’ovest verso Kiev. Dall’ospedale della città arriva la telefonata di un’infermiera volontaria della capitale, che negli ultimi dieci giorni ha assistito i feriti sotto le bombe. “Venitemi a prendere vi prego. Non ce la faccio più” è l’accorato appello della giovane ucraina, amica del nostro autista. I combattimenti rendono impossibile qualsiasi evacuazione.
Sul fronte del sobborgo di Irpin a nord di Kiev, prima della ritirata dei russi, sono schierati i cadetti. Ragazzi fra i 18 e 20 anni pronti a dare la vita per la patria. Il rombo ad intermittenza delle cannonate sembra non preoccupare Artem, che armi in pugno è il mio angelo custode fino al ponte fatto saltare in aria all’ingresso della cittadina martire. Al ritorno sani e salvi i soldati mi regalano la scheggia di una granata di dieci centimetri: “E’ scoppiata vicino alla nostra postazione, ma siamo ancora vivi. Ti porterà fortuna”.
[continua]

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20 luglio 2014 | Russia 1 | reportage
Gli uomini neri
La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari europei provenienti da Italia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici e Francia. Il battaglione Azov, accusato di simpatie naziste, sta combattendo con i suoi 250 uomini sul fronte orientale dell'Ucraina contro i ribelli filo russi. Una dozzina di volontari stranieri, che giurano di non venir pagati, hanno già prestato giuramento. Altri 24 stanno arrivando e su Facebook, il veterano francese della guerra in Croazia, Gaston Besson, ha lanciato da Kiev un appello all'arruolamento. Per giorni abbiamo seguito dalla base di Berdyansk, nell'est del paese, il battaglione Azov, che è sotto il controllo del ministero dell'Interno. Fra i volontari europei, l'italiano Francesco F. ha lasciato la vita da manager per combattere al fianco degli ucraini contro i ribelli filo russi. Il cecchino svedese, Mikael Skillt, uno dei pochi a parlare a viso scoperto, ha una taglia dei separatisti sulla testa. E fra loro c'è pure un russo che vorrebbe abbattere il governo di Mosca. Per il colore della divisa e la provenienza dall'estrema destra ucraina ed europea sono conosciuti come "gli uomini neri".

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02 luglio 2014 | SKYTG24 | reportage
Gli uomini neri sul fronte dell'Est
La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari provenienti da paesi europei come Italia, Svezia, Finlandia e Francia. Il battaglione Azov, accusato di simpatie naziste, sta combattendo con i suoi 250 uomini sul fronte di Mariupol, una città costiera nell’Est dell’Ucraina. Una dozzina di volontari stranieri, che sostengono di non venir pagati, hanno già prestato giuramento. Altri 24 stanno arrivando e su Facebook, il veterano francese della guerra in Croazia, Gaston Besson, ha lanciato da Kiev un appello all’arruolamento. Per giorni abbiamo seguito dalla base di Berdyansk, nell’est dell’Ucraina, il battaglione Azov, che è sotto il controllo del ministero dell’Interno. Fra i volontari europei, l’italiano Francesco F. ha lasciato la vita da manager per combattere al fianco degli ucraini contro i ribelli filo russi. Il cecchino svedese, Mikael Skillt, uno dei pochi a parlare a viso scoperto, ha una taglia dei separatisti sulla testa. E fra loro c’è pure un russo che vorrebbe abbattere il governo di Mosca. Per il colore della divisa e la provenienza dall’estrema destra ucraina ed europea sono conosciuti come “gli uomini neri”.

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07 marzo 2014 | TG5 | reportage
In Crimea arrivano i volontari serbi
SEBASTOPOLI - Folti barboni, mimetiche, coltellacci alla cintola e sulla spalla il teschio con le tibie incrociate, simbolo del sacrificio in nome del popolo slavo. Si presenta così una ventina di cetnici, i paramilitari serbi, arrivati in Crimea per dare man forte ai filo russi. Non è stato facile trovare l’avanguardia dei “lupi” come vengono chiamati i volontari giunti dalla Serbia.

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26 maggio 2014 | RadioVaticana | intervento
Ucraina
Il nuovo presidente ucraino e la guerra civile nell'Est
I rapporti con Mosca, la crisi economica, la secessione del Donbas e lo spettro della guerra civile sempre più sanguinosa.

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27 marzo 2014 | La notte di radio uno | intervento
Ucraina
Crimea, i trenta giorni che sconvolsero l'Europa


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16 aprile 2014 | Radio IES | intervento
Ucraina
Una nuova Crimea


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