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21 maggio 2022 - Prima - Ucraina - Il Giornale
Mosca annuncia il trionfo: “Operazione conclusa. Abbiamo liberato Mariupol. Azovstal è in mano nostra. Il giallo dei combattenti ancora dentro l’acciaieria
Quando è sera i russi annunciano: Azovstal è caduta, la «liberazione» da parte russa delle acciaierie è stata completata. Lo dichiara il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu al presidente Vladimir Putin anche se naturalmente la notizia non ha conferme e quindi va presa con le molle. Anche se il ministero della Difesa russo, secondo la Tass, ha pubblicato il video della resa degli ultimi difensori ucraini nell\\\\\\\' acciaieria di Azovstal a Mariupol. Sempre secondo la Tass il portavoce del ministero della Difesa russo, generale maggiore Igor Konashenkov, il comandante Denis Prokopenko, sarebbe stato portato via dall\\\\\\\'acciaieria Azovstal «con un veicolo blindato speciale» verso i territori controllati dalla Russia. Se fosse vero calerebbe il sipario sulla tragica storia di sangue e resistenza dell\\\\\\\'acciaieria di Mariupol con un bilancio drammatico. I russi parlano di 2.439 militari ucraini costretti alla resa. A questi vanno aggiunti i 1.387 marines che hanno ceduto le armi quando gli ultimi difensori si sono asserragliati nelle viscere dell\\\\\\\'Azovstal. Se calcoliamo che negli 82 giorni di aspri scontri altri ucraini saranno stati catturati, solo nella battaglia di Mariupol il bottino di guerra russo è di almeno 4mila prigionieri o forse più. Migliaia di uomini che serviranno non solo per un enorme scambio, ma diventeranno una carta pesante da giocare sul tavolo di future trattative.
Nel giorno in cui i russi hanno completato la rimozione delle macerie del teatro di Mariupol, portando via i corpi di centinaia di civili e seppellendoli in una fossa comune a Mangush - come dice il consigliere del sindaco di Mariupol, Petro Andryushchenko - nell\\\\\\\'acciaieria si vive una giornata forse fatidica per i comandanti del reggimento Azov e dei marines che hanno resistito fino all\\\\\\\'ultimo. Ieri Denys Prokopenko, che guida Azov, ha spiegato in un video che dopo «86 giorni di difesa di Mariupol la massima dirigenza militare ha emesso un ordine per salvare la vita e la salute dei soldati della guarnigione e smettere di difendere la città». Da Kiev è giunto l\\\\\\\'ordine di non combattere più. Il tenente colonnello ha aggiunto «che i civili sono stati evacuati. I feriti gravi hanno ricevuto l\\\\\\\'assistenza necessaria» e adesso tocca ai caduti. I corpi sono stati tenuti nei cunicoli per settimane.
A un certo punto Mykhaylo Podolyak, assistente del presidente Zelensky e capo negoziatore ucraino con i russi, dichiara che sono in corso colloqui «molto difficili e molto fragili per l\\\\\\\'evacuazione» dei militari ancora annidati all\\\\\\\'interno di Azovastal. I comandanti e gli ultimi fedelissimi si sono consegnati ai russi che potrebbero processarli come criminali di guerra ed esporli come trofei ai media o peggio? Secondo fonti di Mosca, al momento non verificabili sì. L\\\\\\\'alternativa era la fine dei samurai saltando in aria con quello che resta dei bunker dell\\\\\\\'acciaieria piuttosto che farsi prendere vivi, adesso che l\\\\\\\'ordine è di non combattere più.
Sottoterra fino all\\\\\\\'ultimo, oltre a Prokopenko, il suo capo dell\\\\\\\'intelligence Ilya Samoilenko, detto Cyborg per il braccio in titanio e l\\\\\\\'occhio di vetro persi in battaglia. Oltre al maggiore-padre di famiglia, Serhiy Volyna, comandante dei marines della 36ima brigata. Anche il capitano Svyatoslav Palamar, nome di battaglia «Kalina», vice comandante di Azov, che i russi avevano annunciato come prigioniero, non ha mai lasciato Azovstal. Dall\\\\\\\'ultima ridotta è uscito Dmytro Kozatskiy, nome di battaglia Orest, il fotografo dei difensori di Mariupol, in gergo un combat camera. Prima di consegnarsi ai russi si è congedato con alcuni tweet, che lasciano a bocca aperta. «Beh, questo è tutto. Grazie per il rifugio, Azovstal è il luogo della mia morte e della mia vita». Kozatskiy ha caricato su Google tutti i suoi scatti significativi dai mutilati nei sotterranei, ai combattenti che non hanno mollato fino all\\\\\\\'ultimo. Pochi giorni prima della prigionia, il 15 maggio, Orest cantava in un video postato in rete il ritornello della Kalush Orchestra, vincitrice dell\\\\\\\'Eurovision Song Contest di Torino. L\\\\\\\'ultima beffa ai russi con le foto caricate in rete e tutti i messaggi al mondo dei difensori di Azovstal sono stati resi possibili da Starlink, il sistema satellitare di Elon Musk, che garantisce ad ospedali e ai militari ucraini il prezioso accesso a internet. Gli hacker russi non sono ancora riusciti a mandarlo in tilt pur avendoci provato varie volte. Il soldato-fotografo è diventato «gli occhi della guerra» nella battaglia di Mariupol. «A proposito, mentre sono prigioniero, vi lascio le mie foto in alta qualità. - ha scritto su twitter - Inviatele a tutti i premi giornalistici e concorsi fotografici. Sarà molto bello se vinco qualcosa, dopo l\\\\\\\'uscita. Grazie a tutti per il vostro sostegno. Ci vediamo». E sotto c\\\\\\\'è il link per scaricare gli scatti dei tre mesi di resistenza impossibile. Immagini drammatiche, ma non manca un selfie con Orest, sorridente sotto l\\\\\\\'elmetto immerso nei rami in fiore di un ciliegio.
[continua]

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14 marzo 2014 | TG5 | reportage
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Gli italiani di Crimea, emigrati nella penisola oltre duecento anni fa, furono deportati in Siberia e decimati da Stalin, che li considerava una spina nel fianco durante la seconda guerra mondiale. Poi sono tornati a Kerch, vicino all'ex confine con la Russia. Gli italiani di origine sono ancora 500.

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SEBASTOPOLI - Folti barboni, mimetiche, coltellacci alla cintola e sulla spalla il teschio con le tibie incrociate, simbolo del sacrificio in nome del popolo slavo. Si presenta così una ventina di cetnici, i paramilitari serbi, arrivati in Crimea per dare man forte ai filo russi. Non è stato facile trovare l’avanguardia dei “lupi” come vengono chiamati i volontari giunti dalla Serbia.

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I rapporti con Mosca, la crisi economica, la secessione del Donbas e lo spettro della guerra civile sempre più sanguinosa.

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