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14 giugno 2011 - Cronache - Italia - Il Giornale
Fa a pezzi e mura i suoi uomini Presa la dnna che uccide chi ama
Trieste Prima ha ammazzato il marito e due anni dopo l’amante, per poi tagliarli a pezzi con una sega elettrica e murarli in una cantina della sua gelateria. Ovviamente ha continuato a servire i clienti come se nulla fosse accaduto. Ora la «mantide» di Vienna è in attesa di estradi­zione nel carcere di Trieste, dopo che i resti degli ex sono venuti alla lu­ce per puro caso.
Estibaliz Zabala Carranza Goidsar­gi, 32 anni, passa­porto spagnolo, è una donna bella e minuta, che nessu­n­o potrebbe imma­ginare nei panni di un mostro che fa a pezzi gli uomini della sua vita. «Una storia e una donna del genere, che ti racconta con tut­ta tranquillità delitti atroci, non penso mi capiteranno una seconda volta» spiega a
Il Giornale Massimiliano Orto­lan, capo della squadra mobi­le di Udine, che le ha messo le manette ai polsi. L’incredibi­le vicenda della «mantide» di Vienna inizia nel 2008, quan­do litiga di continuo con il ma­rito Holger H. di origine tede­sca. I due vivono nella capita­le austriaca e lui ha aiutato la moglie, nata a Città del Messi­co, a mettere in piedi una bel­la gelateria. Dopo l’ennesima lite la donna prende il fucile del marito e gli spara quando lui si siede davanti al compu­ter. Dopo i primi momenti di panico si ricorda di una noti­zia trasmessa in tv su dei cada­veri murati in casa. «Va da un ferramenta e compra una se­ga circolare. Poi torna a casa e fa a pezzi il corpo del marito» sottolinea Ortolan, che ha rac­colto informalmente il raccon­to della donna. La moglie as­sassina avvolge i resti in sac­chi neri della spazzatura. Nel­la cantina della gelateria pre­para la malta e mura il marito fatto a pezzi. Poi la sua vita continua tranquillamente, tanto che i clienti la chiamano la «baronessa del gelato».
Nel 2010, però ci ricasca. Agli investigatori racconta che è stata maltrattata, prima dal marito defunto e dopo dal­­l’amante, Manfred H., figlio di un politico locale. Una not­te lo fredda sempre con il fuci­le del primo omicidio,
mentre dorme nel letto. Lo taglia a pezzi e lo mura in cantina. «Dopo il disastro con il san­gue della prima volta si orga­nizza meglio per evitare di sporcare tutto» racconta il ca­po della Mobile di Udine. Co­me nel caso dei parenti del ma­rito di Berlino riesce a convin­cere tutti dell’improvvisa scomparsa del suo uomo. La vita da gelataia riprende alla grande, ma da buona «mantide» non da sola. Il suo nuovo compagno, che si chia­ma Roland ed è all’oscuro di tutto, la mette in cinta due me­si fa. Il diavolo, però, fa le pen­tole, ma non i coperchi. Alcu­ni operai scendono nella can­tina della gelateria per dei la­vori nel palazzo. E il 6 giugno scoprono i resti di una gamba mezza murata. La polizia arri­va sul posto e trova la testa del marito della «mantide» oltre ai pezzi dell’amante. L’assas­sina prosciuga il conto in ban­ca e si volatilizza. Un taxista di origine turche l’accompagna in Italia. La donna passa una notte nell’albergo di un paesi­no friulano e poi arriva in tre­no a Udine. Nel frattempo la polizia austriaca ha emesso un mandato di cattura euro­peo. L’8 giugno la donna in­crocia un giovane artista di strada. Anche lui viene attrat­to dell’assassina e la ospita in casa. Lei si fa accompagnare ad un internet point, dove cer­ca notizie sulla stampa au­striaca. «La donna ha usato an­che il telefonino del giovane per navigare in rete - spiega il capo della Squadra mobile di Udine - Lui si insospettisce e torna sui siti cliccati dalla ri­cercata. Con un traduttore au­tomatico capisce la verità». Al­le sette di mattina di venerdì scorso avvisa il 113. La «manti­de » finisce in manette. Orto­lan che l’ha arrestata non ha dubbi: «Sembra una persona dolce, sensibile, che inganne­rebbe chiunque».
www.faustobiloslavo.eu
[continua]

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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
Conosciamoci
Giornalismo di guerra e altro.

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26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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