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30 settembre 2011 - Cronache - Italia - Il Giornale
Tutto pronto (tranne i soldi) per trasformare la Vittorio Veneto in un museo galleggiante
«L’incrociatore Vittorio Vene­to è la prima nave italiana che en­trò nelle acque dell’ex Unione So­­vietica, dopo il crollo del muro di Berlino. Nel 1990/91 ero coman­dante in seconda. Non dimenti­che­rò l’emozione dell’arrivo a Se­bastopoli con la nostra banda che suonava l’inno della marina russa e i brindisi con la vodka».L’ammi­raglio Filippo Maria Foffi, che co­manda la flotta Nato al largo dalla Libia, ricorda così la gloriosa nave della guerra fredda in disarmo a Taranto. Dal 2003 il Vittorio Vene­to, che ha fatto la storia della no­stra Marina militare, è in pensio­ne, ma potrebbe rinascere come nave museo. Oggi a Trieste si terrà un seminario per rilanciare que­sta idea.
«Tutti i paesi civili, con tradizio­ni marinare, hanno conservato una nave museo. Salviamo il Vitto­ri­o Veneto non solo per farne il pri­mo luogo espositivo sul mare, ma anche per creare iniziative collate­rali come un­a scuola per il recupe­ro dei ragazzi disadattati
» spiega a
Il Giornale ,
Claudio Franconi. As­sieme agli altri fondatori dell’As­sociazione incrociatore Vittorio Veneto ha tutto pronto per trasfor­mare il glorioso incrociatore in museo. Lunga 179 metri e larga 20, l’ex ammiraglia della Marina, tornerebbe a vivere con un percor­so interattivo e multimediale che ricrea le missioni della guerra fred­da. A bordo il visitatore assistereb­be a un briefing, come ai tempi in cui l’incrociatore solcava le onde tallonato dai sommergibili sovieti­ci. Nell’hangar una scocca di eli­cottero e un simulatore di volo ser­virebbero a vivere una missione «reale». Per non parlare dell’ac­c­esso alle torrette dei cannoni con­traerei, come se la visita fosse un’avventura.
Gli ampi spazi della nave in di­sarmo permetteranno di organiz­zare corsi, dalla vela alla patente nautica, organizzare feste e ricevi­menti o esporre mostre. «Abbia­mo pensato anche a una centrale elettrica ad energia alternativa da ricavare nella sala macchine ­spiega Franconi - . Per alimentare il museo e autofinanziarci venden­do la corrente in eccesso».
La Fincantieri è disponibile a da­re un mano, ma per la prima nave museo italiana bisogna trovare 15 milioni di euro. «La bandiera di guerra del Vittorio Veneto è stata consegnata proprio a Trieste- sot­tolinea Franconi - . Mio nonno è
morto sul Carso, come tanti altri, per il capoluogo giuliano caro alla patria. Speriamo di trovare atten­zione al progetto dalle istituzioni del Friuli-Venezia Giulia».
A Trieste si parla da tempo di un parco del mare e della riqualifica­zione del Porto Vecchio, dove il Vittorio Veneto potrebbe venir ri­morchiato da Taranto. La città ha già un ideale percorso della me­moria, con la Risiera di San Sabba, unico lager nazista in Italia e la foi­ba di Basovizza. Il prossimo anno sarà pronta la nuova sede del mu­seo della Guerra e della pace. La se­conda vita del Vittorio Veneto po­trebbe essere un fiore all’occhiel­lo e un’attrazione turistica.

www.faustobiloslavo.eu

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
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Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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