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05 aprile 2012 - Esteri - Bosnia Erzegovina - Il Giornale
Gli ex nemici di Sarajevo fanno la colletta per aiutarsi
Il palazzone bianco del Parla­mento­di Sarajevo era anneri­to dagli incendi provocati dal­le granate. Nel 1992, alto e sventra­to, venne trasformato in una trin­cea dei difensori bosniaci di fron­te all'assedio. Fra le sue macerie un cecchino croato ci raccontò la storia dell'amico d'infanzia ser­bo. Vivevano nello stesso condo­minio e a scuola erano compagni di banco. Anche a pallone giocava­no assieme e restarono amici per la pelle pure in polizia, dove diven­tarono entrambi tiratori scelti.
Con lo scoppio della guerra in Bosnia, costata centomila morti, si erano fulmineamente separati lungo le linee di divisione etnica. Dalle trincee del Parlamento i due cecchini avevano cominciato a darsi la caccia. Fino a quando i
vecchi amici non si sono inqua­d­rati nel mirino del fucile di preci­sione.
Dopo un attimo di esitazio­ne­hanno tirato tutti e due il grillet­to.
Quello croato, che ci ha raccon­tato la storia, era rimasto ferito di striscio alla testa vistosamente fa­sciata. Del serbo non si è più sapu­to nulla.
Forse è solo una leggenda di guerra, ma 20 anni dopo la trage­dia­di Sarajevo i nemici che si odia­vano hanno cominciato a scrivere
un piccolo, ma importante capito­lo di solidarietà. I veterani del con­flitto più fortunati, croati e bosnia­ci, che ricevono qualche soldo di pensione, hanno deciso di fare una colletta per aiutare chi ha combattuto ed è stato abbandona­to dall'altra parte della barricata.
Lo scorso gennaio Slavko Rase­vic, un ex soldato serbo bosniaco, è stato il primo a venir segnalato come beneficiario della colletta organizzata dai suoi ex nemici. Cinque euro ciascuno da parte di croati e bosniaci a favore di un fon­do per i veterani serbi. Dei primi cinquemila euro raccolti Rasevic doveva riceverne 500 e altri 60 eu­ro
ciascuno sarebbero andati a 60 veterani serbi.
L'ex combattente fa parte dei 1750 militari mandati a casa con una legge del 2010 che serviva a ringiovanire le forze armate bosni­ache.
Problemi politici e mancan­za di fondi hanno­congelato i paga­menti delle pensioni di molti mili­tari di tutte le etnie. A tal punto che poche settimane fa gli ex com­battenti bosniaci hanno sfilato a Sarajevo per protestare contro il governo e sono iniziati gli scioperi della fame.
Rasevic era stato arruolato a 20 anni all'inizio del conflitto etnico. Per sopravvivere dopo il pensio­namento,
senza assegno, è co­stretto a «rubare» la corrente elet­trica ai vicini di casa e non ha i sol­di neppure per pagare l'autobus ai tre figli per mandarli a scuola. Dopo la guerra aveva continuato a servire come militare di profes­sione nella nuova Bosnia in cerca di un futuro.
I soldati croati e bosniaci, più fortunati, che ricevono la pensio­ne hanno organizzato una collet­ta per aiutare lui e altri serbi. Quan­do Rasevic è stato informato della colletta ha espresso «grande ri­spetto » per gli ex nemici. La storia, rivelata dall'Associated press, è un piccolo segnale di superamen­to dell'odio scavato dalla guerra. Rade Dzeletovic che si è occupato del fondo serbo per i veterani è sta­to esplicito: «È incredibile. A 16 an­ni i politici ci hanno aizzato a massacrarci e adesso la loro ignoranza ed in­capacità ci por­ta ad aiutarci».
Sarajevo, da oggi fino a do­menica, ricor­da i 20 anni dall' inizio dell'asse­dio nell'aprile 1992. I giornalisti che lo hanno vissuto si ritrovano all'Holiday Inn, l'hotel simbolo della capitale bosniaca, che nono­stante le can­nonate era uno dei bi­vacchi della stampa internaziona­le nei tre anni di guerra.
Il viale ma­resciallo Tito che porta all'alber­go, dove si faceva slalom fra i tiri dei cecchini, ha mantenuto lo stes­so nome.
Sarajevo e la Bosnia sono cam­biate nascondendo le ferite del 1992 per guardare avanti, ma le braci di un odio etnico antico che ha provocato un conflitto terribile continuano a covare sotto le cene­ri.

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[continua]

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07 settembre 2020 | Quarta Repubblica | reportage
Con i migranti illegali della rotta balcanica
I migranti pachistani della rotta balcanica attraversano di corsa il confine fra Bosnia e Croazia. Dal tappo bosniaco 8mila migranti vogliono partire verso l’Italia. E oltre 4mila sono arrivati in Friuli-Venezia Giulia dall’inizio dell’anno. I migranti chiamano the game, il gioco, il tragitto clandestino fino all’Italia, ma c’è chi prova dieci o venti volte prima di riuscire a passare. I croati usano droni, camere termiche e non trattano i migranti con i guanti, che vivono in condizioni estreme. Nel cantone di Bihac la situazione è esplosiva. La popolazione vuole la chiusura dei campi di accoglienza. A Bihac i cooperanti italiani aiutano i migranti. Centinaia di migranti sono intrappolati nella terra di nessuno fra la zona serba e musulmana della Bosnia. Nessuno li vuole e li spinge da una parte e dall’altra.Così scoppiano scontri con i migranti che gridano Allah o akbar, dio è grande, sfidando la polizia. Per arrivare in Italia usano una app che indica la posizione anche senza internet.In molti vivono in edifici fatiscenti. Nei campi ufficiali non mancano le rivolte. E se verranno chiusi sarà ancora peggio. Questi marocchini appena respinti dai croati ci proveranno ancora come gli altri 8mila migranti.

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