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Breve
20 giugno 2012 - Esteri - Afghanistan - Panorama
Karzai e i suoi fratelli in lotta per il bottino
Karzai sono la famiglia più potente e discussa dell’Afghanistan. Hamid, il capo dello stato dal crollo dei talebani, ha cinque fratelli e una sorella (un altro fratello è stato ucciso). In vista del ritiro delle truppe Nato nel 2014 e della fine del mandato presidenziale di Hamid, è cominciata la lotta per la spartizione dell’impero economico e politico di famiglia. 1. Shah Wali Karzai. Il fratello presidente l’ha messo a capo dei Popolzai, la tribù pasthun del clan. Un altro fratello, Mahmoud, lo accusa di aver sottratto 55 milioni di dollari dalla società immobiliare di famiglia. 2. Ahmed Wali Karzai. Fino alla sua uccisione, nel luglio 2011, è stato il boss politico dell’Afghanistan meridionale. Da tempo sospettato di aver accumulato una fortuna con corruzione e traffico di oppio, aveva buoni rapporti con la Cia e con i talebani. 3. Abdul Wali Karzai. Docente di biochimica a New York, è l’unico dei fratelli Karzai che non è voluto tornare in Afghanistan. 4. Abdul Ahmad Karzai. Prima che il fratello diventasse presidente, lavorava all’aeroporto di Baltimora. Ora si occupa a Kabul dell’Agenzia governativa che promuove e rilascia i permessi per investire in Afghanistan. 5. Qayum Karzai. È il fratello più anziano che fa da intermediario per la pace con i talebani e continua a mantenere i suoi tre ristoranti a Baltimora. Ex parlamentare, sogna di ereditare la presidenza nel 2014. 6. Abdul Ahad Karzai. Il patriarca, classe 1922, era vicepresidente dell’Assemblea nazionale durante il regno di Zahir Shah. Uomo d’affari e banchiere, è stato imprigionato tre volte dal regime filosovietico negli anni Ottanta. Nel ’99 i talebani lo hanno ucciso in Pakistan. 7. Mahmoud Karzai. È in lotta con il fratello Shah Wali per il controllo del gioiello di famiglia: la più vasta proprietà immobiliare afghana (14.700 appartamenti a Kandahar). Ha bruciato 900 milioni di dollari, dirottati in parte a Dubai, nel più grosso scandalo bancario del paese. (F.B.)

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28 agosto 2008 | Studio Aperto | reportage
Afghanistan: italiani in guerra
Studio aperto, Tg1 e Tg2 hanno lanciato il nostro servizio esclusivo di Panorama sui soldati in guerra in Afghanistan. Le immagini che vedete non sono state girate da me o da Maki Galimberti che mi accompagnava come fotografo, come dicono nel servizio, bensì dagli stessi soldati italiani durate la battaglia di Bala Murghab.
Di seguito pubblico il testo che ho ricevuto dai coraggiosi cineoperatori con l'elmetto: "Nei giorni dell’assedio di Bala Murghab il 5,6,7 e 8 agosto, con i fucilieri della Brigata Friuli erano presenti anche quattro militari Toni T. , Francesco S. , Giuseppe N. , Giuseppe C. , tutti provenienti dal 28° Reggimento “Pavia” di istanza Pesaro. È stato proprio il C.le Mag.Sc. Francesco S. a girare le immagini che vedete con una telecamera di fortuna, in condizioni difficili e con grande rischio personale.Infatti tra i compiti assolti dal 28° Reggimento di Pesaro c’è proprio la raccolta di informazioni e documentazioni video sulle operazioni di prima linea".

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16 dicembre 2012 | Terra! | reportage
Afghanistan Goodbye
Dopo oltre dieci anni di guerra in Afghanistan i soldati italiani cominciano a tornare a casa. Questa è la storia del ripiegamento di 500 alpini dall’inferno di Bakwa, una fetta di deserto e montagne, dimenticata da Dio e dagli uomini, dove le penne nere hanno sputato sangue e sudore. I famigerati ordigni improvvisati chiamati in gergo Ied sono l’arma più temibile dei talebani che li sotterrano lungo le piste. Questo è il filmato ripreso da un velivolo senza pilota di un blindato italiano che salta in aria. A bordo del mezzo con quattro alpini del 32imo genio guastatori di Torino c'ero anch'io. Grazie a 14 tonnellate di corazza siamo rimasti tutti illesi. Il lavoro più duro è quello degli sminatori che devono aprire la strada alle colonne in ripiegamento. Il sergente Dario Milano, veterano dell’Afghanistan, è il cacciatore di mine che sta davanti a tutti. Individua le trappole esplosive da un mucchietto di terra smossa o da un semi invisibile filo elettrico del detonatore che spunta dalla sabbia. Nel distretto di Bakwa, 32 mila anime, questo giovane afghano rischia di perdere la gamba per la cancrena. Il padre ha paura di portarlo alla base italiana dove verrebbe curato, per timore della vendetta talebana. La popolazione è succube degli insorti e dei signori della droga. Malek Ajatullah è uno dei capi villaggio nel distretto di Bakwa. La missione del capitano Francesco Lamura, orgoglioso di essere pugliese e alpino è dialogare con gli afghani seduto per terra davanti ad una tazza di chai, il tè senza zucchero di queste parti. Malek Ajatullah giura di non saper nulla dei talebani, ma teme che al ritiro delle truppe italiane il governo di Kabul non sia in grado di controllare Bakwa. Tiziano Chierotti 24 anni, caporal maggiore del 2° plotone Bronx era alla sua prima volta in Afghanistan. Una missione di sola andata. La polizia afghana cerca tracce dei talebani nel villaggio di Siav, ma gli insorti sono come fantasmi. Il problema vero è che nessuno vuole restare a Bakwa, dove in tutto il distretto ci sono solo 100 soldati dell’esercito di Kabul. Il maggiore Gul Ahmad ha arrestato tre sospetti che osservavano i movimenti della colonna italiana, ma neppure con il controllo dell’iride e le impronte digitali è facile individuare i talebani. Il caporal maggiore Erik Franza, 23 anni, di Cuneo è alla sua seconda missione in Afghanistan. Suo padre ogni volta che parte espone il tricolore sul balcone e lo ammaina solo quando gli alpini del 2° reggimento sono tornati a casa. Per Bakwa è passato anche il reggimento San Marco. I fucilieri di marina, che garantiscono il servizio scorte ad Herat, hanno le idee chiare sulla storiaccia dei due marò trattenuti in India. Anche se ordini da Roma li impongono di non dire tutto quello che pensano. Per Natale i 500 alpini di base Lavaredo saranno a casa. Per loro è l’addio all’Afghanistan dove rimangono ancora 3000 soldati italiani.

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12 aprile 2010 | Porta a porta | reportage
Duello senza peli sulla lingua con Strada
Gioco sporco e tinto di giallo sulla sorte dei tre volontari italiani di Emergency in manette con l’accusa di essere coinvolti in un complotto talebano per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand. Opsiti di punta: il ministro degli Esteri Franco Frattini , Piero Fassino del Pd e Gino Strada, fondatore di Emergency

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04 gennaio 2012 | Radio24 | intervento
Afghanistan
Parlano le armi sussurrano le diplomazie


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