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30 dicembre 2012 - Interni - India - Il Giornale
I giudici possono salvarli (ma non lo fanno)
I marò dovrebbero restare in Italia se la Procura di Roma, dove sono iscrit­ti nel registro degli indagati per dupli­ce omicidio, decidesse una seppur mi­nima misura cautelare come l'obbligo di firma. I magistrati sono sempre mol­to tempestivi ad aprire fascicoli ed in­terrogare, ma questa volta sembra che non si siano fatti vivi con Salvatore Gi­rone e Massimiliano Latorre. E proba­bilmente non intendono farlo, altri­menti i marò potrebbero essere co­stretti a restare in patria nonostante l'impegno del governo e la loro parola d'onore.
Nei giorni scorsi il capogruppo del Pdl in Commissione Esteri della Came­ra, Enrico Pianetta, aveva lanciato il sasso nello stagno: «Ci sarà pure un giudice a Roma per i due marò. Hanno il diritto di essere processati in Italia.
 Non devono tornare in India» aveva di­chiarato il parlamentare. Pianetta ha addirittura chiamato in causa Attilio Regolo, il console romano che venne giustiziato dai cartaginesi dopo esser­si riconsegnato ai suoi carcerieri: «É un appello che rivolgo con urgenza a chi spetta questo inalienabile dovere­sottolinea Pianetta - L' Italia non viola nessun accordo se li sottopone imme­diatamente a giudizio».
L'autorità giudiziaria di Roma «ha fa­coltà » di agire nei confronti dei marò, in quanto indagati. Il procuratore non
 è obbligato a sottoporli ad interrogato­rio, nè adottare misure restrittive, ma in un caso di duplice omicidio c'è am­pio spazio per agire. Secondo gli esper­ti legali basterebbe un banale «obbli­go di firma » presso il commissariato di zona per «impedire il rientro dei marò in India», al di là della loro volontà. Un' altra misura cautelare potrebbe com­portare il ritiro del passaporto.
In questo caso il mancato rientro dei marò, che al momento sono pronti a partire il 3 gennaio per l'India, non sa­rebbe un tradimento della parola data
 dal governo italiano perchè la decisio­ne dell'autorità giudiziaria è autono­ma. Non a caso nell'ordinanza india­na per la «licenza» natalizia si legge che il procuratore dello stato del Kera­la sapendo dell'apertura di un'inchie­sta in Italia temeva che una volta giun­ti in patria i due marò «potrebbero ve­nir arrestati».
Secondo gli addetti ai lavori «la Pro­cura di Roma dovrebbe far valere la giurisdizione italiana richiamando la sentenza della I sezione penale della cassazione n. 31171 del 24/7/2008 nel caso dell'omicidio Calipari». Il nume­ro due dei servizi ucciso a Baghdad per errore dal militare americano Mario Lozano.La Cassazione stabilì«la giuri­sdizione esclusiva dello stato di invio del personale militare secondo la co­siddetta legge della bandiera o dello zaino».Così Lozano non venne proces­sato in Italia.
L'altro aspetto da non sottovalutare è che in India vige la pena di morte. Non estradiamo neppure gli assassini prezzolati nei Paesi dove c'è il boia. Te­oricamente l'accusa di omicidio volon­tario contestata ai marò nello stato del Kerala prevede la pena capitale. Ricon­segnarli è un gesto d'onore, ma forse
 cozza con la legge italiana ed una diret­ti­va comunitaria che vieta l'estradizio­ne verso i paesi con la pena capitale.
E nell'intricato caso dei marò il mini­stro degli Esteri, Giulio Terzi, si rifiuta di rendere pubblica la «lettera di garan­zia » che ha scritto al suo omologo in­diano Salman Khurshid per la licenza natalizia. Su facebook si è irritato per­chè il Giornale aveva scritto che era se­cretata. Secondo Terzi non è neppure riservata e si trova «agli atti del nostro Ministero, regolarmente protocolla­ta, e non contiene alcunchè se non for­mule diplomatiche di saluto assoluta­mente di rito». A questo punto abbia­mo invitato la Farnesina a renderla pubblica non essendoci vincoli di ri­servatezza. Il portavoce del ministro, Giuseppe Manzo, ha risposto che la no­stra richiesta «non può essere accol­ta
 ». 
www.faustobiloslavo.eu
 
[continua]

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08 marzo 2012 | Uno Mattina | reportage
Il caso dei marò "ostaggi" degli indiani


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10 luglio 2014 | TG5 | reportage
Le parcelle d'oro degli avvocati dei marò
Cinque milioni di dollari, dalle tasche del contribuente italiano, sono stati sborsati per la difesa dei marò. In stragrande maggioranza serviti a pagare le costose parcelle degli avvocati indiani che rappresentano i marò ed in minima parte come anticipo del baronetto inglese ingaggiato per intraprendere la via dell’arbitrato internazionale. Soldi ben spesi se Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non fossero ancora trattenuti in India da due anni e mezzo senza processo. Un esborso assurdo tenendo conto dei risultati raggiunti fino ad ora, poco superiori allo zero.

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10 febbraio 2014 | La vita in diretta | reportage
Marò candidati alle europee?
Se destra e sinistra candidassero un fuciliere di Marina a testa per le elezioni di Strasburgo sarebbe un segnale di unità e dignità nazionale.

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17 dicembre 2012 | Zappingduepuntozero | intervento
India
La saga dei marò
Un'analisi fuori dai denti di dieci mesi di linea morbida che non sono serviti a molto.

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