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17 aprile 2013 - Interni - India - Il Giornale
Bugia di Monti in tv: i marò sono al sicuro Ma rischiano la vita

Il presidente del Consiglio, Mario Monti, pontifica in tv sui marò, ma po­che ore dopo viene smentito dagli india­ni. Il premier domenica scorsa, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa , ha ri­badito la storiella delle «personali assicu­razioni » ricevute dal capo del governo in­diano sul destino dei fucilieri di marina. Ovvero i marò non rischiano l’impicca­gione. Poi ha aggiunto che le garanzie «si sono confermate operativamente con il trasferimento a un’agenzia di polizia in­diana che si occupa solo di casi che non prevedono la pena di morte».
Pochi giorni prima il viceministro degli Esteri Staffan De Mistura, aveva anticipa­to la stessa bufala sostenendo che il pas­sa­ggio dall’antiterrorismo alla polizia cri­minale dell’inchiesta sui marò «è un fatto positivo, quello che chiedevamo».
Peccato che Monti e De Mistura siano stati clamorosamente smentiti ieri dal procuratore generale indiano, Goolam Essaji Vahanvati, che rappresenta il go­verno di Delhi. In udienza davanti alla Corte suprema ha ribadito che «l’Ufficio centrale di investigazione (Cbi)» al quale Roma pensava fosse stata passata l’in­chiesta sui maro «è sovraccarico (di lavo­ro) ed il governo ha scelto l’Agenzia nazio­nale (
 Nia) come istituzione per indagare sul caso».La Nia è una specie di Fbi india­na, che si occupa soprattutto di antiterro­rismo e vuole utilizzare contro Latorre e Girone il«Sua Act»,per la sicurezza marit­tima, che prevede la pena di morte.
Ancora gli indiani ci hanno sbugiarda­ti. L’avvocato Mukul Rohatgi,a nome del governo italiano, ha sostenuto in aula che se indaga l’antiterrorismo non c’è scampo: «I responsabili devono per for­za essere condannati a morte». Per que­sto motivo ha chiesto alla Corte suprema di passare le indagini «alla polizia crimi­nale (Cbi) o in subordine una sentenza che esplicitamente proibisca alla Nia
 (l’antiterrorismo) di avvalersi del «Sua Act» che prevede la forca.
Per Monti e De Mistura il problema era già risolto e lo hanno pure annunciato ai quattro venti. Il procuratore generale in­diano ha invece difeso la scelta dell’anti­terrorismo «giustificata dalla necessità di un’inchiesta rapida» che dovrebbe concludersi «entro 60 giorni». La difesa chiede che non si superi il mese. Il presi­dente della Corte suprema, Altamas Ka­bir, ha rinviato l’udienza a lunedì prossi­mo per decidere sulle richieste italiane, ma la posta in gioco non è solo la pena ca­pitale.
Sembra quasi che Palazzo Chigi abbia dimenticato la linea del Piave decisa fin dall’inizio della crisi con Delhi. L’Italia si è sempre battuta per la giurisdizione sul caso opponendosi al processo ai marò in India. Adesso ci stiamo arrampicando su­gli specchi battagliando su quale polizia indiana deve indagare. Non solo: l’arbi­trato internazionale che l’Italia può chie­dere in
 qualsiasi momento è rimasto let­tera morta.
Negli ultimi giorno il Bjp, il partito na­zionalista indù all’opposizione, ha conti­nuato a chiedere la linea dura. Il portavo­ce, Meenakshi Lekhi, vuole che indaghi l’antiterrorismo, ma fa notare che se «i marò venissero giudicati secondo il Codi­ce penale indiano », come auspica Palaz­zo Chigi, in ogni caso «la sentenza potreb­be essere la pena di morte o l’ergastolo». 
www.faustobiloslavo.eu


[continua]

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19 febbraio 2014 | Rai 1 mattina | reportage
Ennesimo rinvio per i marò. L'Italia richiama l'ambasciatore, ma non basta


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18 marzo 2013 | TG5 | reportage
Caso marò: documento esclusivo pubblicato dal Giornale
Il 15 marzo con la nota verbale 100/685, l’ambasciata italiana ricordava al “ministero degli Esteri indiano gli obblighi alla protezione dei diplomatici derivanti dalla Convenzione di Vienna”. Nella nota si chiede al governo di Delhi di “riassicurare che nessuna autorità indiana possa applicare misure restrittive alla libertà di Sua Eccellenza l’ambasciatore”. Alla fine si invita pure a garantire la “personale sicurezza” di Mancini e tutti i nostri diplomatici in India.

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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò al­la sbarra, forse per torchiarli, an­che se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il volumino­so rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvato­re Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), vo­leva obbligare i marò a presen­tarsi in aula. Non solo: gli investi­gatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di La­torre e Girone, secondo il giorna­le The Hindu . Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fi­sicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tu­tela della cort­e speciale del giudi­ce Darmesh Sharma e venire al­la sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare an­cora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati al­l’udienza di ieri e attraverso i lo­ro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro. L’unico dato certo è che l’anti­te­rrorismo non ha ancora conse­gnato il rapporto d’accusa. Staf­fan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ri­badisce: «Non possiamo accetta­re di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Ter­zi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sba­gliato sia giuridicamen­te che politicamente». Secondo fonti india­ne la Nia presenterà «l’at­to d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesan­te. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver uc­ciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane. L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza america­na «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console india­na a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il gover­no indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi com­merciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’amba­sciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomati­ca americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.

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radio

26 marzo 2013 | Radio24 | intervento
India
I Marò rispediti in India


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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento
India
I due Marò
La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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26 marzo 2013 | Radio Città | intervento
India
Caso marò: Terzi si dimette. Il ministro della Difesa no


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