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21 luglio 2013 - Esteri - India - Il Giornale
Ecco il documento che tiene in ostaggio i marò
Solo adesso salta fuori l’«affida­vit » del governo indiano che è servito al governo Monti per rispedire i marò in India, dopo aver deciso pochi gior­ni prima di trattenerli in Italia.
La comunicazione protocollata del­l’ambasciata indiana del 21 marzo è stata consegnata dall’inviato specia­le del governo, Staffan De Mistura, ai parlamentari del Movimento 5 stelle durante una recente audizione. La Farnesina non aveva mai voluto ren­derla nota.
Non contiene clamorose novità, ma fa impressione leggere nero su bianco l’«affidavit»indiano che è ser­vito per far arrivare a Delhi, il 22 mar­zo, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. L’ambasciata indiana si im­pegna su due punti fondamentali. Il primo «che i due marines non verran­no arrestati se ritornano nei tempi sta­biliti
 dalla Corte supre­ma in­diana » per il per­m esso che era sta­ta concesso di rientrare in Italia. E poi, bontà loro, si sostiene che sa­ranno rispettate tutte le condizio­ni già previste co- me la possibilità di rimanere in ambascia­ta.
Dal rientro in India le condizioni dei marò sono ulteriormente miglio­rate e con il nuovo incarico come assi­stenti
 dell’addetto militare hanno uno stipendio mensile non indiffe­rente di 6400 euro netti. I familia­ri vanno a trovarli regolarmente e alloggiano in due piccoli, ma confortevoli appartamenti.
L’oltraggio dei 15 mesi in In­dia ed il mancato processo in
 Italia rimane. Per questo suona anco­ra più beffardo ed umiliante il punto 2 dell’affidavit degli indiani dello scor­so marzo. «Secondo la consolidata giurisprudenza indiana il caso (dei marò) non rientra nella categoria che può prevedere la pena capitale- si leg­ge sul documento ufficiale - A questo riguardo non si deve nutrire alcuna preoccupazione».
La preoccupazione rimane per i tempi che continuano ad allungarsi. Girone e Latorre sono stati interroga­ti il 10 luglio dalla polizia antiterrori­smo a Delhi. Davanti agli investigato­ri hanno dichiarato le generalità e ri­badito che erano militari in servizio anti pirateria per lo stato italiano sot­toposti alla nostra giurisdizione. Sul­le accuse di aver ucciso due pescatori hanno preferito non rispondere.
Secondo De Mistura gli indiani chiuderanno l’inchiesta «alla fine di agosto». Il processo dovrebbe inizia­re in autunno e concludersi entro Na­tale, come ha fatto capire il ministro degli Esteri Emma Bonino dopo esser­si incontrata il 18 luglio a Budapest con il suo omologo indiano.
Gli ultimi ostacoli alla chiusura del­l’inchiesta stanno per essere supera­ti. I quattro marò rientrati in Italia del­la squadra comandata da Latorre te­stimonieranno a favore della difesa in videoconferenza oppure non lo fa­ranno proprio. Oramai il governo Let­ta sembra rassegnato al processo in­diano e ad una possibile condanna, che poi verrebbe scontata in Italia.
I fan dei marò non si arrendono ed il 7 luglio hanno inviato al segretario generale dell’Onu,Ban Ki Moon,die­cimila firme raccolte in rete «per il ri­conoscimento del diritto internazio­nale ».La richiesta all’Onu è di«moni­torare il processo » indiano a Latorre e
 Girone. 
www.faustobiloslavo.eu

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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento
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La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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