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19 dicembre 2013 - Esteri - India - Il Giornale
I marò? Facciamo come l’India contro gli Usa
L’India ha le palle e noi no. Il paese che trattiene da 22 mesi i marò lo sta di­mostrando non con il Bhutan, ma con la superpotenza americana. Lo scorso venerdì la vice console indiana, Dev­yani Khobragade, viene arrestata a New York con l’accusa di sottopagare la colf e falsificare i documenti per il vi­sto della domestica. La polizia della Grande mela, che non guarda in fac­cia nessuno, la sbatte in cella perqui­sendola anche nelle parti intime.
New Delhi scatena una «rappresa­glia » senza precedenti, che il governo italiano non ha mai avuto l’ardire nep­pure di immaginare dopo l’arresto di Massimiliano Latorre e Salvatore Giro­ne. In poche ore le autorità indiane riti­rano le speciali carte d’identità di viag­gio per i diplomatici americani, nega­no loro l’accesso alla corsia preferen­ziale
 alle frontiere e controllano a tap­peto il reddito del personale locale che lavora per gli yankee. Non solo: un bulldozer rimuove i blocchi di cemen­to contro le autobombe messe dopo l’11 settembre attorno all’ambasciata Usa. Nelle ultime ore a Delhi i più alti esponenti politici si sono rifiutati di in­contrare una delegazione ufficiale di rappresentanti Usa.
Il nostro massimo colpo di reni per i marò è stato convocare l’ambasciato­re indiano a Roma per alzare la vocina.
La vice console indiana rimane dietro le sbarre per poche ore. Liberata su cauzione i suoi colleghi la trasferisco­no all’Onu dove è intoccabile. I marò sono rimasti in carcere quasi tre mesi e prima di farli arrivare all’ambasciata italiana ci è voluto circa un anno.
Il ministro degli Esteri indiano, Sal­man Kurshid, ha detto a chiare lettere riferendosi alla connazionale: «Rista­biliremo la sua dignità. Chiediamo scuse incondizionate, il ritiro di tutte le accuse e la porteremo a casa a ogni costo». Musica un po’ diversa rispetto alla litania dei nostri governanti, da Monti a Letta, capaci solo di sventola­re lo scampato pericolo della pena di morte per i marò, tutto da verificare al processo, come la massima vittoria.
Per una vice console poche ore in cel­la, l’India sta sbattendo con efficacia i pugni sul tavolo. Per i marò confidia­mo nella giustizia di Delhi. E quando il nostro ambasciatore era stato blocca­to nella capitale con la minaccia nep­pure tanto velata di arrestarlo, se Giro­ne e Latorre non fossero tornati dal permesso in patria, abbiamo calato le braghe cambiando vergognosamen­te idea e rimandando i fucilieri di Mari­na in India. Invece che fare il diavolo a quattro, come Delhi con Washington in queste ore. «Perchè non arrestiamo i gay dell’ambasciata americana» ha proposto Yashwant Sinha, ex ministro degli Esteri del Bjp, il partito di opposi­zione che potrebbe vincere le elezioni a primavera. Nei giorni scorsi l’India aveva riesumato una norma coloniale contro l’omosessualità. Non solo: da ieri gli ultra nazionalisti bruciano in piazza le foto del presidente Obama. Spacconate propagandistiche, ma il nostro governo non è stato neppure ca­pace di ritirarsi per protesta dalla mis­sione anti pirateria al largo della Soma­lia. L’India è una grande potenza emer­gente e lo dimostra. Noi siamo l’Italiet­ta. 

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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò al­la sbarra, forse per torchiarli, an­che se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il volumino­so rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvato­re Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), vo­leva obbligare i marò a presen­tarsi in aula. Non solo: gli investi­gatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di La­torre e Girone, secondo il giorna­le The Hindu . Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fi­sicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tu­tela della cort­e speciale del giudi­ce Darmesh Sharma e venire al­la sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare an­cora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati al­l’udienza di ieri e attraverso i lo­ro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro. L’unico dato certo è che l’anti­te­rrorismo non ha ancora conse­gnato il rapporto d’accusa. Staf­fan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ri­badisce: «Non possiamo accetta­re di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Ter­zi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sba­gliato sia giuridicamen­te che politicamente». Secondo fonti india­ne la Nia presenterà «l’at­to d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesan­te. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver uc­ciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane. L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza america­na «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console india­na a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il gover­no indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi com­merciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’amba­sciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomati­ca americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.

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20 marzo 2013 | TG5 | reportage
"I nostri marò" l'e book di Giornale.it
La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. "I NOSTRI MARO'" è un e book di Fausto Biloslavo e Riccardo Pelliccetti, che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in India, Daniele Mancini, per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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10 febbraio 2014 | La vita in diretta | reportage
Marò candidati alle europee?
Se destra e sinistra candidassero un fuciliere di Marina a testa per le elezioni di Strasburgo sarebbe un segnale di unità e dignità nazionale.

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26 marzo 2013 | Radio Città | intervento
India
Caso marò: Terzi si dimette. Il ministro della Difesa no


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26 marzo 2013 | Radio24 | intervento
India
I Marò rispediti in India


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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento
India
I due Marò
La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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