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29 dicembre 2013 - Prima - Afghanistan - Il Giornale
Il viaggio di Anna Rita e Rosa madri coraggio in Afghanistan
Quando mi è apparso l’Af­ghanistan dall’alto, sbirciando dal finestrino del C 130 milita­re, ho capito perché mio figlio diceva sempre che voleva vede­re qualcosa di colorato, dopo la missione in questo Paese aspro e desertico». È il primo impatto di Anna Rita Lo Mastro, la ma­dre del parà della Folgore Da­vid Tobini, con il disgraziato an­golo di mondo che le ha portato via il figlio caduto combatten­do nel 2011 a Bala Murghab.
Anna Rita e Rosa Papagna, che in Afghanistan ha perso Francesco tre anni fa, sono del­le madri coraggio. Le prime che intraprendono questo viaggio del ricordo nella terra da dove i loro ragazzi sono tornati a casa in una bara avvolta dal Tricolo­re.
«Dovevo venire in Afghani­stan per riempirmi i polmoni della stessa aria dell’ultimo re­spiro di mio fi­glio.
 È l’unico posto dove non potevo ac­compagnar­lo », spiega An­na Rita al tele­fono da He­rat. Al funera­le del caporal maggiore To­bini si era pre­sentata con il basco ama­ranto da parà del figlio. Lo stesso basco e la stessa mimeti­ca del suo ragazzo, che ha porta­to con sé atterrando ieri a He­rat.
«Quando sono scesa dall’ae­reo è stata una specie di libera­zione - racconta Rosa, l’altra madre coraggio- . Durante il vo­lo guar­davo i giovani militari ap­pisolati a bordo con noi. Mi han­no fatto grande tenerezza. In lo­ro ho rivisto mio figlio e sono scese le lacrime».
A Herat le madri di due dei 53 caduti in Afghanistan sono sta­te accolte con grande calore e ri­spetto.
 Anna Rita si è portata dietro un block notes «per scri­vere il diario di tutte le emozio­ni che sto provando». Non è un viaggio funebre, ma nel ricordo di due giovani soldati che han­no fatto il loro dovere, fino in fondo. Tobini aveva 28 anni quando è caduto a Bala Mur­ghab, l’avamposto più a nord passato agli afghani dallo scor­so anno. La madre ha ricevuto dal presidente Napolitano la Croce d’onore in memoria del parà ucciso «esponendosi al fuoco nemico per i suoi commi­litoni ».
Francesco Positano, 29 anni,
 guastatorealpino del32˚ reggi­mento Genio della brigata Tau­rinense, è morto in un inciden­te poco chiaro in ricognizione sulla strada fra Shindand e He­rat. Ufficialmente sbalzato dal mezzo, ma il sospetto è che la manovra sbagliata di un blinda­to lo abbia ucciso accidental­mente.
«Il sogno sarebbe almeno sor­volare
 in elicottero Bala Mur­ghab, dove è caduto mio figlio. Vorrei vedere quelle montagne di sabbia dove ha versato il suo sangue», dichiara Anna Rita.
Tutte e due le madri sperano di andare a Shindand, l’ultima nostra base a parte Herat, dove il 27 dicembre è caduto l’ennesi­mo raz­zo talebano senza provo­care vittime. «So che è pericolo­so, ma non ho paura. Non porte­rò tristezza, ma un bel sorriso ai ragazzi abbracciandoli per il nuovo anno», sottolinea Anna Rita. A Shindand ci sono i parà del reggimento Nembo di Pisto­ia compresi Ivan e Gianluca, che erano con suo figlio David nell’ultima missione. «Mi sono sempre stati vicini. Gli ho man­dato un sms dicendo che prepa­rino le bottiglie di spumante ­racconta Anna Rita - . Uno di lo­ro ha risposto: “Sei la mamma che tutti vorremmo”».
Rosa ammette che «la soffe­renza
 non ti molla, ma toccare la terra dove mio figlio è sta­to tante volte provoca un’emozione forte e bella». Il viaggio nel ricordo del proprio ra­gazzo caduto in Afghani­st­an è un’espe­rienza unica per una ma­dre. Ti può spezzare o rin­vigorire. «Ai familiari dei solda­ti in Afghanistan dico che sia­mo tutti fortunati ad avere dei fi­gli così coraggiosi», ribadisce Anna Rita al telefono. Il pensie­ro più forte va ai familiari dei 53 caduti, che non sono potuti ve­nire. «Ho promesso che porte­rò in Italia, pure per loro, - spie­ga la mamma con il basco da pa­rà - un pugno di terra afghana, che ha visto il sacrificio dei no­stri cari». 

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25 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia1 | reportage
Il futuro governo dell'Afghanistan e la fuga di Osama bin Laden
Il futuro governo dell'Afghanistan e la fuga di Osama bin Laden

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16 dicembre 2012 | Terra! | reportage
Afghanistan Goodbye
Dopo oltre dieci anni di guerra in Afghanistan i soldati italiani cominciano a tornare a casa. Questa è la storia del ripiegamento di 500 alpini dall’inferno di Bakwa, una fetta di deserto e montagne, dimenticata da Dio e dagli uomini, dove le penne nere hanno sputato sangue e sudore. I famigerati ordigni improvvisati chiamati in gergo Ied sono l’arma più temibile dei talebani che li sotterrano lungo le piste. Questo è il filmato ripreso da un velivolo senza pilota di un blindato italiano che salta in aria. A bordo del mezzo con quattro alpini del 32imo genio guastatori di Torino c'ero anch'io. Grazie a 14 tonnellate di corazza siamo rimasti tutti illesi. Il lavoro più duro è quello degli sminatori che devono aprire la strada alle colonne in ripiegamento. Il sergente Dario Milano, veterano dell’Afghanistan, è il cacciatore di mine che sta davanti a tutti. Individua le trappole esplosive da un mucchietto di terra smossa o da un semi invisibile filo elettrico del detonatore che spunta dalla sabbia. Nel distretto di Bakwa, 32 mila anime, questo giovane afghano rischia di perdere la gamba per la cancrena. Il padre ha paura di portarlo alla base italiana dove verrebbe curato, per timore della vendetta talebana. La popolazione è succube degli insorti e dei signori della droga. Malek Ajatullah è uno dei capi villaggio nel distretto di Bakwa. La missione del capitano Francesco Lamura, orgoglioso di essere pugliese e alpino è dialogare con gli afghani seduto per terra davanti ad una tazza di chai, il tè senza zucchero di queste parti. Malek Ajatullah giura di non saper nulla dei talebani, ma teme che al ritiro delle truppe italiane il governo di Kabul non sia in grado di controllare Bakwa. Tiziano Chierotti 24 anni, caporal maggiore del 2° plotone Bronx era alla sua prima volta in Afghanistan. Una missione di sola andata. La polizia afghana cerca tracce dei talebani nel villaggio di Siav, ma gli insorti sono come fantasmi. Il problema vero è che nessuno vuole restare a Bakwa, dove in tutto il distretto ci sono solo 100 soldati dell’esercito di Kabul. Il maggiore Gul Ahmad ha arrestato tre sospetti che osservavano i movimenti della colonna italiana, ma neppure con il controllo dell’iride e le impronte digitali è facile individuare i talebani. Il caporal maggiore Erik Franza, 23 anni, di Cuneo è alla sua seconda missione in Afghanistan. Suo padre ogni volta che parte espone il tricolore sul balcone e lo ammaina solo quando gli alpini del 2° reggimento sono tornati a casa. Per Bakwa è passato anche il reggimento San Marco. I fucilieri di marina, che garantiscono il servizio scorte ad Herat, hanno le idee chiare sulla storiaccia dei due marò trattenuti in India. Anche se ordini da Roma li impongono di non dire tutto quello che pensano. Per Natale i 500 alpini di base Lavaredo saranno a casa. Per loro è l’addio all’Afghanistan dove rimangono ancora 3000 soldati italiani.

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20 novembre 2001 | Studio Aperto | reportage
Strage di giornalisti. Uccisa Maria Grazia Cutuli del Corriere della Sera
Il 19 novembre 2001 quattro giornalisti vengono massacrati da una banda di talebani sulla strada che dal Pakistan porta a Kabul. Fra le vittime Maria Grazia Cutuli, del Corriere della Sera, che avevo conosciuto ad Epoca.

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18 maggio 2010 | SBS Australia | intervento
Afghanistan
Trappola esplosiva uccide due alpini
L’Afghanistan è la nostra trincea, dove 3300 soldati italiani combattono i talebani e portano aiuti e sviluppo alla popolazione. Dal 2001 abbiamo perso 22 uomini per cercare di garantire sicurezza al paese. Gli ultimi due caduti sono il sergente Massimiliano Ramadù ed il caporal maggiore Luigi Pascazio. La mattina del 17 maggio sono saltati in aria su una trappola esplosiva lungo la “strada maledetta”. Una pista in mezzo alle montagne di sabbia che porta da Herat, il capoluogo dell’Afghanistan occidentale, a Bala Murghab, dove i soldati italiani tengono con le unghie e con i denti una base avanzata. I caduti fanno parte del 32° reggimento genio guastatori della brigata Taurinense. Due loro commilitoni, il primo caporal maggiore Gianfranco Scirè ed il caporale Cristina Buonacucina sono rimasti feriti dall’esplosione che ha sconquassato il blindato Lince su cui viaggiavano. L’alpina è la seconda donna soldato ferita in Afghanistan.

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12 aprile 2010 | Rai Radio3 | intervento
Afghanistan
Smentito il Times
Il portavoce del governatore di Helmand, contattato telefonicamente da Il Giornale, ha smentito i virgoletatti del Times. “Non ho mai accusato gli italiani di Emergency di essere in combutta con al Qaida – ha ribadito – Ho solo detto sabato (come riportato da Il Giornale) che Marco (il chirurgo dell’ong fermato nda) stava collaborando e rispondendo alle domande”. IN STUDIO CECILIA STRADA PRESIDENTE DI EMERGENCY.

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08 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Cowboy road la strada dei kamikaze
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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18 ottobre 2007 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
La guerra che non ci vogliono far vedere
In Afghanistan gli italiani combattono. Lo ha verificato Fausto Biloslavo, che ha realizzato un servizio per Panorama sulla "guerra all'italiana" che non ci vogliono far vedere.

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14 novembre 2001 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
Kabul ed il ritorno degli esuli
Torna a casa sua, nella capitale afghana, Mir Dad Panshiri, un esule anti talebano. Lo avevo conosciuto nel 1988 in carcere a Kabul, quando fui catturato dalle truppe filo sovietiche dopo un lungo reportage con i mujaheddin.

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