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Articolo
18 marzo 2015 - Attualità - Italia - Il Giornale |
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| I maestrini del giornalismo ora vogliono zittirci sull’Islam |
I politicamente corretti con il patentino in tasca, le vestali dell'informazione con la schiena dritta, i maestrini del giornalismo hanno detto «Basta, Khalas» alla «cattiva informazione che i media italiani stanno veicolando (...) su tutto ciò che riguarda il mondo arabo e l'islam». L'appello sta circolando in rete dal 20 gennaio, dopo gli attacchi del terrore a Parigi. Nel mirino è finito soprattutto il Fatto quotidiano per un articolo scoop sul rapimento di Greta e Vanessa in Siria. Una volta tanto il giornale diretto da Peter Gomez è accomunato nel pubblico ludibrio alla nostra testata e a Libero. Nella lettera aperta si annuncia che l'appello all'informazione corretta sull'Islam «sarà la base di un esposto all'Ordine dei Giornalisti in merito all'articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano e da altri apparsi sul Giornale e Libero, che hanno fomentato (...) odio, pregiudizio, islamofobia». E ci risiamo con i tagliapenne, anche se solo tre giornalisti noti hanno aderito alla petizione e gran parte degli altri sono illustri sconosciuti. Fra i primi firmatari spiccano gli ex rapiti, Amedeo Ricucci, inviato Rai catturato in Siria, e Giuliana Sgrena del Manifesto che fu presa in ostaggio in Irak. L'altra giornalista nota è Anna Migotto di Mediaset, che lavora per il settimanale Terra!, in realtà poco politicamente corretto. «Ho firmato l'appello in cui credo, ma ero contrario a presentare un esposto all'Ordine dei giornalisti, che è in alto mare. Non so se verrà mai presentato» spiega Ricucci. Migotto, consigliere di disciplina a Milano, garantisce che all'Ordine lombardo non è arrivato ancora nessun esposto. Forse basta la dura lezioncina impartita in rete ai media cattivoni e manipolatori di notizie. L'articolo nel mirino, intitolato «Greta e Vanessa, la cooperante ai migranti siriani: “Ecco come aggirare i controlli”» è stato firmato da Angela Camuso sul Fatto quotidiano. Uno scoop basato su un rapporto dei Ros dell'Arma, che gettava pesanti ombre sul sequestro delle due giovani volontarie, amiche della ribellione siriana. Per i firmatari di «Basta, khalas» è «solo l'ultima di una lunga serie di esempi di pessimo giornalismo». I giornalisti del Fatto, Giornale, Libero, che secondo i maestrini scrivono in maniera esagerata di islam, sono colpevoli «di grave violazione di tutte le norme di deontologia professionale». In pratica siamo islamofobi. L'appello che vorrebbe tagliarci le penne è firmato da un'armata Brancalone dell'islam «corretto». Molti sono attivisti della fallita primavera araba come Fouad Roueiha, che si definisce «rivoluzionario siriano». L'attivista Shadi Siria ricorda come «la primavera siriana fiorisce ogni anno». Peccato che sboccino sempre più bandiere nere. Nabil Salameh è un ex giornalista di Al Jazeera, non proprio un esempio di informazione equilibrata, oggi cantautore. Lunga la schiera di esperti che sanno tutto sull'islam e si improvvisano maestrini di giornalismo. Felicetta Ferraro, «iranista presidente dell'Associazione Ponte 33», è stata nel 2008 addetto culturale della nostra ambasciata a Teheran. Gianluca Solera, «autore e attivista trans Mediterraneo» ha scritto un volume sulle primavere arabe presentato da Leoluca Orlando sbagliando tutte le previsioni. «Un libro che invita a sperare che il futuro immaginato nelle piazze delle città del Mediterraneo sia l'inizio di un percorso sociale, culturale e politico comune - si legge - Più giusto, più onesto, più democratico, più creativo. Più mediterraneo». Vignettisti, mediatori culturali e per sordi si sono aggiunti ai firmatari. Non mancano la parrucchiera, la criminologa, il poeta e l'artista di tatuaggi che vive al Cairo. |
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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra
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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre.
Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato.
Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano.
Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca.
“Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria.
Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman
Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida.
L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane.
La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....
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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz e tutti i caduti sul fronte dell'informazione
Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.
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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento |
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea.
Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.
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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento |
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
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20 giugno 2017 | WDR | intervento |
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.
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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento |
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale
Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio
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