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04 ottobre 2015 - Attualità - Afghanistan - Il Giornale
Afghanistan, tragico errore Nato Bombe sull’ospedale: è strage
Gli americani hanno bombardato un ospedale dei Medici senza frontiere in Afghanistan ammazzando personale umanitario, pazienti e forse qualche talebano che si nascondeva nel sottoscala. Per ora si parla di 20 morti e 37 feriti. «Sono cadute le bombe e abbiamo sentito l'aereo che virava - ha raccontato Heman Nagarathnam, responsabile di Msf nell'Afghanistan del nord -C'è stata una pausa, poi altre bombe. È successo più e più volte. L'edificio principale dell'ospedale era avvolto tra le fiamme. Chi poteva è corso fino a due bunker per cercare riparo. Ma i pazienti che non potevano scappare sono morti bruciati nei loro letti».
Se l'avessero fatto i russi in Siria avremmo rischiato la terza guerra mondiale, almeno a parole. Ancora prima che le bombe di Mosca colpissero gli estremisti anti governativi già partiva la grancassa delle accuse del Cremlino colpevole di ammazzare civili e ribelli buoni. Nelle stesse ore della mattanza, vera, in Afghanistan, il premier britannico David Cameron dichiarava a muso duro che i raid aerei russi «aiutano il macellaio Assad». Pure i piloti di Mosca, che hanno già lanciato 60 raid colpendo 50 obiettivi, non sono esenti dai cosiddetti «danni collaterali», ma dell'ospedale di Kunduz bombardato in pieno il comando americano aveva le coordinate Gps fornite dai Medici senza frontiere. Le stesse che hanno guidato le bombe «poco» intelligenti sul centro di soccorso nella città occupata dai talebani.
In Siria, secondo l'Osservatorio dei diritti umani, dall'inizio dei raid di Mosca sarebbero stati uccisi 39 civili, e 14 jihadisti dello Stato islamico e del Fronte al Nusra, costola di al Qaida.
In Afghanistan l'attacco dal cielo è partito nella notte fra venerdì e sabato alle 2.08, quando nell'ospedale c'erano un'ottantina di medici ed infermieri e 105 pazienti. In un comunicato Msf ha rivelato di aver fornito a tutte le parti in conflitto le coordinate Gps «in diverse occasioni negli ultimi mesi. La più recente il 29 settembre», il giorno dopo l'arrivo dei talebani nella città nel nord dell'Afghanistan. Msf ha subito contattato il comando americano, quello afghano e Washington per fermare le bombe. L'attacco è andato avanti per un'ora prima che ci si accorgesse di aver colpito l'obiettivo sbagliato. Al momento il bilancio provvisorio parla di 12 operatori di Medici senza frontiere rimasti uccisi, 7 vittime fra i pazienti, compresi 3 bambini oltre a 37 feriti. Da Kabul, il ministero dell'Interno, ha fatto sapere che «10 o 15 terroristi si nascondevano nell'ospedale e sono stati uccisi». I talebani usano i civili come scudi umani, ma non è un buon motivo per fare una strage. Il colonnello Brian Tribus, portavoce della forze Usa, ha ammesso «che l'attacco aereo può aver causato dei danni collaterali ad un'installazione medica nelle vicinanze. Stiamo indagando sull'incidente». 
In Afghanistan i morti civili sotto le bombe a stelle a strisce sono «danni collaterali» a differenza della Siria, dove gli stessi errori, veri o presunti, dei russi vengono bollati come crimini contro l'umanità da insigni esperti. Due pesi e due misure, che nascondono una stucchevole ipocrisia occidentale. La verità è che nelle guerre asimmetriche di oggi contro i talebani in Afghanistan o le bandiere nere in Siria, le bombe di Washington e Mosca hanno lo stesso potenziale distruttivo e possono sempre, si spera non volutamente, provocare vittime civili. L'aspetto tragicomico è gridare al lupo per i russi, che hanno appena cominciato a bombardare, quando ti arriva una trave nell'occhio degli americani, che da anni lanciano raid in Afghanistan senza grandi risultati.
Dopo i primi attacchi in Siria il generale Andrei Kartapolov, vice capo dello stato maggiore russo, ha annunciato che 600 jihadisti «sono nel panico e potrebbero disertare cercando di fuggire verso l'Europa». Se fosse vero difficile che ci riescano: ai combattenti stranieri il Califfato ritira il passaporto e chi fugge viene fucilato.
Nel frattempo i cugini talebani non solo hanno conquistato Kunduz, città di 300mila abitanti, ma sono riusciti ad occupare 10 distretti in diverse province dell'Afghanistan, grazie alla ritirata occidentale. Sotto il nuovo comando di mullah Akhtar Muhammed Mansour hanno strappato anche il distretto di Khaki Safid, nell'ovest del paese, dove sono rimasti poche centinaia di soldati italiani nella base di Herat.
[continua]

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17 novembre 2001 | TG5 - Canale5 | reportage
La caccia ai terroristi ucciso Mohammed Atef
La caccia ai terroristi ucciso Mohammed Atef

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29 luglio 2015 | Sky Tg24 | reportage
Omar il fantasma
“Mullah Omar, il capo dei talebani, è morto nel 2013” rivela il governo di Kabul, ma sulla sua fine aleggia il mistero. Il leader guercio dei tagliagole afghani, dato per morto tante volte, è sempre “resuscitato”. Questa volta, per Omar il fantasma, potrebbe essere diverso. Abdul Hassib Seddiqi, portavoce dell’Nds, l’intelligence di Kabul ha sostenuto in un’intervista al New York Times che l’imprendibile mullah “è morto due anni fa in un ospedale alla periferia di Karachi, città pachistana”. Sicuramente l’Isi, il potente servizio segreto militare di Islamabad, aveva idea di dove fosse. Non è escluso che il capo dei talebani sia stato un sorvegliato speciale, praticamente agli arresti domiciliari, a Qetta, capoluogo della provincia pachistana del Baluchistan al confine con l’Afghanistan. Un ex ministro dei talebani ha dichiarato ieri, in cambio dell’anonimato, che il mullah “è morto due anni e 4 mesi fa di tubercolosi e poi sepolto in Afghanistan” in gran segreto.

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16 dicembre 2012 | Terra! | reportage
Afghanistan Goodbye
Dopo oltre dieci anni di guerra in Afghanistan i soldati italiani cominciano a tornare a casa. Questa è la storia del ripiegamento di 500 alpini dall’inferno di Bakwa, una fetta di deserto e montagne, dimenticata da Dio e dagli uomini, dove le penne nere hanno sputato sangue e sudore. I famigerati ordigni improvvisati chiamati in gergo Ied sono l’arma più temibile dei talebani che li sotterrano lungo le piste. Questo è il filmato ripreso da un velivolo senza pilota di un blindato italiano che salta in aria. A bordo del mezzo con quattro alpini del 32imo genio guastatori di Torino c'ero anch'io. Grazie a 14 tonnellate di corazza siamo rimasti tutti illesi. Il lavoro più duro è quello degli sminatori che devono aprire la strada alle colonne in ripiegamento. Il sergente Dario Milano, veterano dell’Afghanistan, è il cacciatore di mine che sta davanti a tutti. Individua le trappole esplosive da un mucchietto di terra smossa o da un semi invisibile filo elettrico del detonatore che spunta dalla sabbia. Nel distretto di Bakwa, 32 mila anime, questo giovane afghano rischia di perdere la gamba per la cancrena. Il padre ha paura di portarlo alla base italiana dove verrebbe curato, per timore della vendetta talebana. La popolazione è succube degli insorti e dei signori della droga. Malek Ajatullah è uno dei capi villaggio nel distretto di Bakwa. La missione del capitano Francesco Lamura, orgoglioso di essere pugliese e alpino è dialogare con gli afghani seduto per terra davanti ad una tazza di chai, il tè senza zucchero di queste parti. Malek Ajatullah giura di non saper nulla dei talebani, ma teme che al ritiro delle truppe italiane il governo di Kabul non sia in grado di controllare Bakwa. Tiziano Chierotti 24 anni, caporal maggiore del 2° plotone Bronx era alla sua prima volta in Afghanistan. Una missione di sola andata. La polizia afghana cerca tracce dei talebani nel villaggio di Siav, ma gli insorti sono come fantasmi. Il problema vero è che nessuno vuole restare a Bakwa, dove in tutto il distretto ci sono solo 100 soldati dell’esercito di Kabul. Il maggiore Gul Ahmad ha arrestato tre sospetti che osservavano i movimenti della colonna italiana, ma neppure con il controllo dell’iride e le impronte digitali è facile individuare i talebani. Il caporal maggiore Erik Franza, 23 anni, di Cuneo è alla sua seconda missione in Afghanistan. Suo padre ogni volta che parte espone il tricolore sul balcone e lo ammaina solo quando gli alpini del 2° reggimento sono tornati a casa. Per Bakwa è passato anche il reggimento San Marco. I fucilieri di marina, che garantiscono il servizio scorte ad Herat, hanno le idee chiare sulla storiaccia dei due marò trattenuti in India. Anche se ordini da Roma li impongono di non dire tutto quello che pensano. Per Natale i 500 alpini di base Lavaredo saranno a casa. Per loro è l’addio all’Afghanistan dove rimangono ancora 3000 soldati italiani.

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20 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ Alle urne fra minacce talebane e presunti brogli
Si parte all’alba da base Tobruk, con i paracadutisti della Folgore, per garantire la sicurezza delle elezioni presidenziali in Afghanistan nella turbolenta provincia di Farah. Nel distretto di Bala Baluk, infestato dai talebani, sono aperti 5 seggi su 30. I parà della 6° compagnia Grifi, dislocati nei punti nevralgici, sono pronti ad intervenire per difendere le urne. Gli insorti hanno proclamato una specie di coprifuoco contro le elezioni “degli infedeli che occupano il paese”. Chi va ai seggi a queste parti rischia la pelle ancora prima di arrivarci. Con dei volantini affissi nelle moschee l’emirato talebano ha minacciato “di piazzare mine sulle strade principali”. I terroristi suicidi si sono inventati nuove tattiche come spiega prima di partire il tenente dei paracadutisti Alessandro Capone. L’elezione del nuovo presidente afghano e dei consigli provinciali nelle zone a rischio come questa di Bala Baluk è un terno al lotto. Nell'umile e polveroso villaggio di Sharak, le 40 famiglie che ci abitano avevano ricevuto solo 8 certificati elettorali. "E' passato il comandante Zabid Jalil e gli abbiamo consegnato le schede. Ha detto che ci pensa lui a scegliere il presidente. Meglio così: se i talebani le trovavano ci avrebbero ammazzato" racconta haji Nabu, il capo villaggio. Jalil è il boss della tribù e ha pure i gradi di generale della polizia. Un esempio di "democrazia" all'afghana.

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14 novembre 2001 | Radio 24 Linea 24 | reportage
Afghanistan
Le prigioniere sparite
Un centinaio di donne, prigioniere dei talebani, sarebbero sparite dalle segrete di Kabul. Portate via dai loro aguzzini per usarle come schiave.

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20 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Il fortino di Bala Murghab sotto attacco
Afghanistan,un'estate in trincea.In prima linea con i soldati italiani

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04 febbraio 2003 | Radio 24 Nove in punto | intervento
Afghanistan
Task force Nibbio. I nostri in Afghanistan per combattere/2
Uno dei nemici più temibili della task force Nibbio nel sud est dell'Afghanistan è il leggandario comandante filo talebano Jalaluddin Haqqani. Lo avevamo incontrato da quelle parti nel 1983, durante l'invasione sovietica, mentre sfidava le pallottole nel mezzo di un'assedio ad un forte governativo.

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07 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - In pattuglia con i marines
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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