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Articolo
15 ottobre 2015 - Attualità - Afghanistan - Il Giornale |
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Torture e pacchi di soldi L’Isis scalza i talebani e avanza in Afghanistan |
Civili rastrellati e fatti saltare in aria in fosse comuni filmando la scena. Decapitazioni a raffica, pepe sulle ferite dei nemici feriti, mani dei prigionieri immerse in pentoloni di olio bollente e donne selezionate per sposare i combattenti. Queste brutalità medioevali non vengono inflitte in Siria oppure Irak, ma in Afghanistan contro i governativi e gli stessi talebani considerati troppo mollaccioni nei confronti dell'islam duro e puro. La bandiera nera dello Stato islamico sventola, sempre più forte, nel paese al crocevia dell'Asia, dove sarebbero già 3000 i tagliagole fedeli al Califfo. L'espansione degli uomini neri, i talebani sempre più aggressivi e la minaccia di Al Qaida, sempre presente in Afghanistan, sta convincendo il presidente americano Barack Obama a fare marcia indietro sul tutti a casa dal prossimo anno. Il piano anticipato ieri dal Washington Post è di mantenere almeno 5mila soldati americani in Afghanistan e di chiedere agli alleati di fare in proporzione la loro parte. Il Pentagono ha presentato anche un'altra opzione di rimanere al livello dei 9.800 uomini attuali, che in teoria dovevano tornare a casa a fine 2016. I 750 soldati quasi tutti ad Herat ed in minima parte a Kabul avrebbero dovuto fare i bagagli questo mese. L'incontro a Washington di aprile fra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il presidente Obama ha spinto l'Italia a mantenere il mini contingente fino al 31 dicembre. Poi dovrebbero restare solo una sessantina di addestratori, ma in realtà l'amministrazione Usa chiederà alla Nato di rimanere per continuare a puntellare l'Afghanistan alla deriva. I talebani si sono appena ritirati da Kunduz, dopo due settimane di occupazione. La prima città conquistata dal 2001, ma i seguaci del defunto mullah Omar controllano 29 distretti in tutto il paese e in altri 36 i governativi sono in difficoltà. La nuova minaccia è l'espansione dall'inizio dell'anno del Califfato, che fa proseliti fra gli stessi talebani secondo il New York Times. La paga di 400-500 dollari al mese, doppia rispetto a quella dei seguaci del defunto mullah Omar, è un incentivo chiave. I comandanti delle bandiere nere sono stati visti girare con pacchi di soldi in contanti oppure oro, che da qualche parte devono arrivare. Uno dei primi campi di addestramento dove hanno issato la bandiera nera si trovava nella provincia di Farah vicino al distretto di Bakwa da dove ci siamo ritirati a fine 2013. I fratelli Abdul Malek e Abdul Razeq hanno giurato fedeltà al Califfo scontrandosi con i vecchi amici talebani. Nella provincia orientale di Nangarhar i seguaci dello Stato islamico hanno macellato i guerriglieri rivali ed i civili che li appoggiano. Il nucleo originario era composto da estremisti pachistani fuggiti verso l'Afghanistan davanti alle offensive dell'esercito di Islamabad. Tre mesi fa hanno tirato fuori la bandiere nere occupando i distretti della provincia in mano ai talebani. I caccia Usa sono intervenuti bombardando entrambi, ma è servito a poco. Diciassettemila famiglie sono fuggite per il terrore del Califfo. I rivali, le sospette spie, i civili che non seguono il nuovo verbo vengono fatti saltare in aria in gruppo oppure decapitati. Il torso e la testa mozzati sono lasciati sulla strada e gli abitanti dei villaggi devono passarci sopra con le macchine. Un editto dello Stato islamico ha stabilito che se «hai quattro figli devi arruolarne due e se ne hai due, uno». I tagliagole segnano le case dove ci sono donne con bandierine di diverso colore a seconda che siano nubili o vedove. Il loro destino è diventare spose dei mujaheddin del Califfo. L'Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva è formata da repubbliche ex sovietiche e guidata da Mosca. Ieri questa specie di Nato dell'Est ha annunciato che in Afghanisatn combattono dai 2000 a 3000 uomini neri dello Stato islamico. Il loro capo è Hafiz Saeed Khan, un ex comandante dei talebani pachistani. Il suo vice, l'afghano Abdul Rahim Dost, ex poeta, catturato dopo l'11 settembre, ha passato quattro anni a Guantanamo. www.gliocchidellaguerra.it |
[continua] |
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20 novembre 2001 | Studio Aperto | reportage
Strage di giornalisti. Uccisa Maria Grazia Cutuli del Corriere della Sera
Il 19 novembre 2001 quattro giornalisti vengono massacrati da una banda di talebani sulla strada che dal Pakistan porta a Kabul. Fra le vittime Maria Grazia Cutuli, del Corriere della Sera, che avevo conosciuto ad Epoca.
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20 settembre 2009 | Domenica Cinque | reportage
I parà di Kabul
Su Canale 5: Più che eroi i paracadutisti caduti in Afghanistan sono soldati che hanno fatto il loro dovere fino in fondo
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24 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia1 | reportage
Gli orfani di Kabul
Gli orfani di Kabul
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19 ottobre 2005 | Radio 24 | intervento |
Afghanistan
Saddam Hussein: pena di morte?
E' in corso il processo contro il dittatore di Baghdad che, per le leggi vigenti in Iraq, potrebbe portare alla pena di morte. Può essere accettabile la pena capitale, anche se applicata a un feroce dittatore?
Gli sfidanti:
Lilli Gruber, giornalista e scrittrice, eurodeputata per L'Ulivo, Fausto Biloslavo, giornalista di guerra.
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07 maggio 2009 | Radio City | intervento |
Afghanistan
L'ultima trincea, la sfida che non possiamo perdere
Dibattito sulla crisi nel paese al Crocevia dell'Asia con il direttore di Limes Lucio Caracciolo
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31 gennaio 2005 | Radio 24 | reportage |
Afghanistan
Elezioni e battaglie in Iraq
Domenica 30 gennaio è per molti una data di cesura tra il vecchio e il nuovo Iraq. Le prime elezioni democratiche per il paese mediorientale rappresentano un deciso cambio di contesto per quella regione. Non tutti però concordano in una visione così ottimista dello sviluppo della crisi irachena. A poche ore dal voto ci colleghiamo con l'Iraq con Alberto Negri, inviato de Il Sole24Ore, e Fausto Biloslavo, a Baquba per Il Giornale.
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18 maggio 2005 | Radio 24 | intervento |
Afghanistan
Gli americani profanano il Corano. Rivolta in Afghanistan
Una volontaria italiana, Clementina Cantoni, trentaduenne milanese, è stata rapita nel centro di Kabul da quattro uomi armati. La donna è un'operatrice dell'organizzazione umanitaria Care International e si occupa da tre anni di soccorrere le vedove di guerra in Afghanistan. L'avvenimento è stata come una doccia fredda sulle speranze di normalizzazione legate al governo Karzai e all'esportazione di un modello di democrazia partito ormai dal lontano 2001. L'idea di democrazia è stata un progetto vincente? La questione della sicurezza è ancora così spinosa? La situazione afghana è migliorata dopo la sconfitta dei Talebani? Ne parliamo con Gino Strada, chirurgo e fondatore di Emergency, Fausto Biloslavo, giornalista, Alberto Cairo, responsabile in Afghanistan del progetto ortopedico del Comitato internazionale della Croce Rossa Internazionale, Pietro De Carli, responsabile dei programmi di emergenza della cooperazione italiana per il Ministero degli Esteri e Jolanda Brunetti Goetz, ambasciatore responsabile della ricostruzione della sicurezza in Afghanistan.
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04 gennaio 2012 | Radio24 | intervento |
Afghanistan
Parlano le armi sussurrano le diplomazie
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