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16 ottobre 2015 - Attualità - Afghanistan - Il Giornale
Afghanistan, è ufficiale: gli Usa restano
Il presidente degli Stati Uniti, per fortuna, cambia idea e stoppa il ritiro dall'Afghanistan, dopo aver annunciato da tempo che la missione era finita. I 9800 soldati americani presenti nel paese rimarranno per tutto il prossimo anno e dopo il 2016 resteranno 5.500 uomini, come aveva anticipato nell'edizione di ieri il Giornale. I talebani sono all'offensiva, le bandiere nere avanzano e le truppe afghane non sono ancora forti abbastanza. I seguaci del defunto mullah Omar hanno cantato vittoria proprio nelle ultime ore sostenendo di aver conquistato il centro di Bala Baluk, il capoluogo di un distretto nell'Afghanistan orientale dove i soldati italiani hanno combattuto a lungo prima del ritiro.
Barack Obama ha annunciato ieri dalla Casa Bianca che le truppe a stelle e strisce resteranno in Afghanistan. «Da comandante in capo non posso permettere che diventi un paradiso per i terroristi» ha dichiarato il presidente. «La sicurezza è ancora troppo fragile» e per questo le truppe Usa «resteranno per gran parte del prossimo anno». E pure nel 2017, alla scadenza del mandato di Obama, che voleva suggellarlo con il ritiro definitivo dal paese al crocevia dell'Asia. «Le forze di sicurezza afghane non sono ancora forti abbastanza» ha spiegato Obama.
La dimostrazione è il furioso attacco degli ultimi dieci giorni a Bala Baluk, capoluogo di distretto strategico nella provincia di Farah. Fino al ritiro del 2013 gli italiani lo controllavano con base Tobruk. Sul sito dell'Emirato islamico è stato annunciata la conquista fra martedì e mercoledì dell'edificio dell'amministrazione distrettuale, il quartier generale della polizia e tutti i check point attorno. Il governo afgano ha smentito e dice di aver perso solo alcuni posti di blocco, ma ammesso che negli ultimi tre giorni i combattimenti sono stati intensi.
Il presidente Obama ha ribadito che i talebani devono sedersi al tavolo delle trattative di pace. In risposta all'annuncio di mantenere i soldati Usa gli insorti hanno dichiarato che «un negoziato è possibile», ma la precondizione rimane il «ritiro di tutte le truppe straniere». Dopo la presa per due settimane di Kunduz, la prima città occupata dal 2001, il timore è che i talebani abbiano cambiato strategia passando dagli attacchi alle zone rurali ai centri urbani. Negli ultimi giorni hanno cercato di conquistare Ghazni, a soli 100 chilometri da Kabul e Qalat, altri due capoluoghi di provincia.
Al Qaida è sempre attiva e fra il 7 e 11 ottobre le truppe afghane appoggiate dai corpi speciali americani hanno attaccato due campi di addestramento nella provincia di Kandahar. Una delle basi di Al Qaida si estendeva su 70 chilometri quadrati. Secondo il ministero dell'Interno a Kabul sono stati uccisi almeno 100 terroristi e feriti una cinquantina.
La minaccia peggiore arriva dallo Stato islamico del Khorasan, il tassello del Califfato in Afghanistan. Almeno 27 gruppi di talebani sono passati sotto le bandiere nere, che arruolano molti ceceni e uzbechi anche nell'Afghanistan occidentale dove si trovano ancora 700 italiani nella base di Herat. Il Califfo ha inviato una settantina di veterani dalla Siria e l'Iraq per guidare la battaglia in Afghanistan.

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07 giugno 2010 | Porta a Porta | reportage
Un servizio sulle guerre di pace degli italiani
Le “guerre” di pace degli italiani sono iniziate nel 1982, con la prima importante missione all’estero nel martoriato Libano, dopo il conflitto fra israeliani e palestinesi. Oggi sono quasi diecimila i soldati italiani impegnati nel mondo in venti paesi. Oltre alla baionette svolgiamo un apprezzato intervento umanitario a favore della popolazione. Dall’Africa, ai Balcani, al Medio Oriente, fino all’Afghanistan non sempre è una passeggiata per portare solo caramelle ai bambini. Nel 1991, durante la guerra del Golfo, un caccia bombardiere italiano è stato abbattuto dalla contraerea irachena. Il pilota Gianmarco Bellini ed il navigatore Maurizio Cocciolone sono rimasti per 45 giorni nelle cupe galere di Saddam Hussein. Quella in Somalia, è stata una missione sporca e dura, macchiata da casi isolati di torture e maltrattamenti. Al check point Pasta, a Mogadiscio, i paracadutisti della Folgore hanno combattuto la prima dura battaglia in terra d’Africa dopo la seconda guerra mondiale. Alla fine del conflitto etnico siamo intervenuti a pacificare la Bosnia. Per il Kosovo, nel 1999, l’aeronautica militare ha bombardato i serbi effettuando 3mila sortite. Una guerra aerea di cui non si poteva parlare per opportunità politiche. Dopo l’11 settembre i focolai di instabilità sono diventati sempre più insidiosi, dall’Iraq all’Afghanistan. Nel 2003, con la missione Antica Babilonia a Nassiryah, i nostri soldati sono rimasti coinvolti nelle battaglie dei ponti contro i miliziani sciiti. In sole 24 ore gli italiani hanno sparato centomila colpi. Siamo sbarcati di nuovo in Libano dopo il conflitto fra Israele ed Hezbollah, ma la nostra vera trincea è l’Afghanistan. Con i rinforzi previsti per l’estate arriveremo a 4mila uomini per garantire sicurezza nella parte occidentale del paese, grande come il Nord Italia, al confine con l’Iran. Herat, Bala Murghab, Farah, Bala Baluk, Bakwa, Shindad sono i nomi esotici e lontani dove fanti, alpini, paracadutisti combattono e muoiono in aspri scontri e imboscate con i talebani o attentati. Dal 1982, nelle nostre “guerre” di pace, sono caduti 103 soldati italiani.

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12 aprile 2010 | Porta a porta | reportage
Duello senza peli sulla lingua con Strada
Gioco sporco e tinto di giallo sulla sorte dei tre volontari italiani di Emergency in manette con l’accusa di essere coinvolti in un complotto talebano per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand. Opsiti di punta: il ministro degli Esteri Franco Frattini , Piero Fassino del Pd e Gino Strada, fondatore di Emergency

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18 maggio 2010 | Matrix | reportage
Morire per Kabul?
La guerra di pace dei soldati italiani, che non possiamo perdere. Nuove offensive, negoziati con i talebani e la speranza del disimpegno fra baruffe politiche e provocazioni. Una trasmissione difficile, mentre gli ultimi due alpini caduti stavano rientrando in patria.

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11 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Razzi contro l'avamposto dei marines
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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22 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Predator: gli occhi invisibili del contingente italiano
Afghanistan,un'estate in trincea.In prima linea con i soldati italiani

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11 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ A caccia dei razzi talebani
A caccia di mortai e razzi talebani che colpivano Tobruk, la base più avanzata dei paracadutisti italiani nella famigerata provincia di Farah. E’ questa la missione del 2° plotone Jolly guidato dal maresciallo Cristiano Nicolini, 35 anni, di Ancona. Si esce di notte con i visori notturni montati sull’elmetto che fanno sembrare il paesaggio afghano ancora più lunare di quello che è, con una tinta verdognola. Si va verso Shewan la roccaforte dei talebani, dove gli inosrti hanno scavato tunnel e cunicoli che collegano le case, le postazioni trincerate e spuntano a 300 metri dall’abitato in campo aperto. Come i vietcong. Un reticolo mortale per i parà che da queste parti hanno combattuto battaglie durissime. “Negli ultimi due mesi le trappole esplosive e le imbosctae sono aumentate fortmente, in vista delle elezioni” spiega il maresciallo Nicolini. Per il voto del 20 agosto che eleggerà il nuovo presidente afghano sono previsti 1089 seggi elettorali nel settore ovest del paese controllato dagli italiani. Almeno il 15% è a rischio. I seggi vengono ricavati in scuole e moschee ed i parà li hanno ispezionati tutti nell’ostica provincia di Farah. In alcuni casi neppure esistevano, in un villaggio gli afghani non avevano idea che ci fossero le elezioni e da altre parti non hanno trovato anima disposta a parlare del voto. La maggioranza dei seggi, però, sarà aperta con l’aiuto della Folgore. Fausto Biloslavo da base Tobruk, Afghanistan occidentale per Radio 24 Il Sole 24 ore

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13 novembre 2001 | Radio 24 Vivavoce | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Giornalisti al fronte/2
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Il ruolo dei giornalisti

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18 agosto 2010 | SBS | intervento
Afghanistan
Vittime civili e negoziati con i talebani
Dall’inizio dell’anno vengono uccisi in Afghanistan una media di 6 civili al giorno e 8 rimangono feriti a causa del conflitto. Lo sostiene Afghanistan rights monitor (Arm), che registra le vittime della guerra. Nel 2010 sono stati uccisi 1047 civili e altri 1500 feriti. Un incremento del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Oltre il 60% delle vittime civili sono responsabilità degli insorti (661), che secondo il rapporto di Arm “dimostrano scarso o nessun rispetto per la sicurezza e la protezione dei non combattenti”. Le trappole esplosive hanno ucciso fino ad oggi 282 civili, più di ogni altra minaccia seguito da 127 morti a causa degli attacchi suicidi. Le truppe della coalizione internazionale hanno ridotto considerevolmente le perdite provocate fra i civili grazie alle restrizioni imposte sugli interventi aerei. L’Arm sostiene che dall’inizio dell’anno 210 civili sono morti per colpa della Nato. Altri 108 sono stati uccisi dalle forze di sicurezza afghane. Lo scorso anno, secondo le Nazioni Unite, sono stati uccisi in Afghanistan 2.412 civili, il 14% in più rispetto al 2008. Però il 70% dei morti era responsabilità dei talebani. Non solo: le 596 vittime attribuite alle forze Nato e di Kabul segnano un calo del 28% rispetto al 2008. Un segnale che gli ordini ferrei del comando Nato in Afghanistan, tesi ad evitare perdite fra i civili, sono serviti a qualcosa. La propaganda talebana, però riesce a far credere in Afghanistan, ma pure nelle fragili opinioni pubbliche occidentali che i soldati della Nato sono i più cattivi o addirittura gli unici responsabili delle vittime civili a causa dei bombardamenti.

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