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23 aprile 2016 - Prima - Libia - Il Giornale
La flotta europea anti sbarchi? Non può combattere gli scafisti
Quando la missione navale europea entrerà nelle acque territoriali libiche per combattere i trafficanti di uomini non potrà respingere i barconi da dove sono partiti. In pratica rischiamo di portarci in Italia, profughi e clandestini, anche se li intercettiamo ad un passo dalla costa. Grazie ad una sentenza, che ha già condannato l'Italia per i respingimenti del 2009. Lo spauracchio è stato sollevato dall'avvocato Anton Giulio Lana, presidente dell' Unione forense per la tutela dei diritti umani, che in queste settimane si sta battendo contro il «muro» anti migranti del Brennero. Ieri al quotidiano inglese Times, il legale ha dichiarato senza mezzi termini: «Se respingeranno i migranti verso la Libia sarà una violazione della Convenzione europea sui diritti umani. Non ha importanza se avverrà in acque libiche». Oltre al danno rischiamo la doppia beffa. Ci sono problemi legali pure per arrestare gli scafisti ed i trafficanti o farli detenere e processare dai libici per lo scarso rispetto dei diritti umani e legali. Per ora la missione navale europea Eunavfor med, è solo una brutta copia di Mare nostrum grazie ai 12600 profughi e clandestini salvati in mezzo al mare, anche se non faceva parte dei compiti dell'operazione. La fase 2 bravo e 3 di ingresso nelle acque territoriali libiche e vera lotta ai trafficanti sulla costa ha di fronte un macigno legale, che potrebbe trasformala in «mission impossible». «Il problema è alla nostra massima attenzione. Il passaggio alla fase successiva di operazioni nelle acque libiche presuppone un invito del governo di Tripoli, appena insediato. In questo frangente dovranno essere sviscerate tutte le ripercussioni di carattere legale. Un aspetto che va risolto a livello politico» spiega una fonte ben informata della missione navale.
In acque internazionali l'Italia, per prima, ha scelto la strada dell'assoluto «non rispingimento». Nelle acque territoriali si sperava che accadesse il contrario, come auspica Londra, ma una sentenza europea ce lo vieta. Nel 2009 ben 200 somali ed eritrei, intercettati sui barconi a 35 miglia da Lampedusa, erano stati riportati al mittente e consegnati alle autorità libiche sotto il controllo, allora, di Muammar Gheddafi. L'operazione faceva parte del famoso trattato di amicizia italo-libico firmato dal governo Berlusconi ed il colonnello. La onlus Consiglio italiano per i rifugiati aveva rintracciato in Libia 24 respinti, che erano stati trattenuti e maltrattati per diversi mesi nei centri di detenzioni libici. L'avvocato Lana ed il suo collega Andrea Saccucci avevano fatto ricorso presso la Corte europea dei diritti dell'uomo, che nel 2012 ha condannato l'Italia e stabilito un risarcimento di 15mila euro a testa per 22 «respinti». In pratica il nostro paese avrebbe violato l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo: «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti». Ed ai tempi di Gheddafi la situazione per i migranti era più umana delle barbarie attuali. Non a caso Christopher Hein, portavoce del Consiglio dei rifugiati, ha dichiarato al Times che «sappiamo quale sia la terribile situazione delle carceri in Libia. Non è cambiata dal 2012».
Forse l'unica soluzione sarebbe di far riportare indietro i migranti alla guardia costiera libica, che al momento, però, non esiste come forza organizzata e spesso è in combutta con i trafficanti. 
Gli ostacoli legali non riguardano solo l'impossibilità di rimandare a terra i migranti, anche se vengono intercettai a mezzo miglio dalla costa libica, ma pure scafisti e trafficanti. «Il quadro legale si complica man mano che andiamo avanti con l'operazione, perchè sia in acque territoriali, che sul territorio libico oggi non c'è uno strumento legale che ci consente di arrestare gli scafisti» ha sostenuto il 4 febbraio, davanti alle Commissioni parlamentari riunite della Difesa, l'ammiraglio Enrico Credendino. In un rapporto riservato alla Ue, il comandante italiano della flotta europea, ha ammesso che «senza un accordo» con il governo dell'Onu, che si sta insediando fra mille difficoltà a Tripoli, «saremo costretti a rilasciare i contrabbandieri sospetti fermati in acque territoriali libiche, con la conseguente perdita di credibilità dell'operazione sui media e nell'opinione pubblica».

video
26 marzo 2011 | Studio Aperto | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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24 marzo 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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12 marzo 2016 | Tgcom24 | reportage
Bugie e reticenze sugli ostaggi ammazzati
Molti politici nostrani hanno fatto ancora una volta una figura meschina. Gli stessi che giocano al tiro al bersaglio con il regime egiziano sul caso Regeni difendono a spada tratta il governo italiano, che qualche peso sulla coscienza dovrebbe averlo per come è andata a finire la storia degli ostaggi. Nel caso di Failla e Piano non risulta che abbiano sollevato il problema dell’avallo del governo Renzi al raid americano a Sabrata, che ha rotto l’equilibrio locale facendo rischiare la pelle a tutti gli ostaggi, anche i due tornati a casa. E soprattutto provocando una reazione a catena sfociata nella morte di Failla e Piano. Non c’è da stupirsi se gli stessi giornaloni, che puntano, non a torto, il dito contro il presidente egiziano Al Sisi, non fanno lo stesso con Renzi chiedendo lumi sul fatto che lui ed il capo dello Stato erano informati del raid Usa, che ha dato inizio al disastro degli ostaggi di Sabrata. E non abbiano alzato un dito almeno per rinviare l’attacco. Ancora più disarmante la reticenza della politica e del governo sul ruolo jihadista dei tunisini delle bandiere nere vissuti pure da noi, nel rapimento degli ostaggi italiani.

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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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02 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Una nube nera su tutta Tripoli

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22 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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18 marzo 2011 | Radio Capodistria | intervento
Libia
IL vaso di pandora
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06 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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