image
Fatti
28 dicembre 2016 - Copertina - Terrorismo - Panorama
“Temo che i camion-bomba non si fermeranno a Berlino”
L’attacco di Natale a Berlino, l’attentato all’ambasciatore russo in Turchia e le minacce del terrore per l’Italia visti con gli occhi del generale Mario Mori. L’ex capo dei servizi segreti (Sisde) e fondatore del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri ha appena pubblicato il suo ultimo libro, Oltre il terrorismo (editore G-Risk, 256 pagine, 19,90 euro), un saggio su come sconfiggere le «bandiere nere» e cosa succederà dopo il Califfato.
Generale, l’attentato al mercatino di Natale di Berlino è una rappresaglia per le sconfitte dell’Isis in Siria e Iraq?
È una nuova tecnica operativa inaugurata a Nizza, difficilmente prevedibile, che non si fermerà a Berlino. Nell’estate 2015 è stato arrestato in Germania Harry Sarfo, un convertito tedesco: è stato un «foreign fighter» in Siria, dov’è stato reclutato dallo Stato islamico e poi rispedito in Europa per aiutare chi lavora alla strategia del terrore, come l’attentatore pachistano di Berlino. Sarfo si è «pentito» e ha rivelato l’esistenza di un piano d’infiltrazione in Europa.
Esistono cellule anche in Italia?
Esistono sicuramente in diversi Paesi europei. Il pentito ha spiegato che Mohammed Al Adnani, fondatore dell’Emni, il servizio segreto dello Stato islamico (e ucciso da un drone americano il 30 agosto ad Aleppo, ndr), selezionava i migliori «foreign fighter» a seconda della provenienza e della conoscenza di lingua, usi e costumi per poi rimandarli nella loro nazione di partenza.
Ma in Italia la minaccia esiste?
È molto difficile che qui possa venire scatenato un attacco multiplo in stile Bataclan, ma non si può escludere un attentato nel mucchio, a bordo di mezzi pesanti, come a Nizza e Berlino.
La7 ha mandato in onda un nuovo video da Raqqa, la «capitale» del Califfo in Siria: si intitola Devi combatterli, in italiano, e per la prima volta ha i sottotitoli nella nostra lingua. È il segnale di un attacco?
Rientra nell’impostazione strategica del Califfato, che vuole imporre soggezione al mondo occidentale. L’obiettivo è quello di farci disimpegnare dal teatro iracheno e siriano. Dal loro punto di vista, l’Italia fa sempre parte dell’alleanza dei «crociati» e per di più ospitiamo il Papa. Per questo siamo nel mirino.
Nel nostro Paese i processi per terrorismo islamico vanno spesso
a finire in nulla. Come è possibile?
Molte inchieste partono già «morte», con il presupposto del fallimento giuridico. C’è però la soluzione alternativa: l’espulsione dello straniero pericoloso da parte del Viminale. Forse non è molto «democratico», ma bisogna difendersi in una maniera o nell’altra.
Negli ultimi attentati compiuti o sventati in Germania il terrorista
è quasi sempre un migrante che chiedeva asilo. Che cosa ne pensa?
La Germania ha una fortissima presenza turca e lo scorso anno è arrivato un milione di rifugiati, per la maggioranza islamici. Un importante bacino di reclutamento e manovalanza per
il terrorismo.
Le intelligence europee temono che ben presto gli jihadisti colpiranno ancora con auto-bomba. È d’accordo?
Teoricamente possono provarci, ma l’operazione comporta tempi lunghi e difficoltà nel reperire e trasportare l’esplosivo. In Italia terroristi fai-da-te hanno tentato con le bombole del gas danneggiando solo se stessi, ma potrebbe essere un sistema più semplice.
Come è possibile che sia stato così facile uccidere l’ambasciatore russo ad Ankara?
Purtroppo per un poliziotto era abbastanza facile arrivare a tiro del diplomatico, e credo potrebbe succedere anche da noi. Il problema è che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha accentuato la matrice islamica del Paese. La vicenda di Aleppo è stata vissuta in Turchia come un attacco alla propria identità. Questo ha provocato l’attentato. Erdogan ne esce indebolito perché non controlla il paese e le forze di sicurezza.
Come reagirà Mosca all’assassinio del suo diplomatico?
Per assurdo questa grave perdita è un assist per Vladimir Putin, che adesso è in posizione di forza rispetto a Erdogan, soprattutto sul dossier siriano.
Quali sono «le soluzioni alla minaccia del secolo», come recita il sottotitolo del suo ultimo libro Oltre il terrorismo?
Il mondo occidentale e il terrorismo islamico stanno combattendo una guerra asimmetrica. In guerra vince chi prende l’iniziativa e la mantiene. Se vogliamo risolvere il problema, dobbiamo farlo senza mezze misure.
Il Califfato, però, sta perdendo le sue roccaforti. Non si sta indebolendo?
L’Isis finirà, prima o poi, e un drone cancellerà Abu Bakr Al Baghdadi. Però l’autonominato Califfo ha acceso un fuoco che non si estinguerà nemmeno con la sua morte: ha impresso al mondo arabo una spinta revanscista, vagheggiando il ritorno ai fasti dell’antico Califfato. Per farla finita bisogna intimare ad alcune nazioni, come Arabia Saudita e Qatar, di smetterla di sovvenzionare il terrorismo.
Nel 2017 sconfiggeremo finalmente lo Stato islamico?
Direi di sì, a patto che non ci accendano nuovi conflitti regionali scuotendo gli interessi delle potenze globali, e che questo distolga l’attenzione. In Siria e Iraq la fiammata dell’Isis è destinata a spegnersi, ma bisogna fare grande attenzione che non si riaccenda da qualche altra parte.

radio

04 maggio 2010 | Spazio Radio | intervento
Terrorismo
Tutti i nemici dell'America
Rivoluzionari islamici nati su internet, terroristi della guerra santa fai da te, con qualche vacanza del terrore alle spalle in Pakistan, Yemen, Somalia o estremisti di destra sono i principali sospettati del fallito attentato a New York.

play

[altri collegamenti radio]