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Articolo
03 febbraio 2017 - Prima - Italia - Il Giornale |
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Foibe, i vertici dello Stato disertano il giorno del ricordo |
Il Quirinale snobba il giorno del ricordo per la tragedia dell\\\'esodo e delle foibe? Per di più nell\\\'occasione dei 70 anni dalla firma del trattato di pace del 1947, che ha mutilato l\\\'Italia dell\\\'Istria e della Dalmazia. Il 10 febbraio alla foiba di Basovizza, unico monumento nazionale (...) (...) del genere, sul Carso vicino a Trieste, non ci sarà il capo dello Stato, Sergio Mattarella e nemmeno il presidente del Senato, che avrebbe dovuto sostituirlo degnamente. Pietro Grasso ha dato forfait tre giorni fa, dopo che la visita era stata annunciata sui media locali, anche se è stato sempre vicino al dramma degli istriani, fiumani e dalmati. «Abbiamo verificato la fattibilità e il presidente non riesce ad essere presente alla foiba di Basovizza e alla cerimonia solenne alla Camera a Roma, dove ci sarà» spiega al Giornale il portavoce Alessio Pasquini. La stragrande maggioranza degli esuli ancora non lo sa ed i superstiti della fuga davanti alla violenza titina alla fine della Seconda guerra mondiale non la prenderanno bene. Soprattutto tenendo conto che al prossimo anniversario con un numero tondo, del 2027, in molti non ci saranno più per motivi anagrafici. Proprio su questo aspetto puntavano le associazioni degli esuli e la Regione Friuli-Venezia, governata dalla stellina Pd Debora Serracchiani, che aveva invitato Mattarella. Duecento lettere di protesta sono state recapitate al Quirinale. Anche il Comune di Trieste, guidato da poco dal sindaco di centrodestra Roberto di Piazza, ci teneva molto alla presenza di almeno una delle più alte cariche istituzionali. «Siamo incavolati neri. Ci trattano come vittime di serie B» fa sapere un rappresentante degli esuli, che si occupa dell\\\'organizzazione del 10 febbraio. A novembre il Quirinale ha risposto agli esuli che il presidente ha un impegno a Madrid, proprio il 10 febbraio, all\\\'importantissimo simposio Cotec (che nessuno conosce) sull\\\'«innovazione per un\\\'economia circolare in Europa». Guarda caso Mattarella era all\\\'estero anche il 10 febbraio dello scorso anno. Gli esuli hanno proposto il 9 febbraio oppure l\\\'8, ma non c\\\'è stato verso. Però il 9 Mattarella sarà a Torino per i 150 anni del quotidiano La Stampa. Per tappare il buco è spuntata l\\\'idea di farsi sostituire dal presidente del Senato. E sono cominciate le prime stranezze. Grasso, che era già venuto in visita alla foiba di Basovizza due anni fa, non voleva pronunciare alcun discorso. E secondo le disposizioni arrivate dalla prefettura triestina il 26 gennaio avrebbe deposto la corona del capo dello Stato e consegnato le medaglie della giornata del ricordo ai parenti degli infoibati prima della cerimonia ufficiale. Poi era previsto un breve incontro nel centro informativo presso la foiba coi rappresentanti delle associazioni degli esuli. Un basso profilo, ma sempre meglio che niente. Il 30 gennaio arriva la doccia gelata dal Comune di Trieste via posta elettronica: «A seguito di informazioni acquisite dalla prefettura comunichiamo che la visita del presidente del Senato è stata annullata». La questura conferma al Giornale che mercoledì sera è giunto il definitivo contrordine non ancora reso pubblico. Il bello è che funzionari del cerimoniale da Roma erano arrivati a Trieste due volte, anche negli ultimi tempi, per i sopralluoghi sulla foiba. Grasso almeno sarà alla Camera, ma il 10 febbraio il presidente Mattarella parteciperà al poco conosciuto simposio economico di Madrid, più importante del ricordo dell\\\'esodo e delle foibe sul luogo dei massacri. Fausto Biloslavo |
[continua] |
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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
Conosciamoci
Giornalismo di guerra e altro.
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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo
TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul.
Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia.
Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica.
“Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia.
Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”.
In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto.
Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”.
Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.
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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare
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20 giugno 2017 | WDR | intervento |
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.
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