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Articolo
05 aprile 2017 - Attualità - Italia - Il Giornale
Il concorso per scoprire giovani reporter
Fausto Biloslavo
Quando portavo i calzoni corti e sognavo i reportage in giro per il mondo, sui banchi di scuola del Nautico di Trieste, immaginavo solo di rincorrere l\'avventura, se possibile sbarcare il lunario e raccontare le guerre. Da giovane free lance, senza né arte, né parte, appariva come una missione impossibile. Passione, testardaggine e tanta voglia di scrivere, fotografare, filmare hanno reso possibile questo sogno assieme ad altri due triestini innamorati dei reportage di guerra, Almerigo Grilz e Gian Micalessin.
Fra le tante porte a cui abbiamo bussato quando eravamo alle prime armi, poche si sono aperte, soprattutto in Italia. Una di queste è stata la redazione di via Negri de il Giornale ai tempi di Indro Montanelli. Fra un disco e l\'altro del Wiskey go go, dove mi guadagnavo il pane come dj, avevo divorato le pagine di Morire per Kabul, un libro di Lucio Lami, inviato di guerra del Giornale in Afghanistan appena invaso dai sovietici. Lucio ci aveva accolto in redazione squadrandoci come una piccola banda di giovani pazzi. Però non aveva lesinato consigli e qualche contatto augurandoci «in bocca al lupo». Niente di speciale, ma un prezioso incoraggiamento, che ci ha portato nel 1983 in Afghanistan e due anni dopo in Angola assieme a Lucio a raccontare una delle guerre dimenticate di allora. Grazie a quell\'inizio rocambolesco, dopo tre decenni continuo a raccontare i conflitti.
Per questo mi sta a cuore il Reporter day, che lanciamo oggi, con l\'obiettivo di fare emergere i giovani appassionati di questo mestiere, duro, difficile, pericoloso, ma affascinante. Un\'idea de Gli occhi della guerra, che dal 2014, grazie al sostegno dei lettori, ci ha permesso di realizzare decine di reportage in giro per il mondo. Non solo sui fronti più tosti in Siria, Libia, Irak e Afghanistan, ma in ogni angolo di mondo dove ci sia una storia che valga la pena raccontare e che magari i grandi media snobbano.
Per farlo c\'è bisogno di giovani appassionati, ma con la testa sulle spalle, che raccolgano la sfida dei reportage di qualità. Il Reporter day cerca giornalisti, fotografi, video maker di talento, che prima dei soldi siano innamorati di questo mestiere. Per partecipare alla selezione basta compilare un form all\'indirizzo www.gliocchidellaguerra.it/reporterday2017. E dare uno sguardo al video di presentazione, che ti porta nei conflitti di oggi. Nessuno è Superman, ma credo ancora che valga la pena andare in prima linea a raccontare le guerre. E ci credono i nostri lettori, che continuano a sostenerci con ammirevole slancio.
Gli occhi della guerra giudicheranno i lavori senza sconti, ma con serietà professionale. E il premio per il progetto di reportage migliore sarà la realizzazione sul campo e la sua pubblicazione. Il 22 e 23 giugno le porte del Giornale saranno aperte, per i giovani che si metteranno in gioco con il Reporter day, come ai vecchi tempi delle guerre dimenticate in Afghanistan e in Angola.
[continua]

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10 giugno 2008 | Emittente privata TCA | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /2
Negli anni 80 lo portava in giro per Milano sulla sua 500, scrive Panorama. Adesso, da ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha voluto visitare a Bolzano la mostra fotografica Gli occhi della guerra, dedicata alla sua memoria. Almerigo Grilz, triestino, ex dirigente missino, fu il primo giornalista italiano ucciso dopo la Seconda guerra mondiale, mentre filmava uno scontro fra ribelli e governativi in Mozambico nell’87. La mostra, organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, espone anche i reportage di altri due giornalisti triestini: Gian Micalessin e Fausto Biloslavo.

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli


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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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