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Articolo
21 aprile 2017 - Attualità - Libia - Il Giornale |
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“Ricatti e costi gonfiati Vi racconto la verità sulla flotta buonista” |
Ong che «salvano» i migranti in mare gonfiando i costi delle operazioni, preti che ricattano la Marina militare per far recuperare i passeggeri dei barconi, per non parlare di profughi e clandestini portati a forza dai trafficanti sulle navi delle organizzazioni umanitarie vicine alle coste libiche. «Su alcune Ong ho forti dubbi», spiega al Giornale un ammiraglio, che fino allo scorso anno era in prima linea sul fronte dell\'immigrazione via barconi nel Mediterraneo centrale. Un atto di accusa in cambio dell\'anonimato, che riguarda le organizzazioni umanitarie più ambigue come la Moas (Migrant offshore aid station) con base a Malta e fondata da una coppia di miliardari italo americana Chris Catrambone e sua moglie Regina. «Il bilancio della Moas è gonfiato. Avevano riportato il costo di un milione di euro al mese per un drone ad ala rotante quando a noi della Marina militare un elicottero costava la metà - spiega l\'alto ufficiale che ha concluso il servizio da poco - I loro migliaia di sostenitori saranno pure in buona fede, ma secondo me l\'operazione è diventata un business. E c\'è chi spera che il flusso dei migranti non si fermi». All\'inizio dell\'ondata dei barconi verso l\'Italia la Moas aveva assoldato Martin Xuereb, ex capo di stato maggiore maltese, che presentò l\'Ong anche alla Difesa a Roma. «E sono stati contattati pure alti ufficiali di Marina italiani in pensione per collaborare» rivela l\'ammiraglio. L\'agenzia europea Frontex ha rivelato che nei primi mesi di quest\'anno le Ong con la loro flotta di una quindicina di navi starebbero superando il 50% dei recuperi in mare dei migranti. «Gli scafisti chiamano con il satellitare Thuraya il centro di Roma della Capitaneria di porto, che poi controlla quali sono le navi nell\'area - spiega l\'ex alto ufficiale - Se la più vicina è delle Ong la allertano per il soccorso». I trafficanti di uomini non solo mandano i barconi verso la flottiglia buonista, ma talvolta li fanno salire a bordo a forza. «Con la Marina non osano perché siamo armati. Le navi delle Ong no - spiega la fonte del Giornale - I trafficanti arrivano sotto bordo e fanno salire i migranti. E poi si portano via i barconi vuoti per riutilizzarli». Un altro aspetto, che nessuno osa scandagliare, è se la spinta solidale di determinati personaggi eletti a simbolo buonista dell\'immigrazione nasconda interessi politici o altro. «Abbiamo sempre avuto sospetti che pure gente con l\'abito talare non si prodigasse così tanto solo per missione caritatevole - racconta l\'ammiraglio non più in servizio attivo - Ci chiamavano segnalando l\'arrivo dei barconi sottolineando che stavano registrando la telefonata. Una specie di ricatto. Penso che per certi personaggi salvare i migranti sia diventata una professione». Il riferimento riguarda casi emblematici come quello di padre Mussie Zerai, che si crede Mosè. A tal punto che ha intitolato il suo libro uscito in gennaio Padre Mosè - Nel viaggio della disperazione il suo numero di telefono è l\'ultima speranza. Don Zerai si vanta di aiutare i migranti ad arrivare in Italia da 15 anni. Però, recentemente, è stato trasferito da Roma nella parrocchia svizzera di Friburgo. Eritreo, di origine, è diventato sacerdote nel 2010. Grazie alla sua onlus Habeshia ha fondato Watch the Med, portale telefonico europeo attivo via web per aiutare chi vuole arrivare da noi sui barconi. Guarda caso il portale è nato grazie alla campagna internazionale Boat4people, che ha come aderenti l\'Arci, l\'associazione della sinistra italiana. |
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21 settembre 2017 | Matrix | reportage
Migranti in gabbia
Per i migranti la Libia è un inferno. In 7000 sono detenuti nei centri del ministero dell’Interno in condizioni impossibili.
L’Onu e le Ong, che denunciano le condizioni miserevoli, dovrebbero parlare di meno e fare di più prendendo in mano i centri per alzarne il livello di umanità.
E non utilizzare le condizioni di questi disgraziati come grimaldello per riaprire il flusso di migranti verso l’Italia.
Non solo: Tutti i dannati che vedete vogliono tornare a casa, ma i rimpatri, organizzati da un’agenzia dell’Onu, vanno a rilento perché mancano soldi e uomini.
E chi ce la fa esulta come si vede in questo video dei nigeriani che tornano in patria girato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Dietro le sbarre a Tripoli un migrante ci mostra i segni di percosse e maltrattamenti. Nel centro di detenzione di Triq al-Siqqa, il più grande della capitale libica, ci sono anche le donne, intercettate prima di raggiungere l’Italia, con i loro bambini nati nei cameroni, che protestano con le guardie per il cibo pessimo ed insufficiente.
Il responsabile del centro di Triq al-Siqqa si scaglia contro l’Europa e parla di “visite dei ministri degli esteri di Germania, Inghilterra, delegazioni italiane…. tanto inchiostro sui documenti, ma poi non cambia nulla, gli aiuti sono minimi”.
Ogni giorno arrivano al centro nuovi migranti fermati in mare, che ci provano ancora a raggiungere l’Italia. In Libia sono bloccate fra mezzo milione e 800mila persone, in gran parte vessate dai trafficanti, che attraggono le donne come Gwasa dicendo che in Italia i migranti “hanno privilegi, rifugio e cibo”.
In agosto le partenze sono crollate dell’86% grazie ad un accordo con le milizie che prima proteggevano i trafficanti.
Nei capannoni-celle di Garyan i migranti mostrano i foglietti di registrazioni delle loro ambasciate per i rimpatri, ma devono attendere mesi o anche un anno mangiando improbabile maccheroni. E non sono solo musulmani.
Nel centro di detenzione costruito dagli italiani ai tempi di Gheddafi i dannati dell’inferno libico invocano una sola parola: “Libertà, libertà”.
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20 marzo 2011 | Tg5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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09 aprile 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento |
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.
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09 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento |
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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02 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Una nube nera su tutta Tripoli
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