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12 ottobre 2017 - Attualità - Italia - Il Giornale
Il prete dei soldati di Nassirya “I vescovi? Vadano in guerra”
P adre Mariano è cappellano militare dei francescani, una leggenda fin dai tempi della strage di Nassiriya. Nei giorni scorsi ha preso carta e penna per schierarsi contro i vescovi pacifisti, che vedono come fumo negli occhi Papa Giovanni patrono dell\'esercito. Ieri, per la prima volta, nella basilica di Aracoeli a Roma è stata celebrata una messa in nome di Giovanni XXIII, santo protettore dei nostri soldati alla presenza di tutte le alte cariche militari. La celebrazione solenne avrebbe dovuto tenersi in San Pietro con il Papa, ma la levata di scudi di un «esercito» di vescovi talebani del pacifismo ha imposto il basso profilo. A fine settembre una lettera-appello, senza se e senza ma, che ha come primo firmatario il presidente di Pax Christi, monsignor Giovanni Ricchiuti chiedeva con forza di rivedere la proclamazione di «Papa Giovanni XXIII patrono dell\'Esercito italiano (...) Siamo infatti convinti che la vita e le opere del Santo Papa non possano essere associate alle forze armate».
Roncalli ha vissuto gli orrori della prima guerra mondiale come tenente di sanità e cappellano militare. Nel corso del suo mandato si è sempre prodigato per la pace scrivendo un\'enciclica a riguardo. Proprio per questo è il giusto patrono dell\'esercito, come spiega fratello Mariano Asunis «Papa Giovanni non poteva non scrivere la Pacem in terris in cui si dichiara per la pace non per il pacifismo». Il leggendario cappellano militare il primo ottobre ha indirizzato una decisa lettera a monsignor Ricchiuti, che ha dato il via alla levata di scudi contro papa Giovanni santo delle Forze armate. La missiva è stata inviata per conoscenza al cardinale Gualtiero Bassetti presidente della Conferenza episcopale italiana ed altri prelati di rango. «Signor Vescovo, ero a Nassiriya, cappellano degli italiani in operazione di peacekeeping, quando ci fu l\'attentato in cui rimasero vittime ben 19 militari - scrive fratello Mariano - Raccolsi le salme, le composi come si poteva. Chi erano questi caduti? Il Concilio li ha definiti ministri della sicurezza e della libertà dei popoli, che se rettamente compiono il proprio dovere concorrono veramente alla stabilità della pace». Il francescano attacca il presidente di Pax Christi sostenendo che «nella Sua lettera dichiara che è roba da matti pensare che Papa Giovanni possa essere patrono, cioè protettore di questi uomini».
Fratello Mariano è stato al fianco dei nostri soldati anche in Bosnia Erzegovina ed in Kosovo. «A Sarajevo fummo noi e io c\'ero, con le truppe dell\'Onu a fermare il conflitto tra i fratelli che si uccidevano - scrive il cappellano militare - Portammo la pace con la forza, che col tempo si è stabilizzata sotto la nostra attenta vigilanza». Fratello Mariano aggiunge giustamente che «la guerra è una cosa seria, nessuno più dei soldati sa cosa sia. La pace è una cosa cara e ogni militare sa quanto costi». E denuncia, rivolgendosi al vescovo Ricchiuti, le pressioni per la linea degli ultrà pacifisti spiegando «come certe persone vengono torturate a suon di telefonate perchè sottoscrivano lettere insignificanti come la Sua».
Poi lancia un guanto di sfida. «Perché l\'Eccellenza Vostra Reverendissima non ha organizzato una carovana della pace (...) per recarsi in Siria, a Palmira ad Homs, nella periferia di Aleppo a fermare l\'Isis» scrive il francescano. «Io andai a Sarajevo, andai a Nassiriya, andai in Afghanistan (...) Dov\'era Vostra Eccellenza? - si chiede il francescano nella lettera - La carovana della pace in Siria potrebbe essere composta da tutti quegli eccellentissimi vescovi che hanno firmato la sua lettera contro la nomina di Roncalli a patrono dell\'esercito». 
La stoccata finale non è da poco: «Credo, che tanto Vostra Eccellenza reverendissima come i Suoi eccellentissimi confratelli abbiate conosciuto la guerra solo per aver fatto la battaglia navale durante le ore di filosofia...».
[continua]

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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10 giugno 2008 | Emittente privata TCA | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /2
Negli anni 80 lo portava in giro per Milano sulla sua 500, scrive Panorama. Adesso, da ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha voluto visitare a Bolzano la mostra fotografica Gli occhi della guerra, dedicata alla sua memoria. Almerigo Grilz, triestino, ex dirigente missino, fu il primo giornalista italiano ucciso dopo la Seconda guerra mondiale, mentre filmava uno scontro fra ribelli e governativi in Mozambico nell’87. La mostra, organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, espone anche i reportage di altri due giornalisti triestini: Gian Micalessin e Fausto Biloslavo.

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29 dicembre 2011 | SkyTG24 | reportage
Almerigo ricordato 25 anni dopo
Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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