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Articolo
27 dicembre 2017 - Prima - Italia - Il Giornale |
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I razzisti dello ius soli: “Fascista chi è contrario” |
U n tweet di Unicef Italia che bolla come «idiota» e «fascista» chi è contro la legge sullo ius soli. E la caccia alle streghe che sta nascendo in rete sui senatori assenti, che hanno affondato la norma sulla cittadinanza in questa legislatura. Un circuito collegato ai firmatari della lettera aperta al capo dello Stato per rimandare lo scioglimento delle Camere, che dimostra tutto l\\\'estremismo di chi si pone come paladino buonista contro razzismo e xenofobia. La vigilia di Natale sul sito ufficiale di Unicef Italia appare un tweet, che assomiglia di più a quello di una fazione che all\\\'agenzia dell\\\'Onu in difesa dei bambini. In riposta a delle critiche pesanti contro lo ius soli gli umanitari rispondono: «Ah sei di quelli che usano nomi stranieri e bio in inglese ma non tollerano che ragazzini nati in Italia che parlano italiano siano considerati italiani» con aggiunti gli hashtag «idiot» e «fascist». In rete si scatena una valanga di polemiche. Il portavoce dell\\\'agenzia dell\\\'Onu è Andrea Iacomini, che faceva lo stesso lavoro ad un assessorato della seconda giunta capitolina del sindaco Walter Veltroni. Per 20 anni impegnato in politica era diventato segretario giovanile del Partito popolare. Candidato per l\\\'Ulivo, in quota Margherita, nelle elezioni comunali di Roma del 2006 non è stato eletto per un soffio. Lo scorso anno non escludeva in un\\\'intervista di rituffarsi in politica. Nel frattempo fa il portavoce di Unicef, sempre molto schierato pro ius soli, che dovrebbe avere anche la responsabilità delle uscite su twitter dell\\\'agenzia dell\\\'Onu. Secondo Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato di Forza Italia, «Iacomini insulta il Parlamento perché non ha varato la legge sullo ius soli. Chieda scusa». Massimiliano Fedriga, capogruppo della Lega alla Camera, sottolinea: «Si dimetta. Siamo stanchi di subire la retorica antifascista da chi si comporta da fascista». Dopo una giornata di polemiche Unicef ritwitta ammettendo in parte la gaffe: «Un troll ha usato l\\\'epiteto idiota contro di noi fino a quando, vistoselo restituire (caduta di stile, lo ammettiamo) è corso dal giornalista amico. () #Stoppiagnisteo». Unicef e Iacomini, esperto blogger, sanno bene che si possono bloccare i troll e chi insulta sui social. E in ogni caso la mezza marcia indietro conferma che i critici dello ius soli sono «#fascist». Stessa linea imbarazzante adottata nella lettera degli «Italiani senza cittadinanza» al presidente Sergio Mattarella per non sciogliere le Camere prima di avere approvato lo ius soli. «Talvolta le autorità di un Paese democratico sono chiamate dalla Storia a promuovere leggi che possono apparire divisive - scrivono - ma che in realtà sono necessarie a potenziare gli anticorpi e a creare argini contro la deriva di forze antidemocratiche e destabilizzanti. Non lasciateci soli ancora una volta». In pratica i rappresentanti degli italiani in Parlamento l\\\'hanno affossata, ma la norma va approvata lo stesso perché i contrari rappresentano un pericolo antidemocratico e destabilizzante. Ovvero sono «fascisti» come scrive l\\\'Unicef. Curioso che una lista dal sapore della proscrizione sia finita sul gruppo Facebook «la rete G2-Seconde generazioni», attivisti pro ius soli collegati proprio agli «Italiani senza cittadinanza». Ieri Mohamed Abdallah Tailmoun si chiedeva in un post: «Ma si sanno i nomi dei senatori Pd e Mdp assenti in aula al Senato il 22 dicembre?», che hanno provocato l\\\'affossamento della legge. Poco dopo Said Lahaine, profilo falso, pubblicava la lista «nera» dei 29 senatori Pd, 3 di Articolo 1 e Corradino Mineo del Gruppo misto. I più noti sono il ministro dell\\\'Interno Marco Minniti, della Difesa Roberta Pinotti, ma pure Sergio Zavoli, Nicola Latorre e Felice Casson. E giù commenti da caccia alle streghe dei democratici buonisti dello ius soli: «Che schifo», «Lol» e «tutti a casa» e «ce ne sono altri?», riferendosi ai 5 stelle. |
[continua] |
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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni.
Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra.
Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti.
Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti.
Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata».
Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.
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30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo
TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita.
Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”.
Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”.
Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni.
Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.
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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra
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radio

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20 giugno 2017 | WDR | intervento |
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.
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