
|
Scenari Italia
22 marzo 2018 - Interni - Italia - Panorama |
|
| Caso Marò: “Le nostre vite nel girone dei dimenticati” |
Quando ci sarà un nuovo governo (il quinto per la nostra causa) auspichiamo che tenga in considerazione tra le priorità anche il caso dei marò» dichiara a Panorama Vania Ardito, la moglie del fuciliere di Marina Salvatore Girone. Assieme a Massimiliano Latorre, i due marò, ancora intrappolati nell’odissea indiana, sono stati dimenticati dalla politica, i media e in parte dall’opinione pubblica. La signora Girone ha postato su Facebook uno sfogo sei anni dopo la morte di due pescatori indiani in alto mare e l’arresto dei marò, che si sono sempre dichiarati innocenti. «Noi restiamo fermi ancora al 15 febbraio 2012, quando questa brutta storia ebbe inizio» ha scritto sul social. «Sono trascorsi sei anni con dignità, dolore e libertà personale limitata e vincolata da una grande ingiustizia…». E con Panorama aggiunge: «Durante questi anni sono stati fatti tanti passi in avanti e purtroppo anche indietro. Dal 2012 nella nostra famiglia, ogni giorno si torna a parlare di India».
Di fronte alla politica e ai giornali, che sembrano avere scordato i marò, la moglie di Girone spera che non si «sottovaluti la delicatezza del caso che attende ancora sviluppi importanti. Per questo ci auguriamo che nessuno lo dimentichi».
Una volta rientrati in patria, fra il 2015 e 2016 è calata una cappa di silenzio su Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. India e Italia si sono affidate a un arbitrato internazionale, ma il braccio di ferro continua. L’intricata vicenda è passata a una Corte ad hoc a L’Aja, che ha tempi biblici. Dall’ultima ordinanza, la numero 4 del 12 febbraio, firmata dal presidente, il giudice russo Vladimir Golitsyn, si scopre che gli indiani hanno presentato ulteriori «66 testimonianze e 133 documenti aggiuntivi» per sostenere la richiesta di processare i marò a Delhi. Il governo indiano continua a dimostrarsi aggressivo nel contenzioso dell’arbitrato. E l’Italia ha risposto il 9 marzo con l’ennesima memoria, che si basa sulla giurisdizione italiana oltre all’immunità funzionale dei fucilieri di Marina.
Da Roma, una fonte governativa, getta acqua sul fuoco e assicura «che si tratta di un gioco delle parti. Non c’è niente di nuovo nelle testimonianze e documenti aggiuntivi presentati dagli indiani». L’udienza finale, che si sperava potesse tenersi a marzo, è prevista nel prossimo autunno, secondo la Farnesina. Curioso che proprio in marzo cade il settantesimo anniversario dei rapporti diplomatici fra Italia e India con tanto di logo celebrativo presentato a Delhi, lo scorso ottobre, in occasione della visita del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Una visita che ha sancito il disgelo nelle relazioni bilaterali dopo la crisi innescata dal caso marò. E ha portato alla firma di sei accordi in vari campi con il premier indiano nazionalista Narendra Modi. Gentiloni nell’occasione ha sostenuto: «Penso che il problema, che creava difficoltà tra i due Paesi, sia superato».
L’aggressività indiana alla corte arbitrale sembra dimostrare il contrario e non tranquillizza le famiglie dei marò. «Da moglie posso solo dire che se la Corte dovesse decidere per un processo in India sarà un problema enorme» spiega Vania Ardito a Panorama. «Si tratterebbe di un’evoluzione del caso molto negativa da evitare. Ad ogni modo mi auguro che ciò non avvenga mai».
Il marito è impiegato presso la capitaneria di porto a Bari, sostiene la consorte. «Si dedica ai figli, alla nostra casa, alla famiglia in generale» e spera che i tempi indicati «dal tribunale arbitrale vengano rispettati, che non si ricominci con la lunga trafila dei rinvii». Latorre, l’altro marò coinvolto, è in servizio presso la segretaria del capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano. L’obbligo per entrambi è di non lasciare il Paese. Ogni mese devono andare a firmare, in un commissariato di polizia, la loro presenza.
Se la politica e l’informazione hanno dimenticato il caso marò, la solidarietà degli italiani è «l’unico aspetto positivo di questa vicenda. Spesso, per non dire quasi tutti i giorni, incontriamo persone che ci esprimono vicinanza e stima. È sempre stato il nostro punto di forza».
Sei anni dopo, l’odissea giudiziaria sembra non finire mai. «È evidente che la nostra libertà personale sia tutt’oggi vincolata, senza dimenticare che in passato la dignità dei fucilieri di Marina è stata umiliata» sottolinea la moglie del marò. «Credo che sia naturale e umano sentirsi mortificati. Intanto non ci resta che continuare ad attendere gli sviluppi della corte internazionale con le dita incrociate».
(Fausto Biloslavo) |
| |
|
video
|
|
|
26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.
|
|
|
|
|
14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo
TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul.
Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia.
Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica.
“Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia.
Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”.
In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto.
Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”.
Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.
|
|
|
|
|
05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachistana, in coma dopo le sprangate del fratello, non voleva sposarsi con un cugino in Pakistan.
Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucciso a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schierata a fianco della figlia. Se Nosheen avesse chinato la testa il marito, scelto nella cerchia familiare, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Italia.
La piaga dei matrimoni combinati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adolescenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il business della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro.
Non capita solo nelle comunità musulmane come quelle pachistana, marocchina o egiziana, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a parte.
|
|
|
|
radio

|
06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento |
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra
|

|
15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento |
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale
Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio
|
|
|
|
|