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03 aprile 2019 - Esteri - Afghanistan - Panorama
Otto anni di guerra inutile
Il 16 marzo i talebani hanno lanciato 4 razzi contro la base Thompson a Farah, capoluogo di provincia nell’Afghanistan occidentale. Assieme alle truppe locali c’era una squadra di consiglieri italiani, che assiste le unità afghane nelle operazioni contro gli insorti. I nostri militari sono rimasti illesi, ma l’attacco è solo un campanello d’allarme. Per otto anni, dal 2005 al 2013, migliaia di soldati italiani hanno combattuto duramente per stabilizzare le province di Herat, Badghis, Ghor e Farah. Un’area grande come il Nord Italia sotto il nostro comando dove paracadustisti, alpini, bersaglieri, fanti dell’aria, forze speciali hanno tenuto testa ai talebani a Bala Murghab, Farah, Bala Baluk, Shewan, Bakwa, Gulistan. Località dai nomi esotici riconquistate o minacciate dagli insorti, che sono entrati vittoriosi nelle nostre basi con il vessillo bianco e nero dell’Islam integralista. In Afghanistan sono caduti 54 soldati italiani, centinaia i feriti e abbiamo speso 8 miliardi di euro, ma non è servito a molto. Nell’ex “provincia d’Italia”, come veniva chiamata la nostra area di operazioni nell’Afghanistan occidentale solo 3 distretti rimangono relativamente tranquilli. Quattro sono in mano ai talebani e tutti gli altri contesi duramente con le forze di sicurezza afghane. Il 17 marzo gli insorti sono arrivati ad un chilometro da Bala Murghab, il capoluogo dell’omonima provincia, dove i paracadutisti avevano lasciato su un muro sbrecciato dell’ex cotonificio trasformato in base Columbus l’enorme scritta “Ora e sempre Nembo!”. Ironia della sorte nell’ultima ridotta di Camp Arena ad Herat, per anni quartiere generale italiano, sono di turno i fanti della brigata aeromobile Friuli, che presero possesso di Bala Murghab 11 anni fa con tanto di elisbarco. Allora avevamo 4mila uomini sul campo, adesso sono solo 800, compresa Kabul.  “I militari italiani quotidianamente addestrano, assistono e forniscono consulenza alle Forze di sicurezza afghane, in particolare ai militari del 207° Corpo d’Armata e alla Polizia che con coraggio e professionalità difendono la popolazione e le istituzioni locali” spiega a Panorama il generale Salvatore Annigliato. I talebani nella seconda settimana di marzo hanno messo in fuga interi reparti governativi catturando 150 prigionieri nella provincia di Bala Murghab alla frontiera con il Turkmenistan. Paracadutisti e alpini hanno combattuto per mettere in sicurezza l’area utilizzando per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale i mortai da 120 millimetri. E non pochi sono caduti in battaglia, come nel 2011 David Tobini, 28 anni. “Ho sempre pensato che quello di mio figlio e degli altri giovani uccisi fosse sangue versato invano - spiega a Panorama la madre, Anna Rita Lo Mastro - In Afghanistan la guerra è innata e adesso che i talebani sono alle porte di Bala Murghab vado davanti alla tomba di David e mi chiedo: “A cosa è servito il tuo sacrificio?””. L’area più ostica è la provincia di Farah. In dicembre i talebani hanno conquistato il distretto di Shib Koh al confine con l’Iran, strategico per il traffico di droga. Lo stesso capoluogo di provincia era stato occupato e poi abbandonato di fronte alla controffensiva afghana appoggiata dagli americani. Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani, rilancia via twitter notizie di imboscate e trappole esplosive in tutta la provincia con foto e video di governativi uccisi, prigionieri e armi catturate. Il distretto di Bala Baluk, che i soldati italiani di base Tobruk avevano tenuto con le unghie e con i denti sarebbe sotto controllo dei talebani.  Carlo Aringhieri a base Tobruk veniva chiamato Ringhio. Veterano dei parà, in congedo per le ferite visibili e non riportate in Afghanistan, racconta: “A distanza di 10 anni se chiudo gli occhi continuo a vedere i compagni colpiti durante gli scontri a fuoco e, purtroppo, quelli che non ci sono più. Adesso che i nostri avamposti sono caduti nelle mani dei talebani a chi mi chiede se è servito a qualcosa rispondo che ci abbiamo provato con tutto il cuore e le nostre forze, ci abbiamo creduto. Io lo rifarei”. Un’altra roccaforte dei talebani a Farah è il distretto di Khaki Safed, ma fin dal 2015 gli insorti di sono ripresi il Gulistan, la “valle dei fiori”. Il 31 dicembre del 2010, Matteo Miotto risponde al fuoco di un assalto talebano all’avamposto Snow (neve) nella valle maledetta. Il giovane caporale maggiore degli alpini si batte in un nugolo di proiettili fino a quando un cecchino non lo colpisce a morte. “E’ valsa la pena? Potremmo farci la stessa domanda anche per altre missioni come la Somalia. Le operazioni militari che non si concludono con la sconfitta del nemico lasciano spazio all’instabilità. C’è sempre stata la consapevolezza che i talebani godevano di un ascendente notevole sulla popolazione. Uno dei problemi più evidenti per la Nato non era conquistare il territorio, ma mantenerne il controllo” spiega il generale in congedo, Marco Bertolini, ex comandante delle forze speciali, che ha servito in Afghanistan.  A fine 2012 il 2° alpini si è ritirato da base Lavaredo a Bakwa dove i commilitoni avevano creato un piccolo spazio con la foto e i ricordi del caporale maggiore Tiziano Chierotti ucciso da una quinta colonna talebana infiltrata nelle forze di sicurezza afghane. Tre anni dopo gli insorti sono entrati  con una colonna di fuoristrada e le bandiere bianche di guerra nella nostra base abbandonata. Sempre a Bakwa, nell’ottobre 2017, gli insorti hanno organizzato addirittura una parata con centinaia di uomini armati ripresi in un video rilanciato sui siti jihadisti. Il mini contingente ad Herat non ha più compiti combat e la Difesa vuole ritirarlo il primo possibile. Cento soldati sono già rientrati a dicembre ed altri 100 lo faranno all’inizio dell’estate. Bertolini lancia l’allarme: “Ci eravamo assestati sui 900 uomini che era il minimo indispensabile. Adesso il numero è stato ulteriormente limato per questioni politiche. Siamo già al limite. Si rischia di dovere rinunciate a qualcosa dal sostegno logistico alla sicurezza e diventa pericoloso”. Anche la zona di Herat, che era relativamente tranquilla, risulta sempre più insidiosa. Un ulteriore cattiva notizia arriva da Ghor, la provincia più remota sotto il comando italiano per anni. Il 5 marzo “300 case (famiglie) nel distretto di Saghaz sotto l’influenza del comandante Abdul Ahad hanno dichiarato il loro appoggio all’Emirato islamico” annunciavano gli insorti. “Se anche gli americani trattano con i talebani significa che è mancata la volontà di sconfiggerli con una guerra senza quartiere - osserva Bertolini - Oppure sono consapevoli che si tratta di un conflitto che non si può vincere perchè il nemico è troppo mescolato con la popolazione”. La madre di Tobini, il parà caduto, vorrebbe che “qualcuno abbia il coraggio di dire che l’intervento in Afghanistan è fallito. Ancora oggi continuo a sentire la litania del successo della missione di pace”. Anna Rita non crede nelle trattative con i talebani: “Considererò la missione compiuta in modo esemplare il giorno in cui sarà garantita la pace di cui parlano e potrò andare in Afghanistan a deporre un fiore a Bala Murghab dove è caduto mio figlio”.   Fausto Biloslavo

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28 agosto 2008 | Studio Aperto | reportage
Afghanistan: italiani in guerra
Studio aperto, Tg1 e Tg2 hanno lanciato il nostro servizio esclusivo di Panorama sui soldati in guerra in Afghanistan. Le immagini che vedete non sono state girate da me o da Maki Galimberti che mi accompagnava come fotografo, come dicono nel servizio, bensì dagli stessi soldati italiani durate la battaglia di Bala Murghab.
Di seguito pubblico il testo che ho ricevuto dai coraggiosi cineoperatori con l'elmetto: "Nei giorni dell’assedio di Bala Murghab il 5,6,7 e 8 agosto, con i fucilieri della Brigata Friuli erano presenti anche quattro militari Toni T. , Francesco S. , Giuseppe N. , Giuseppe C. , tutti provenienti dal 28° Reggimento “Pavia” di istanza Pesaro. È stato proprio il C.le Mag.Sc. Francesco S. a girare le immagini che vedete con una telecamera di fortuna, in condizioni difficili e con grande rischio personale.Infatti tra i compiti assolti dal 28° Reggimento di Pesaro c’è proprio la raccolta di informazioni e documentazioni video sulle operazioni di prima linea".

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23 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
La battaglia di Kandahar
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14 marzo 2007 | L'Infedele - La7 | reportage
Afghanistan, la guerra impossibile
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07 maggio 2009 | Radio City | intervento
Afghanistan
L'ultima trincea, la sfida che non possiamo perdere
Dibattito sulla crisi nel paese al Crocevia dell'Asia con il direttore di Limes Lucio Caracciolo

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05 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - La base nel deserto
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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12 settembre 2002 | Radio 24 Nove in punto | reportage
Afghanistan
Afghanistan un anno dopo/4
Un anno dopo l'11 settembre ed il crollo dei talebani il nodo della sicurezza

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13 aprile 2010 | Radio Città Futura | intervento
Afghanistan
La sorte dei tre italiani di Emergency in manette
Gli uomini dei servizi afghani puntano il dito contro il chirurgo Marco Garatti e Matteo D’Aira, il capo infermiere, mentre il giovane Matteo Pagani non sarebbe coinvolto e potrebbe venir ben presto scagionato.

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12 novembre 2001 | Radio 24 Gr | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Il leone di Herat
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Ad Herat sono entrati i mujaheddin di Ismail Khan, il vecchio comandante della guerra contro i sovietici. Tutti lo conoscono come il leone per coraggio e carisma

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