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Reportage
19 aprile 2019 - Prima - Libia - Il Giornale
“In Libia controlli finiti Adesso l’Italia rischia una marea di sbarchi”
Fausto Biloslavo
Tripoli La «bomba» migranti pronta a riesplodere, la Guardia costiera che ha interrotto le intercettazioni dei gommoni, il duro affondo contro la Francia, l\\\'Italia «alleata» di ferro, che potrebbe finire nel mirino del generale Haftar e il rischio di uno scenario siriano. Non ha peli sulla lingua, Fathi Beshaga, ministro dell\\\'Interno libico che fronteggia l\\\'attacco su Tripoli, nell\\\'intervista esclusiva a il Giornale. 
Ministro com\\\'è la situazione sul terreno dopo due settimane di guerra?
«Sta migliorando e nei prossimi giorni passeremo al contrattacco». 
Ma uno dei generali di Haftar ha appena annunciato la conquista di Tripoli prima del Ramadan, che inizia il prossimo mese...
«Facile fare una sparata del genere a migliaia di chilometri di distanza, ma sul terreno la realtà e ben diversa».
Martedì ha incontrato l\\\'ambasciatore italiano a Tripoli. Di cosa avete parlato?
«Su come riprendere a pieno ritmo e aumentare la cooperazione. Apprezziamo l\\\'appoggio del governo italiano a differenza di altri Paesi, che hanno agito contro il governo legale del Paese, come la Francia sponsor del ribelle Haftar».
Domani si terrà una manifestazione nel centro di Tripoli, dopo il lancio dei missili Grad su quartieri residenziali nella capitale: si chiede l\\\'espulsione dell\\\'ambasciatrice francese. Lei cosa ne pensa?
«Prima dell\\\'attacco l\\\'ambasciatrice era venuta a farci visita. Le ho spiegato che la posizione della Francia sta causando collera in Tripolitania. Questo sentimento della popolazione potrebbe forzarci a cambiare le nostre relazioni con Parigi (ieri il ministro dell\\\'Interno ha sospeso la cooperazione per la sicurezza nda)».
L\\\'Italia ha 400 soldati in Libia che si occupano dell\\\'ospedale di Misurata, e aiutano pure le istituzioni libiche. Pensa che dovremmo inviare più truppe?
«Voglio ringraziare l\\\'Italia per essere rimasta al nostro fianco mentre altre nazioni hanno ritirato i loro militari (americani, ma anche francesi e inglesi, nda). Però la battaglia contro Haftar è la nostra guerra e non abbiamo bisogno di soldati stranieri».
Secondo indiscrezioni Haftar potrebbe colpire per rappresaglia interessi italiani in Libia. È possibile?
«Non posso escluderlo. Haftar è impazzito e per questo potrebbe accadere qualcosa del genere. Sicuramente ha scatenato un\\\'ondata di aggressività nei confronti del governo italiano».
La «bomba» migranti rischia di riesplodere?
«A causa del conflitto abbiamo perso il controllo dei passaggi dei clandestini non solo dal Sud e stiamo cominciando a notare un aumento degli arrivi. Se non finirà presto temo che il numero aumenterà in maniera drammatica. Il caos provocato dal conflitto ci riporterà indietro alla stessa situazione di crisi (il boom degli sbarchi dell\\\'estate 2017, nda) precedente alla collaborazione con l\\\'Italia, che ha ridotto al minimo i flussi».
La Guardia costiera argina ancora le partenze?
«Ogni giorno circolano voci su raid delle truppe di Haftar lungo la costa. La Guardia costiera è focalizzata sulla protezione della popolazione e della Tripolitania. In questo momento ha dovuto interrompere le operazioni di intercettazione degli immigrati illegali».
Non sarebbe meglio negoziare con Haftar?
«Non c\\\'è alcun spazio per il negoziato con Haftar e nessun posto per lui . L\\\'unica soluzione è che il Consiglio di sicurezza dell\\\'Onu imponga lo stop alla guerra, ma la Francia si è messa di traverso. Il conto lo pagheremo noi e l\\\'Italia, in termini di sbarchi illegali».
Teme uno scenario siriano per la disgraziata Libia?
«Il pericolo esiste. Basta pensare al ruolo della Russia sempre più vicina ad Haftar. E lo scenario libico potrebbe essere ancora peggiore perchè il nostro Paese è grande e ricco di risorse. Le frontiere aperte permettono ai gruppi terroristi di infiltrarsi facilmente. E i primi a pagare sarebbero i Paesi europei». 

video
21 settembre 2017 | Matrix | reportage
Migranti in gabbia
Per i migranti la Libia è un inferno. In 7000 sono detenuti nei centri del ministero dell’Interno in condizioni impossibili. L’Onu e le Ong, che denunciano le condizioni miserevoli, dovrebbero parlare di meno e fare di più prendendo in mano i centri per alzarne il livello di umanità. E non utilizzare le condizioni di questi disgraziati come grimaldello per riaprire il flusso di migranti verso l’Italia. Non solo: Tutti i dannati che vedete vogliono tornare a casa, ma i rimpatri, organizzati da un’agenzia dell’Onu, vanno a rilento perché mancano soldi e uomini. E chi ce la fa esulta come si vede in questo video dei nigeriani che tornano in patria girato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Dietro le sbarre a Tripoli un migrante ci mostra i segni di percosse e maltrattamenti. Nel centro di detenzione di Triq al-Siqqa, il più grande della capitale libica, ci sono anche le donne, intercettate prima di raggiungere l’Italia, con i loro bambini nati nei cameroni, che protestano con le guardie per il cibo pessimo ed insufficiente. Il responsabile del centro di Triq al-Siqqa si scaglia contro l’Europa e parla di “visite dei ministri degli esteri di Germania, Inghilterra, delegazioni italiane…. tanto inchiostro sui documenti, ma poi non cambia nulla, gli aiuti sono minimi”. Ogni giorno arrivano al centro nuovi migranti fermati in mare, che ci provano ancora a raggiungere l’Italia. In Libia sono bloccate fra mezzo milione e 800mila persone, in gran parte vessate dai trafficanti, che attraggono le donne come Gwasa dicendo che in Italia i migranti “hanno privilegi, rifugio e cibo”. In agosto le partenze sono crollate dell’86% grazie ad un accordo con le milizie che prima proteggevano i trafficanti. Nei capannoni-celle di Garyan i migranti mostrano i foglietti di registrazioni delle loro ambasciate per i rimpatri, ma devono attendere mesi o anche un anno mangiando improbabile maccheroni. E non sono solo musulmani. Nel centro di detenzione costruito dagli italiani ai tempi di Gheddafi i dannati dell’inferno libico invocano una sola parola: “Libertà, libertà”.

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04 aprile 2011 | Studio Aperto | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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02 aprile 2011 | Studio Aperto | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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radio

10 marzo 2011 | Panorama | intervento
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Diario dalla Libia
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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?

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22 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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18 marzo 2011 | Radio Capodistria | intervento
Libia
IL vaso di pandora
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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