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Reportage
19 aprile 2019 - Attualità - Libia - Il Giornale
Guerra alle porte di Tripoli Mandato d’arresto per Haftar
Tripoli L\'urlo di dolore scoppia all\'improvviso mentre i passeggeri provenienti da Tunisi sbarcano all\'aeroporto Mitiga di Tripoli con il calare del buio. Un giovane padre di famiglia si accascia a terra poco dopo aver acceso il cellulare e risposto alla prima telefonata. Qualcuno lo ha informato che suo padre è fra le vittime dei missili Grad lanciati su Tripoli nel quartiere residenziale di Abu Slim. Il poveretto si dispera e inveisce contro tutto e tutti: la Libia nel caos, il governo, le truppe di Haftar alle porte della capitale. Seguito da altri passeggeri, che alzano la voce, su fronti opposti. Alla fine partecipano alla baraonda anche gli addetti al controllo dei passaporti. Il benvenuto a Tripoli non lascia dubbi sulla disgregazione del Paese.
Ieri si riuniva a porte chiuse il Consiglio di sicurezza dell\'Onu convocato dalla Germania per cercare di fermare la «destabilizzazione generalizzata» della Libia come ha paventato l\'inviato speciale delle Nazioni Unite Ghassan Salamè in un\'intervista all\'agenzia di stampa francese Afp.
Gli scontri sono ripresi sul fronte di Ain Zara, alla periferia meridionale di Tripoli, ma per assurdo il centro città è assolutamente tranquillo. Al bar Roma ti servono il solito e ottimo cappuccino. Il traffico della capitale è sempre asfissiante, ma pochi chilometri a Sud si combatte. Non si capisce bene chi avanza e chi retrocede, ma un carro armato governativo sarebbe stato ridotto a una carcassa su un ponte strategico. Le truppe del generale Khalifa Haftar non vogliono mollare la direttrice dell\'offensiva più vicina al centro della capitale, appena una decina di chilometri. I governativi sembrano resistere e avanzare anche su altri fronti avvicinandosi alla roccaforte di Gharian in mano all\'Esercito nazionale libico di Haftar. Una cittadina fra le montagne a Sud di Tripoli, dove potrebbe svolgersi una della battaglie decisive.
Il conflitto si è allargato a macchia d\'olio. Ieri i caccia governativi hanno colpito le posizioni di Haftar a Jufra, nella Libia centrale oltre 400 chilometri a Sud-Est della capitale. Gli aerei avversari sono piombati sulle milizie di Tripoli nel quartiere di Tajoura. E nel profondo Sud desertico una colonna dell\'uomo forte della Cirenaica ha riconquistato la base aerea Tamanhint dopo averla persa a favore della milizia locale dei Tebu, alleate di Tripoli.
In questo caos la procura militare del governo di accordo nazionale ha emesso un mandato si arresto nei confronti del generale Haftar e sei dei suoi alti ufficiali per crimini di guerra accusandoli di avere bombardato aree civili. «Francamente non mi interessa chi vince, ma che lo facciano presto stabilizzando il Paese perché in settembre devo sposarmi» spiega un disilluso giovane della capitale. La sera prima i fuochi d\'artificio avevano illuminato il centro di Tripoli per una festa come se fosse tutto normale.
Il giorno dopo verso le 19 va via la corrente anche in albergo e alcune esplosioni, neanche tanto distanti, fanno capire che c\'è una guerra alle porte.
FBil

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01 luglio 2019 | TG4 | reportage
#IoNonStoConCarola
“Io non sto con Carola”, la capitana trasformata in eroina per avere violato la legge. E bisognerebbe dirlo forte e chiaro per rompere questa illusione di solidarietà maggioritaria pompata ad arte dalla sinistra, da Ong talebane dell’accoglienza, una bella fetta dela Chiesa e dai pezzi da novanta del facile buonismo radical chic come Saviano, Fazio, Lerner e Murgia. Per non parlare del governo tedesco e francese, che con una faccia di bronzo unica, ci fa la morale sulla capitana. Ovviamente è passato sotto silenzio un sondaggio del 27 giugno su Rai3, non proprio una rete mangia migranti, che svelava come il 61% degli italiani fosse contrario all’attracco della nave Sea watch a Lampedusa, ancora prima dell’epilogo forzato deciso dalla capitana. Se al volante della tua automobile trovi lungo la strada un carabiniere con la paletta che intima l’alt, cosa fai? Accosti e non sfondi il posto di blocco. Se speroni la macchina dell’Arma vieni rincorso armi in pugno e ti arrestano, ancor più se a bordo hai dei clandestini. E nessuno si sognerebbe di alzare un dito in tua difesa con pelose giustificazioni umanitarie. Carola Rackete ha sfondato il blocco ordinato dal Viminale, violato la legge, speronato una motovedetta mettendo in pericolo la vita dei finanzieri a bordo e la stanno trasformando in un’eroina dei due mondi. Non solo: da oggi potrebbe essere libera e bella. Un mondo alla rovescia dove le Ong si sostituiscono agli stati e fanno quello che vogliono calpestando la sovranità nazionale del nostro paese. Per non parlare del paradosso che Sea watch, grazie al polverone sollevato, ha pure incassato oltre un milione di euro con raccolte fondi in Germania e in Italia per la difesa dell’eroina dei due mondi. Carola ha agito in stato di necessità per “salvare vite umane” sostegno i suoi fan. Ma se vogliamo salvare veramente i migranti in Libia, a cominciare da quelli rinchiusi nei centri di detenzione, dobbiamo continuare a riportarli a casa loro come sta facendo a rilento e fra mille difficoltà una delle agenzie dell’Onu, difficile da paragonare a SS moderne. E non andarli a prendere al largo della Libia come ha fatto la capitana, che rimane indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E piuttosto che sbarcarli in Tunisia il posto più vicino a sicuro li ha portati dritta, dritta in Italia per creare un caso politico usando come paravento “le vite salvate in mare” La dimostrazione è la pattuglia di parlamentari di sinistra salita a bordo in favore di telecamere. L’obiettivo finale dei talebani dell’accoglienza è tornare a spalancare le porte dell’Europa agli sbarchi di massa del passato con 170mila arrivi all’anno in Italia Non si tratta di parteggiare per Salvini o il governo, ma di smetterla di farci prendere in giro trasformando la capitana che ha violato scientemente la legge in un’eroina. Per questo gli italiani, primi fra tutti i moderati dotati di buon senso, dovrebbero dire forte e chiaro “io non sto con Carola”.

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10 marzo 2011 | Panorama | intervento
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12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento
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Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.

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I giornalisti italiani rapiti a Tripoli


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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
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Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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06 marzo 2011 | Panorama | intervento
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