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Articolo
12 giugno 2019 - Prima - Italia - Il Giornale |
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Gli intellettuali chic hanno paura di una statua di D’Annunzio |
Le statue di Svevo, Saba e Joyce sì, ma quella di Gabriele d\\\'Annunzio, il poeta guerriero, politicamente scorretto, assolutamente no. La chiamata alle armi per bloccare il Vate in forma bronzea a Trieste è una raccolta firme in rete con change.org. La miccia era stata accesa dal Pd locale e alimentata dalla solita schiera dell\\\'intellighenzia politicamente corretta, compresi attori più o meno comici. Solo Claudio Magris ha osato non opporsi a spada tratta alla statua di D\\\'Annunzio nel capoluogo giuliano. «La biografia letteraria e politica di D\\\'Annunzio rasenta il ridicolo ed espone il buon nome dell\\\'Italia al ludibrio mondiale, ma non è il questo il motivo principale della nostra contestazione: D\\\'Annunzio era un aloglotto e totalmente estraneo alla città» sostiene Alessandro De Vecchi, promotore della petizione. E oltre un migliaio di persone gli vanno dietro nello sputtanamento del poeta guerriero, che nasconde una chiara discriminazione ideologica. La scultura rappresenta il Vate seduto su una panchina, in borghese, che legge melanconico un libro. L\\\'opera è dello scultore bergamasco Alessandro Verdi. La statua troverà spazio nella centralissima piazza della Borsa. I detrattori di D\\\'Annunzio sostengono che «la collocazione di fronte al palazzo della Camera di Commercio è offensiva». Alla vigilia della petizione, il Piccolo, quotidiano di Trieste, ha raccolto le voci dei soliti intellettuali, che alimentano il «niet» a D\\\'Annunzio accusandolo, soprattutto, di essere stato un mangia slavi. Paolo Rumiz, giornalista e scrittore, ha addirittura sostenuto che gli irredentisti come «Nazario Sauro e Cesare Battisti a cui abbiamo dedicato scuole e vie, si rigireranno nella tomba di fronte alla presenza di quella statua». Peccato che Luigi, figlio del martire Battisti impiccato dagli austriaci, partecipò come legionario, al fianco di D\\\'Annunzio, all\\\'impresa di Fiume. Un altro intellettuale politicamente corretto, il giallista Veit Heinichen, che vive a Trieste, sentenzia bocciando la statua: «Che senso ha? A che futuro porta il nostalgismo?». Forse come tedesco non ha ben presente che quest\\\'anno si ricorda il centenario dell\\\'impresa di Fiume partita da Ronchi dei Legionari, ma che aveva uno snodo importante proprio a Trieste. Per questo motivo la giunta comunale del capoluogo giuliano ha investito 290mila euro per un grande mostra su D\\\'Annunzio, che verrà inaugurata in luglio. Intitolata Disobbedisco è curata da Giordano Bruno Guerri, presidente della Fondazione del Vittoriale. La statua costa 20mila euro ed è nata «passeggiando in città con il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. Mi ha indicato quelle di Joyce e Svevo. Così è venuta fuori l\\\'idea di una statua per D\\\'Annunzio» ha spiegato Guerri a il Giornale. Per ora l\\\'unico intellettuale triestino a non sparare a zero sul Vate in bronzo è Magris. «In questo caso il problema non è la statua, ma avere un giudizio chiaro e onesto su D\\\'Annunzio che, pur avendo scritto tantissime cose anche illeggibili, è autore di alcuni capolavori riconosciuti da tutti e destinati a restare come pochi» ha dichiarato al Piccolo. Il Pd per bocca del capogruppo in comune, Giovanni Barbo, si oppone e propone, al posto del Vate, il pachistano Abdus Salam, premio Nobel per la fisica, che a Trieste ha già il Centro internazionale di Miramare intitolato a suo nome. |
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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare
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30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo
TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita.
Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”.
Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”.
Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni.
Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.
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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
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