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24 giugno 2019 - Interni - Libia - Il Giornale
Ancora partenze dalla Libia: Malta soccorre un gommone
La Marina maltese intercetta un natante con 37 migranti provenienti dalla Libia e Alarm phone, il centralino dei talebani dell\'accoglienza, che aveva scatenato la solita mobilitazione generale twitta vittorioso «benvenuti in Europa». Secondo le autorità maltesi sono tutti uomini e sarà curioso analizzare la nazionalità, magari scoprendo, come nella gran parte dei casi, che sono migranti economici senza diritto d\'asilo. Alarm phone è stato avvisato con il solito copione dallo scafista a bordo dotato di telefono satellitare, dopo la partenza dalla Libia. I talebani dell\'accoglienza hanno subito rilanciato l\'allarme interessato dei migranti: «A bordo alcuni sono vicini alla morte». Sembra che nessuno sia sceso, ieri pomeriggio, in barella dalla motovedetta maltese che li ha sbarcati sull\'isola. 
Nel frattempo tre migranti di nazionalità tunisina, di età compresa fra i 18 e i 25 anni, sono stati bloccati domenica dai carabinieri dopo uno sbarco «fantasma» a Lampedusa. Dall\'inizio dell\'anno i numeri degli sbarchi sono in aumento. Il Viminale ha registrato 782 arrivi, compresi quelli via terra dalla rotta balcanica, in maggio e 800 in giugno fino a sabato. In pratica il dato è quasi quadruplicato rispetto alla media di 194 dei mesi precedenti. In ogni caso rispetto allo stesso periodo del 2018 si registra un calo dell\'85% (2.361 arrivi da gennaio).
Per ora la situazione è sotto controllo, ma l\'Onu ha censito in Libia ben 666.717 migranti. E fino a quando sindaci furbescamente buonisti in combutta con potenti organizzazioni religiose continueranno a propagandare le «porte aperte» i flussi non si fermeranno. Giovedì scorso il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, è stato invitato in Germania a parlare davanti a 12.000 rappresentanti della convention nazionale dei laici evangelici tedeschi. Il 3 giugno il presidente della Chiesa evangelica tedesca, Heinrich Bedford-Strohm, era in Sicilia per appoggiare Sea watch. La federazione di venti chiese protestanti e luterane finanzia i talebani dell\'accoglienza con cospicue donazioni. Poi, però, i migranti raccolti in mare dalla Ong tedesca non arrivano in Germania, ma sbarcano in Italia. 
L\'asse pro migranti dei religiosi dell\'accoglienza ad ogni costo e laici dichiarati, una volta il diavolo e l\'acqua santa, è una realtà. Ieri Emma Bonino ha sentenziato in difesa di Sea watch: «Non riesco a pensare che un continente di 500 milioni di abitanti assiste senza colpo ferire a 42 profughi, che da 10 giorni ciondolano di fronte a Lampedusa. Questa è una vergogna dell\'Europa oltre che dell\'Italia».
Il vescovo protestante Bedford-Strohm ha firmato con Orlando l\'appello di Palermo, pro Ong, contro «la criminalizzazione delle operazioni civili di ricerca e salvataggio». Il testo, una specie di manifesto politico delle porte aperte, punta ad una «distribuzione europea dei rifugiati sui barconi» parificati ai boat people vietnamiti, che devono arrivare da noi attraverso «la creazione di passaggi umanitari». FBil

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01 luglio 2019 | TG4 | reportage
#IoNonStoConCarola
“Io non sto con Carola”, la capitana trasformata in eroina per avere violato la legge. E bisognerebbe dirlo forte e chiaro per rompere questa illusione di solidarietà maggioritaria pompata ad arte dalla sinistra, da Ong talebane dell’accoglienza, una bella fetta dela Chiesa e dai pezzi da novanta del facile buonismo radical chic come Saviano, Fazio, Lerner e Murgia. Per non parlare del governo tedesco e francese, che con una faccia di bronzo unica, ci fa la morale sulla capitana. Ovviamente è passato sotto silenzio un sondaggio del 27 giugno su Rai3, non proprio una rete mangia migranti, che svelava come il 61% degli italiani fosse contrario all’attracco della nave Sea watch a Lampedusa, ancora prima dell’epilogo forzato deciso dalla capitana. Se al volante della tua automobile trovi lungo la strada un carabiniere con la paletta che intima l’alt, cosa fai? Accosti e non sfondi il posto di blocco. Se speroni la macchina dell’Arma vieni rincorso armi in pugno e ti arrestano, ancor più se a bordo hai dei clandestini. E nessuno si sognerebbe di alzare un dito in tua difesa con pelose giustificazioni umanitarie. Carola Rackete ha sfondato il blocco ordinato dal Viminale, violato la legge, speronato una motovedetta mettendo in pericolo la vita dei finanzieri a bordo e la stanno trasformando in un’eroina dei due mondi. Non solo: da oggi potrebbe essere libera e bella. Un mondo alla rovescia dove le Ong si sostituiscono agli stati e fanno quello che vogliono calpestando la sovranità nazionale del nostro paese. Per non parlare del paradosso che Sea watch, grazie al polverone sollevato, ha pure incassato oltre un milione di euro con raccolte fondi in Germania e in Italia per la difesa dell’eroina dei due mondi. Carola ha agito in stato di necessità per “salvare vite umane” sostegno i suoi fan. Ma se vogliamo salvare veramente i migranti in Libia, a cominciare da quelli rinchiusi nei centri di detenzione, dobbiamo continuare a riportarli a casa loro come sta facendo a rilento e fra mille difficoltà una delle agenzie dell’Onu, difficile da paragonare a SS moderne. E non andarli a prendere al largo della Libia come ha fatto la capitana, che rimane indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E piuttosto che sbarcarli in Tunisia il posto più vicino a sicuro li ha portati dritta, dritta in Italia per creare un caso politico usando come paravento “le vite salvate in mare” La dimostrazione è la pattuglia di parlamentari di sinistra salita a bordo in favore di telecamere. L’obiettivo finale dei talebani dell’accoglienza è tornare a spalancare le porte dell’Europa agli sbarchi di massa del passato con 170mila arrivi all’anno in Italia Non si tratta di parteggiare per Salvini o il governo, ma di smetterla di farci prendere in giro trasformando la capitana che ha violato scientemente la legge in un’eroina. Per questo gli italiani, primi fra tutti i moderati dotati di buon senso, dovrebbero dire forte e chiaro “io non sto con Carola”.

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30 marzo 2011 | TG5 | reportage
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