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Reportage
17 luglio 2019 - InsideOver - Bosnia - Il giornale.it |
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La farsa ai nostri confini: l\'”esercito fantasma” in rotta per l’Italia |
Fausto Biloslavo
Bosanski Otaka - Il treno sferraglia fendendo il buio della notte con i fanali della locomotiva. I poliziotti bosniaci armati di pettorine gialle fosforescenti si piazzano lungo il binario di arrivo. Ogni sera a Bosanski Otaka, poco dopo le 23, arrivano da Sarajevo fra i 100 e 200 migranti della rotta balcanica, che puntano a passare clandestinamente il confine croato per arrivare in Slovenia e poi a Trieste.
Quando i vagoni si fermano ci si rende conto che quassi tutti i passeggeri arrivano dal Pakistan , Bangladesh, Afghanistan con zaini in spalle e sacco a pelo per le prossime tappe. Gli agenti li caricano su un pullman della Policija. I migranti neanche discutono e in fila indiana salgono sul mezzo conoscendo bene il copione riportato da chi li ha preceduti. Quelli che non trovano posto subito sull’autobus vengono fatti attendere seduti a terra per il prossimo turno.
“Oramai non abbiamo più il tempo di dare la caccia ai criminali. La nostra principale occupazione è correre dietro ai clandestini” osserva rassegnato un veterano dela polizia bosniaca. E aggiunge: “Eseguiamo gli ordini, ma sappiamo bene che è tutto inutile”. La stragrande maggioranza dei migranti, dopo essere approdati in Turchia, proseguono via Grecia, Macedonia o Kosovo e Serbia fino in Bosnia. I serbi li lasciano volentieri passare e i migranti si dirigono prima a Tuzla e con le corriere a Sarajevo. Poi risalgono la Bosnia in treno fino al cantone di Bihac.
Gli ordini sono di riportare tutti i migranti che arrivano dalla capitale verso la Repubblica Srpska, la parte serba della Bosnia.
Il cantone di Bihac, fazzoletto nord occidentale del paese, sta scoppiando con 5mila “ospiti” registrati e chissà quanti non monitorati.
Il pullman della polizia viaggia per qualche chilometro fino ad una specie di zona cuscinetto che separa la Federazione musulmana e croata dall’entità serba. E inizia la messa in scena di una vera e propria farsa. I migranti devono scendere e un agente in tuta blu da Rambo indica con una potente luce la strada che porta alla Repubblica Srpska.
Tutti seguono senza protestare il copione e si incamminano in colonna lungo la strada asfaltata. Dopo 500 metri spariscono nel nulla. I migranti si infrattano in mezzo alle piante di granturco alte come un uomo. E aspettano qualche ora o il giorno dopo per tornare indietro mettendosi in marcia verso Bihac, che dista una cinquantina di chilometri. Nel capoluogo del cantone c’è il campo di accoglienza Bira, il più grande della Bosnia nord occidentale con 1700 persone, che sta scoppiando. Per i migranti è la prima tappa verso il vicino confine croato.
Gli agenti di una pattuglia serba che osservano ogni notte la scena farsesca scuotono la testa e sussurrano a denti stretti: “No comment”. Solo il gruppetto di una dozzina di eritrei ignari delle divisioni politiche della Bosnia prosegue dritto. Al primo centro abitato della Republika Srpska verranno caldamente invitati a tornare indietro.
Fra le pannocchie l’ “esercito” fantasma dei migranti armeggia con telefonini e Google map per capire dove muoversi e chiede informazioni sulla direzione a noi giornalisti.
I federali, come ogni notte, hanno messo di traverso sui binari della ferrovia una macchina della polizia. E lanciano sciabolate di luce verso il campo di granturco come inutile deterrente al ritorno dei migranti. “Senti i cani che abbaiano? Vuol dire che si stanno muovendo sulla collina per aggirarci” spiega un agente rassegnato al gioco dell’oca. “Solitamente rispuntano alla stazione di benzina alle nostre spalle - spiega il poliziotto - Lo sappiamo e li aspettiamo al varco per rimandarli indietro. Un migrante lo abbiamo intercettato 12 volte”.
Alla fine i clandestini trovano la strada in mezzo alle colline verso Bihac e la frontiera croata. La farsa inizia ricomincia la sera dopo con il solito treno che arriva da Sarajevo.
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[continua] |
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16 luglio 2019 | Quarta repubblica | reportage
I migranti da Sarajevo all'Italia
In Bosnia ci sono ottomila migranti che vogliono passare il confine croato per venire in Italia
Si infilano anche di giorno nelle piantagioni di granturco
E in campo aperto corrono per non farsi individuare dalle pattuglie della polizia croata che utilizza pure i droni
Attraverso la boscaglia, che i migranti chiamano giungla, ci mettono dieci giorni a piedi per raggiungere Trieste
Siamo arrivati sul confine europeo della Croazia in mezzo al nulla
Fra i 100 e 200 migranti arrivano ogni sera con il treno da Sarajevo nell’imbuto della Bosnia nord occidentale
Sono giunti fino a qui lungo la rotta balcanica via Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia
La polizia federale carica i migranti su un pullman per rimandarli indietro verso la parte serba della Bosnia, ma è una farsa
Si incamminano lungo la strada asfaltata… e spariscono….
il giorno dopo riprendono il cammino verso i campi di accoglienza del cantone di Bihac vicini al confine croato
A Vuciak, che significa tana del lupo, è stata montata una tendopoli
Sono in 500, soprattutto pachistani e bengalesi, che non scappano dalle guerre come questo gruppetto
Gli scontri fra migranti, per soldi o telefonini, sono all’ordine del giorno
La Bosnia nord occidentale è una grande Lampedusa terrestre dove sono passati dal 2017 20mila migranti illegali diretti in Europa
E la popolazione è esasperata
Il “gioco” così i migranti chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia
Ogni giorno escono dai campi con zaino e sacco a pelo e si dirigono alla stazione degli autobus
L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia
A ridosso del confine si fermano e si nascondono nelle case abbandonate
Si muovono soprattutto con il buio grazie ai percorsi su Google map inviati via telefonino da chi ce l’ha fatta
ma solo il 10% passa al primo tentativo. I croati li intercettano con le camere termiche, li pestano e rimandano in Bosnia dopo averli sequestrato anche le scarpe
E i migranti ritentano il gioco dell’oca anche venti volte fino a quando non arrivano a Trieste
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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria.
Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi.
Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera.
Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin.
Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe.
Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere.
Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole.
I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi.
Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme:
Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno,
ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita.
Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....
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16 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Bosnia, Lampedusa terrestre
In Bosnia, una gigantesca Lampedusa terrestre, arrivano un centinaio di migranti al giorno. E si incamminano verso il nostro paese per entrare in Europa
00. 12 - “Non ho documenti. Tutti noi del Bangladesh adesso andiamo in Italia”
E prima di affrontare i dieci giorni di viaggio soprattutto a piedi consultano le mappe con i campi minati della guerra nell’ex Yugoslavia
Uno dei punti di partenza è questa tendopoli allestita dalle autorità a Vucjak nella Bosnia nord occidentale
La croce rossa locale fa quelle che può distribuendo viveri per circa 500 migranti in gran parte pachistani e addirittura nepalesi, che tentano più volte di arrivare a Trieste
00.50 “Sono dell’Afghanistan e sto viaggiando da 4 anni per venire in Europa. Ieri sono stato deportato dalla Slovenia di nuovo in Bosnia”
E la tensione è alle stelle con scontri etnici fra i migranti. Secondo la polizia locale sono stati registrati negli ultimi mesi 489 incidenti spesso per soldi o telefonini
Soprattutto a Bihac dove i migranti si incontrano per strada
1.23- “Chi ti ha assalito. Chi?”
“Penso afghani e pachistani”
“Altri migranti?”
“Altri migranti”
Al campo di Vuciak, che significa tana del lupo, l’acqua arriva con le autopompe.
Solo nel cantone di Bihac, sul confine più a nord ovest con la Croazia, ci sarebbero 4500 migranti in 5 centri e altri in sistemazioni private.
Li aiutano anche alcune volontarie italiane
1.53 - Mirian Ong delle Acli
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