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02 agosto 2019 - Attualità - Libia - Il Giornale
Chiusi dal governo di Tripoli tre centri di detenzione
l ministro dell\'interno di Tripoli, Fathi Beshaga, ha ordinato la chiusura di tre centri di detenzione liberando fra i 1.000 e 1.500 migranti. Uno è quello bombardato di Tajoura agli inizi di luglio da dove erano già state liberate 350 persone. A bordo della nave Alan Kurdi, al largo di Lampedusa, ci sono due sopravvissuti, che sono subito salpati su un gommone per arrivare in Italia.
I tre centri che chiuderanno i battenti sono tutti fuori della capitale dove ne rimangono attivi almeno quattro. Il vero problema è che le strutture di detenzione governative ancora in piedi sono piene ed i migranti intercettati dalla Guardia costiera cominciano a non venire più internati una volta riportati indietro. Il risultato è che il ministero della Difesa, che controlla le unità navali, protesta con il dicastero dell\'Interno. E gli equipaggi cominciano a considerare inutile la caccia ai gommoni.
I centri chiusi oltre a Tajoura sono quelli di Al Khoms e Misurata. Il primo era stato bombardato nella notte fra il 2 e 3 luglio provocando la morte di 53 migranti e il ferimento di 110. Tajoura è una roccaforte governativa bersaglio delle truppe del generale Haftar che arrancano, ma non mollano la morsa attorno a Tripoli. Nel centro erano detenuti 700 migranti.
Al Khoms è uno dei principali hub di partenza dei trafficanti, assieme a Garabulli ad est di Tripoli. Misurata, non molto distante, è la Sparta libica che garantisce con le sue milizie la sopravvivenza militare del governo Serraj. In gennaio fra Khoms e Misurata erano detenuti 930 migranti. A fine giugno i numeri ufficiali del centro di Kararim di Misurata contava 243 persone, ma spesso non vengono registrati tutti gli arrivi. Secondo l\'Iom, la costola dell\'Onu per le migrazioni, i migranti detenuti in Libia sarebbero solo 2777, ma i dati si riferiscono a 15 centri su 24 che dovrebbero essere ancora funzionanti anche in zone non controllate dal governo. Si stima che il numero reale sia di 5.000-6.000 internati, che rappresenta appena lo 0,1% dei 641.398 migranti presenti nel paese. In gran parte sono liberi anche se a rischio arresto e senza documenti. A Tripoli li incontri nelle piazzette e sotto i cavalcavia in attesa di un ingaggio quotidiano per lavori nell\'edilizia o di fatica. Solo nella capitale sono oltre 120mila.
L\'inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salamè aveva chiesto la chiusura di tutti i centri di internamento dei migranti. Ieri le Ong impegnate in Libia hanno ribadito che «i centri devono essere chiusi e alle persone che sono trattenute vanno offerte alternative sicure e legali. I più a rischio vanno urgentemente evacuati dalle Nazioni unite verso paesi sicuri e, per questo, è necessario che le quote di riallocazioni in Europa siano aumentate». Nessun cenno ai rimpatri volontari a casa loro che l\'Iom stava organizzando dai centri di detenzione. Nel 2018 sono stati quasi 17mila, ma solo 4829 quest\'anno a causa dello scoppio ad aprile della guerra civile. FBil
[continua]

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20 marzo 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

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16 giugno 2011 | Matrix | reportage
La "guerra" degli italiani nel golfo della Sirte
Da tre mesi l’Italia è in prima linea, in mezzo al mare, di fronte alle coste libiche. Assieme agli alleati della Nato ci siamo impegnati a difendere, con le bombe, i civili e la fetta di Libia che si è ribellata al colonnello Gheddafi. L’ammiraglia della flotta occidentale nel golfo della Sirte è la portaerei Garibaldi. La tv di Tripoli accusa la Nato di bombardare i civili, ma i piloti italiani hanno ordini draconiani: possono colpire solo obiettivi militari che si trovano al di fuori dalle zone abitate per evitare vittime innocenti. Le 19 navi della Nato al largo della Libia, sotto il comando della Garibaldi, garantiscono l’embargo contro il regime del colonnello. I fanti di marina del reggimento San Marco si calano dagli elicotteri per ispezionare i mercantili e controllare che non trasportino armi. Come rappresaglia alle bombe Tripoli ha spalancato le porte agli immigrati clandestini che partono dalla Libia occidentale. A bordo della Garibaldi vivono 800 marinai comprese 62 donne, che si ritrovano nelle mensa dell’equipaggio. Ma hanno pochi momenti di svago, a parte qualche partita a biliardino ed una palestra ricavata negli spazi angusti della nave. A dare conforto ai giovani di 20 anni e ai veterani delle missioni in mare ci pensa don Vincenzo Caiazzo, che parla dei marinai e della portaerei come se fosse una parrocchia In mezzo al mare la guerra in Libia sembra invisibile e lontana, ma nella Centrale operativa di combattimento, cuore pulsante della Garibaldi, non si dorme mai, come il sottotenente di vascello Chiara Camaioni, 24 anni, di Ortona.

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21 settembre 2017 | Matrix | reportage
Migranti in gabbia
Per i migranti la Libia è un inferno. In 7000 sono detenuti nei centri del ministero dell’Interno in condizioni impossibili. L’Onu e le Ong, che denunciano le condizioni miserevoli, dovrebbero parlare di meno e fare di più prendendo in mano i centri per alzarne il livello di umanità. E non utilizzare le condizioni di questi disgraziati come grimaldello per riaprire il flusso di migranti verso l’Italia. Non solo: Tutti i dannati che vedete vogliono tornare a casa, ma i rimpatri, organizzati da un’agenzia dell’Onu, vanno a rilento perché mancano soldi e uomini. E chi ce la fa esulta come si vede in questo video dei nigeriani che tornano in patria girato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Dietro le sbarre a Tripoli un migrante ci mostra i segni di percosse e maltrattamenti. Nel centro di detenzione di Triq al-Siqqa, il più grande della capitale libica, ci sono anche le donne, intercettate prima di raggiungere l’Italia, con i loro bambini nati nei cameroni, che protestano con le guardie per il cibo pessimo ed insufficiente. Il responsabile del centro di Triq al-Siqqa si scaglia contro l’Europa e parla di “visite dei ministri degli esteri di Germania, Inghilterra, delegazioni italiane…. tanto inchiostro sui documenti, ma poi non cambia nulla, gli aiuti sono minimi”. Ogni giorno arrivano al centro nuovi migranti fermati in mare, che ci provano ancora a raggiungere l’Italia. In Libia sono bloccate fra mezzo milione e 800mila persone, in gran parte vessate dai trafficanti, che attraggono le donne come Gwasa dicendo che in Italia i migranti “hanno privilegi, rifugio e cibo”. In agosto le partenze sono crollate dell’86% grazie ad un accordo con le milizie che prima proteggevano i trafficanti. Nei capannoni-celle di Garyan i migranti mostrano i foglietti di registrazioni delle loro ambasciate per i rimpatri, ma devono attendere mesi o anche un anno mangiando improbabile maccheroni. E non sono solo musulmani. Nel centro di detenzione costruito dagli italiani ai tempi di Gheddafi i dannati dell’inferno libico invocano una sola parola: “Libertà, libertà”.

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22 marzo 2011 | Panorama | intervento
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Diario dalla Libia
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18 marzo 2011 | Radio Capodistria | intervento
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IL vaso di pandora
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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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06 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento
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