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Reportage
29 settembre 2019 - Controstorie - Afghanistan - Il Giornale
I talebani tengono in ostaggio il Paese e la gente ha paura
Fausto Biloslavo
da Kabul
Le strade della capitale afghana, solitamente intasate da un traffico impossibile, sono deserte e presidiate a ogni angolo da poliziotti e soldati con il dito sul grilletto. Ben 72mila uomini mobilitati in tutto il Paese. Reticolati, sbarre e cavalli di frisia simboleggiano uno stato di guerra piuttosto che un appuntamento con le urne.
Alla quarta elezione per eleggere il nuovo capo dello Stato dal crollo dei talebani del 2001, la popolazione di Kabul è rimasta chiusa in casa. I seggi con lunghe code durante le parlamentari dello scorso anno sono semivuoti e gli elettori arrivano alla spicciolata. Nel primo pomeriggio in diverse sezioni sono venute a votare poco più di 100 persone sulle 400 registrate. E per le donne il numero si abbassa ancor di più.
Le minacce dei talebani hanno fatto effetto con decine di attacchi e attentati, anche se non clamorosi, compresa qualche trappola esplosiva nella capitale. «Se vado a votare quando vado a vendere la frutta fuori Kabul i talebani mi tagliano la mano», confessa Agha Sayeed. Il più coraggioso è il carpentiere Safiullah Safi tornato alle urne nella provincia di Kunar mostrando con orgoglio la punta dell\'indice sinistro color viola dell\'inchiostro indelebile antibrogli. E l\'indice destro mozzato per punizione dai talebani nelle elezioni precedenti.
Pure chi ha votato ci crede poco. «Sono andato alle urne, ma queste elezioni sono poco trasparenti - spiega Abad Sayyed -. Molta gente non crede più nella democrazia in stile occidentale. Per quanto mi riguarda ho perso qualsiasi fiducia nel futuro».
La disaffezione per la politica e le istituzioni divorate dal cancro della corruzione è totale. E si aggiunge al timore che il voto peggiori la situazione dopo la rottura delle trattative di pace degli Stati Uniti con i talebani. Il presidente in carica Ashraf Ghani si è presentato al seggio in una scuola di Kabul poco dopo le 8 del mattino. Lo sfidante Abdullah Abdullah, campione di lungo corso dei tajiki, ha dichiarato al Giornale che è convinto di «vincere inaugurando un grande cambiamento per il Paese». Gli altri 14 candidati non hanno speranze, ma potrebbero spostare dei pacchetti di voti determinanti nel probabile ballottaggio del 23 novembre. I brogli, però, sono dietro l\'angolo con 11 milioni di schede stampate per 9,6 milioni di elettori registrati. Una fonte occidentale sostiene che «se va bene i voti veri saranno un milione e mezzo, forse due». Un fallimento, che potrebbe mettere in dubbio la legittimità delle elezioni.
Se Kabul il giorno del voto sembra una città fantasma, nelle province è ancora peggio. Il governo controlla solo il 40% del territorio comprese le grandi città, dove vive la maggioranza della popolazione, ma il resto è in mano ai talebani. La porta d\'ingresso della capitale è la provincia di Wardak, dove le forze di sicurezza, 48 ore prima delle elezioni, davano la caccia a quattro possibili kamikaze, che volevano infiltrarsi nella capitale. Per capire il clima basta pensare che attorno all\'ufficio della commissione elettorale di Maidan Shahr, capoluogo provinciale, sono state scavate delle trincee stile prima guerra mondiale. Ieri i talebani hanno lanciato 15 razzi sulla città per scardinare il voto.
Il colonnello Hamidullah Kohdawan, da 30 anni sotto le armi, guida la 4a brigata alla porta d\'ingresso di Kabul. Il comandante non va per il sottile: «Abbiamo individuato un commando talebano. Venite che lo tiriamo giù a cannonate». Il bestione da 122 millimetri è pronto al fuoco. Un ufficiale urla ordini secchi prima di fare partire la cannonata, che provoca una fiammata giallo rossa avvolta da una nuvola di fumo. Il primo colpo è arrivato vicino danneggiando il centro di comando e controllo talebano a chilometri di distanza. Una vedetta afghana segnala via radio, che la seconda cannonata ha polverizzato l\'obiettivo. «Centrato e distrutto», garantisce soddisfatto il colonnello.
Esercito e polizia controllano Maidan Shahr e a stento l\'autostrada strategica verso sud. A soli 10 chilometri dalla città l\'arteria è sotto il tiro dei talebani. Il colonnello si mette al volante di un blindato e guida una fulminea incursione nella terra di nessuno. Il primo colpo, forse un razzo, solleva una nuvola di fumo accanto a due mezzi davanti a noi. Subito dopo il ticchettio delle raffiche ci fa capire che siamo sotto il tiro dei talebani. I soldati che spuntano dalle botole dei blindati rispondono al fuoco con le mitragliatrici. Il «contatto» dura una decina di minuti e alla fine il colonnello ripiega verso l\'ultimo posto di blocco governativo.
Dopo 18 anni di intervento della Nato i seguaci della guerra santa sono più forti che mai. Secondo informazioni di intelligence ci sarebbero almeno 70mila talebani in armi. I terroristi di Al Qaida sono rimasti in pochi, un centinaio, ma hanno un ruolo importante come consulenti tecnici per le trappole esplosive, i giubbotti degli uomini bomba e le macchina minate. La nuova minaccia è lo Stato islamico del Khorasan, la provincia del Califfato che comprende non solo l\'Afghanistan, ma fette delle confinanti ex repubbliche sovietiche. Almeno 1400 terroristi operano da nord fino alla frontiera orientale con il Pakistan. «Li chiamano talebani 4.0 perché non hanno connotazione etnica e stringono alleanze con tutti, dai ceceni agli uzbeki e i turkmeni», spiega una fonte de il Giornale sul terreno. L\'Isis afghano paga fino a 500 dollari al mese i suoi uomini, più dei talebani, grazie ai «dazi» imposti sui traffici di frontiera compreso l\'oppio. «Dalla Siria e dall\'Iraq sono arrivate poche decine, ma non un esodo di massa come si temeva, almeno per ora», fa notare la fonte.
Nella valle del Panjsher, a nord di Kabul, riposa il leggendario comandante Ahmad Shah Massoud, la prima vittima dell\'11 settembre ucciso da due terroristi di Al Qaida alla vigilia dell\'attacco all\'America. «Mio padre era un mujahed di Massoud e abbiamo perso 14 familiari dai tempi dell\'invasione sovietica fino ai talebani», racconta Ziauddin Saifee in perfetto italiano. Dopo il crollo del regime di mullah Omar nel 2001 ha frequentato l\'accademia di Modena come allievo ufficiale dei carabinieri. La sua famiglia vive ad Ascoli Piceno e per l\'afghano «l\'Italia è la mia seconda patria». Nella valle di Massoud non sventola più la bandiera nazionale, ma il vessillo di guerra verde, bianco e nero dei mujaheddin, che hanno combattuto contro i sovietici e i talebani. «Queste elezioni non servono a nulla. Stiamo solo spostando in avanti il problema. Se viene riesumato l\'accordo di pace con i talebani siamo pronti a imbracciare le armi», è convinto Saifee. Il presidente americano Donald Trump, l\'8 settembre, ha dichiarato «morto» con un tweet il negoziato con i talebani che doveva portare a un governo di transizione al posto del voto. I mujaheddin delle bandiere nel Panjsher, come i talebani, non volevano le elezioni. Se le presidenziali vedranno in testa Ghani e saranno contestate da Abdullah, che fu «ministro» degli Esteri di Massoud, o viceversa, potrebbero scoppiare scontri armati. «Con noi si schiereranno anche gli uzbeki e gli hazara - sostiene l\'italo afghano -. Si rischia una nuova guerra civile».
[continua]

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23 giugno 2011 | Rainews24 | reportage
Il ritiro annunciato degli americani
Il presidente Usa, Barack Obama, ha annunciato il ritiro a scaglioni di 30mila militari americani entro l'estate del 2012. In Afghanistan resteranno circa 70mila soldati Usa, oltre alle forze degli alleati Nato. Il problema non è il ritiro di 30mila uomini, ma se c'è ancora la volontà di vincere.

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04 giugno 2010 | Tele4 | reportage
Intervista sul'Afghanistan la mia seconda patria
Un'intervista di Tele 4 in occasione del dibattito “Afghanistan: raccontare la guerra, raccontare la pace”, al Circolo della Stampa di Trieste,con la fotorgafa Monika Bulaj.

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28 agosto 2008 | Studio Aperto | reportage
Afghanistan: italiani in guerra
Studio aperto, Tg1 e Tg2 hanno lanciato il nostro servizio esclusivo di Panorama sui soldati in guerra in Afghanistan. Le immagini che vedete non sono state girate da me o da Maki Galimberti che mi accompagnava come fotografo, come dicono nel servizio, bensì dagli stessi soldati italiani durate la battaglia di Bala Murghab.
Di seguito pubblico il testo che ho ricevuto dai coraggiosi cineoperatori con l'elmetto: "Nei giorni dell’assedio di Bala Murghab il 5,6,7 e 8 agosto, con i fucilieri della Brigata Friuli erano presenti anche quattro militari Toni T. , Francesco S. , Giuseppe N. , Giuseppe C. , tutti provenienti dal 28° Reggimento “Pavia” di istanza Pesaro. È stato proprio il C.le Mag.Sc. Francesco S. a girare le immagini che vedete con una telecamera di fortuna, in condizioni difficili e con grande rischio personale.Infatti tra i compiti assolti dal 28° Reggimento di Pesaro c’è proprio la raccolta di informazioni e documentazioni video sulle operazioni di prima linea".

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radio

19 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ Talebani scatenati contro le elezioni
Nelle ultime ore i talebani si stanno scatenando contro le elezioni presidenziali in Afghanistan di domani. Con attentati spettacolari nella capitale e cercando di ostacolare il voto nelle zone “calde” come la provincia di Farah sotto controllo italiano. Ieri mattina è toccato ad un convoglio dei bersaglieri del primo reggimento, che scortava urne e materiale elettorale a finire sotto il fuoco, come racconta a Radio 24 il tenente Marco Carnevale. Ai Leoni, i fanti piumati partiti da base El Alamein, nel capoluogo di Farah, fischiavano i razzi controcarro Rpg sopra le teste lanciati dai talebani annidati in un villaggio ed in un boschetto. I nostri hanno risposto al fuoco in una battaglia che è durata un paio d’ore (audio originale). Sono intervenuti anche un caccia F 16 e gli elicotteri Mangusta, ma non è stato necessario bombardare. I soldati italiani sono illesi ed i mezzi non hanno subito danni significativi. “I nemici dell’Afghanistan vogliono intimidire la popolazione negandole il diritto al voto” denuncia il colonnello Gabriele Toscani De Col comandante della task force italiana a Farah. Più a nord, vicino ad Herat dove ha sede il comando del nostro contingente di 2700 uomini si è svolta nelle ultime ore un’altra operazione contro una cellula di insorti specializzata nella preparazione delle cosiddette Ied le trappole esplosive, che un mese fa hanno ucciso il parà Alessandro Di Lisio. La battaglia per il voto in Afghanistan è iniziata. Fausto Biloslavo da base avanzata Tobruk, provincia di Farah, Afghanistan occidentale Per Radio 24 il Sole 24 ore

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12 novembre 2001 | Radio 24 Gr speciale | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Una giornata di guerra/3
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Imminente la caduta di Kabul e già si parla del futuro dell'Afghanistan e dell'invio di truppe di pace

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13 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ La "tregua" di Bala Murghab
La vallata di Bala Murghab, nella provincia di Badghis, è il fronte nord dei soldati italiani schierati nell’Afghanistan occidentale. Da fine maggio i parà della Folgore hanno sostenuto 15 scontri costati una dozzina di feriti. I talebani uccisi sono diverse decine. Le storie di guerra dei parà del 183° reggimento Nembo si sprecano: ad Eduardo Donnantuono un proiettile di kalashnikov ha centrato l’elmetto. Quando è uscito dal blindato il suo volto era una maschera di sangue, ma la pallottola gli ha fatto solo un graffio sulla testa. Pochi millimetri più in là e sarebbe morto. Ad Alessandro Iosca, un parà romano di 23 anni, un proiettile ha bucato il braccio. Si è rimesso in sesto è tornato in prima linea a Bala Murghab con la sua unità. Dopo due mesi e mezzo di aspri combattimenti gli anziani dei villaggi hanno convinto il governo afghano ed i talebani a concordare la “nafaq.”. Una specie di tregua in vista delle elezioni. L’esercito afghano si è ritirato ed i talebani hanno smesso di attaccare gli italiani. Il comandante dei parà di Bala Murghab, colonnello Marco Tuzzolino, però, preferisce parlare di “pausa operativa”. Sul voto per le presidenziali e provinciali del 20 agosto, Nimatullah, capo villaggio vicino agli insorti, con il barbone nero come la pece, assicura che dei 33 seggi previsti almeno 27 apriranno regolarmente. Quasi tutti nelle zone controllate dai talebani. Fausto Biloslavo Afghanistan occidentale per Radio 24 Il Sole 24 ore

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18 agosto 2008 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - La battaglia di Bala Murghab
Afghanistan,un'estate in trincea.In prima linea con i soldati italiani

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06 luglio 2009 | Radio24 mattino | intervento
Afghanistan
Marines all'attacco ed anche gli italiani all'offensiva
L'offensiva "colpo di spada" nella parte meridionale della provincia di Helmand lanciata da 4000 marines. Nel settore occidentale anche gli italiani all'attacco finiscono nel mirino dei talebani. in collegamento l'ex generale Mauro Del Vecchio, parlamentare del Parito Democratico.

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