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Esclusivo
11 ottobre 2019 - Prima - Italia - Il Giornale |
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“Il killer dei poliziotti era stato già arrestato per droga a casa sua” |
Trieste Alejandro Augusto Stephan Meran, il killer dei poliziotti nella Questura di Trieste, sarebbe stato arrestato per traffico di droga a casa sua, in Repubblica Dominicana, secondo un\\\'informativa della Dndc, la Direzione nazionale antidroga del paese caraibico. La conferma arriva da Santo Domingo grazie ad Alicia Ortega, une delle più famose giornaliste investigative dell\\\'isola. A Trieste gli investigatori spiegano di non avere ancora ricevuto queste informazioni. «Per ora non abbiamo riscontri del genere, ma siamo in attesa di ricevere per vie ufficiali informazioni dettagliate dalla Repubblica Dominicana» spiegano da Trieste. Nell\\\'informativa dell\\\'antidroga di Santo Domingo, che fornisce anche una foto del killer dei due poliziotti con un filo di pozzetto e sguardo triste, corrispondono anche il numero di passaporto, in possesso degli inquirenti italiani, l\\\'età, 29 anni e il luogo di nascita, Comendador, il capoluogo della provincia di Elías Piña. Un\\\'area al confine con Haiti dove passano le vie del narcotraffico caraibiche. Su Alejandro ci sono «tre fascicoli della Dncd» e sarebbe «stato in carcere nel Paese per traffico di droga» si legge nell\\\'informativa, dove «ha scontato la pena». Forse potrebbe trattarsi solo di un fermo o le accuse magari sono cadute in seguito, ma le certezze si avranno solo con l\\\'arrivo della documentazione ufficiale richiesta dagli inquirenti del capoluogo giuliano. Le notizie che arrivano dall\\\'antidroga di Santo Domingo sollevano, però, ulteriori domande sul passato tutto da chiarire del pluriomicida, che si tenta di accreditare come un bravo ragazzo affetto da turbe mentali. Ortega è certa che il dominicano era schedato, ma in Italia non si è mai saputo nulla. Il giovane Alejandro sarebbe arrivato la prima volta nel nostro paese con la famiglia nel 2005. Poi però, se risultano tre dossier e l\\\'arresto in Repubblica Dominicana, deve essere rientrato in patria. Nel nostro Paese era incensurato e ha ottenuto un permesso di soggiorno di lunga permanenza. Evidentemente nessuno ha indagato su eventuali precedenti ai Caraibi. Secondo informazioni raccolte da il Giornale a l\\\'Aquila il futuro killer, registrato come immigrato disoccupato, ha girato dal 2015 a Montebelluna in provincia di Treviso, Ponte della Alpi, vicino a Belluno e alla fine Trieste. Il legale di fiducia, Francesco Zacheo, che lo ha incontrato nel carcere del capoluogo giuliano racconta che «legge la Bibbia ogni giorno e non si ricorda» dei due poliziotti uccisi. Mercoledì prossimo si terranno a Trieste le esequie solenne delle vittime, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego. Il legale sta cercando «di ricostruire la vita di Alejandro da quando è nato a oggi, ma da quello che dice la madre ha una fedina penale pulita». Il killer faceva anche la spola con la Germania dove ha vissuto con un amico a Deggendorf, che gli investigatori vogliono interrogare. Lo scorso novembre, a Monaco, Alejandro ha rubato un\\\'Audi, non facile da portare via per un neofita, andando poi a sbattere contro la recinzione dell\\\'aeroporto. Sembra che volesse entrare nello scalo a forza per prendere un volo diretto a Santo Domingo. Ali agenti tedeschi intervenuti ha detto che esprimeva «pensieri confusi su una missione per Gesù». Per questo motivo è stato ricoverato in una struttura psichiatrica. Il legale ed i familiari sottolineano che aveva problemi mentali ed era in cura in Germania. Zacheo, ha ribadito che la madre «prima dell\\\'accaduto aveva denunciato tantissime volte» i problemi del figlio. «Se non ricordo male - conclude - Alejandro è stato negli ospedali di Belluno, Udine e Trieste». Secondo l\\\'avvocato «tutto, sarà basato ovviamente sulla perizia psichiatrica, dove si valuta la sua condizione mentale difficile». Nonostante la dimestichezza con le armi dimostrata nella mattanza in Questura, Betanja, la madre, ha garantito al legale «che suo figlio non ha mai preso pistole in mano». (ha collaborato Giuseppe De Lorenzo) |
[continua] |
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26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.
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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
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Giornalismo di guerra e altro.
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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo
"Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti.
Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”.
Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento".
Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc.
La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos.
Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra.
Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
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