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18 ottobre 2019 - Interni - Italia - Il Giornale
Bavaglio rosso in università A Trento minacce e violenze
«Sono uno studente di giurisprudenza a Trento, proprio di fronte alla facoltà di sociologia dove mercoledì sono stato insultato e seguito all\\\\\\\'esterno, mentre assistevo con altri colleghi ad una conferenza sull\\\\\\\'immigrazione, dagli stessi ragazzi che martedì hanno impedito che lei potesse parlare di Libia». Inizia così un\\\\\\\'accorata mail ricevuta da M.M, che denuncia l\\\\\\\'allucinante situazione di una parte dell\\\\\\\'Università. Per evitare ripercussioni mi ha chiesto di riportare solo le iniziali.
Ieri è arrivata una valanga di manifestazioni di solidarietà e dure critiche all\\\\\\\'Università di Trento per aver avallato i facinorosi di estrema sinistra, che mi hanno impedito di tenere una conferenza sulla Libia.
Il caso, però, ha sollevato la coltre di acquiescenza su un enclave da anni di piombo confermata dalla mail dello studente di Trento: «La mia colpa, così come la sua, è stata quella di non essere allineato al pensiero dei facinorosi che da ormai 6 anni presidiano gli atenei con ampio silenzio assenso del dipartimento di sociologia, che poco fa per garantire il pluralismo, la libertà, la democrazia e non meno importante la sicurezza di studenti che non si prestino all\\\\\\\'uso della violenza nel dibattito e nella vita accademica».
M. M denuncia la «situazione vergognosa che vige a Trento, del terrore e del degrado promossi in facoltà e in tutta la città dal Cur», il Collettivo Universitario Refresh, che ha organizzato picchetti per non farmi parlare ed esposto lo striscione all\\\\\\\'ingresso del dipartimento, «fuori i fascisti dall\\\\\\\'università».
Lo studente spiega «lo stato di eccezione che vige nella facoltà di sociologia, con aule occupate in cui si verificano illeciti costanti, striscioni di gruppi antagonisti e un incessante clima da centro sociale, di parte, che fugge al senso antonomastico dell\\\\\\\'università libera e di tutti».
Accuse pesanti come mazzate che si concludono con un sacrosanto appello: «Per chiedere che la presenza di coloro che hanno spirito di libertà e predisposizione democratica non venga mai a mancare, nelle nostre aule e nei nostri atenei, sia incarnato da Udu (che mi aveva invitato a Sociologia nda), UNITIN, Link (di sinistra, ndr), o dal centro destra a cui mi sento di appartenere, ciò che non può essere ammesso è che io e i miei colleghi mercoledì o che lei martedì siamo stati vittime dell\\\\\\\'omissione vergognosa di chi dovrebbe essere nostro garante».
L\\\\\\\'Ordine dei giornalisti del Trentino-Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia e il sindacato Fnsi hanno espresso «sconcerto» sottolineando che «un gruppo di manifestanti ha, di fatto, impedito al collega Fausto Biloslavo di tenere una conferenza sulla situazione in Libia. Si tratta di un atto del tutto intollerabile, rispetto al quale è necessario esprimere una profonda e decisa censura». Massimo Cacciari ha detto senza peli sulla lingua «teste di c chi ha impedito la conferenza».
Mirko Bisesti, assessore della provincia autonoma di Trento, con delega all\\\\\\\'Università usa parole molto dure: «Da ex studente dell\\\\\\\'ateneo di Trento, ma soprattutto da cittadino trentino, mi vergogno profondamente di fronte a quanto successo. Impedire ad una persona di parlare, di diffondere le proprie idee è un fatto gravissimo. Ho chiesto al rettore un confronto sulla situazione, soprattutto della Facoltà di Sociologia e di questi violenti».
Fratelli d\\\\\\\'Italia ha reagito con la «massima solidarietà» di Giorgia Meloni e l\\\\\\\'interrogazione del presidente dei senatori, Luca Ciriani, al ministro dell\\\\\\\'istruzione Lorenzo Fioramonti. Altri parlamentari di FdI hanno chiesto un\\\\\\\'audizione per chi scrive alla Commissione Esteri della Camera dei Deputati sulla situazione in Libia.
[continua]

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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