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20 ottobre 2019 - Interni - Italia - Il Giornale
Università, la mappa dell’odio Così soffoca il pensiero libero
Fausto Biloslavo
L\\\\\\\\\\\\\\\'enclave dei nipotini di Curcio alla facoltà di Sociologia di Trento sono la punta più eclatante di un iceberg. Dopo il 15 ottobre quando i violenti di estrema sinistra mi hanno negato il diritto alla parola sono arrivate diverse segnalazioni di situazioni estreme anche in altre facoltà a Padova, Ferrara e Roma.
E sono famosi gli episodi di intolleranza a Bologna nei confronti di Angelo Panebianco, che insegna all\\\\\\\\\\\\\\\'ateneo, per i suoi articoli sul Corriere della sera. Oscar Giannino fu accolto con uova e pomodori alla Statale di Milano. Lo scorso anno a Padova non è stato possibile presentare un fumetto sulle foibe, presso una sede universitaria, per le violente proteste degli antagonisti. E lo stesso Benedetto XVI venne costretto a rinunciare all\\\\\\\\\\\\\\\'inaugurazione dell\\\\\\\\\\\\\\\'anno accademico alla Sapienza di Roma. Luca Erbifori, oggi consigliere comunale a Bardolino, in provincia di Verona, è stato rappresentante degli studenti al dipartimento di Sociologia a Trento per una lista di centro destra dal 2014 al 2016. «Mi hanno minacciato di morte e venivo scortato all\\\\\\\\\\\\\\\'ingresso della facoltà dalla polizia, che mi consigliava di non andare al bagno da solo o di portarmi dietro lo spray al peperoncino» spiega l\\\\\\\\\\\\\\\'ex studente al Giornale. Fra le tante minacce la scritta «Erbifori con una chiave inglese tra i capelli come Ramelli», lo studente di destra ammazzato a sprangate a Milano negli anni settanta. A Sociologia gli estremisti del Cur, il Collettivo Universitario Refresh che non mi hanno fatto parlare, continuano ad agire da padroni soprattutto in una specie di aula autogestita. «L\\\\\\\\\\\\\\\'aula occupata è una stanza situata al piano interrato del Dipartimento, che vede al proprio interno fornelli, divani dove si riuniscono studenti e non studenti per organizzare atti criminali che poi mettono in pratica dentro e fuori l\\\\\\\\\\\\\\\'Università» è la pesante denuncia di Erbifori. I nipotini di Curcio hanno fatto togliere il Tricolore e lo scorso anno si sono distinti contro l\\\\\\\\\\\\\\\'adunata degli alpini a Trento. Secondo Erbifori «i bagni erano spesso luogo di spaccio da parte di non studenti». Non è chiaro se la situazione sia ancora a questi livelli, ma i violenti e facinorosi imperversano, con il tacito avallo dell\\\\\\\\\\\\\\\'Università, che fa ben poco per sradicare il bubbone. Gli stessi studenti dell\\\\\\\\\\\\\\\'Udu, gruppo di centro sinistra, che mi aveva invitato a parlare della Libia, sono finiti nel mirino degli estremisti. «Salutiamo infine chi negli scorsi giorni è arrivato persino a minacciare personalmente alcuni dei nostri ragazzi a Sociologia - spiegano gli studenti in un comunicato - Non abbiamo paura di voi».
Un docente universitario con 36 anni di carriera alle spalle spiega al Giornale «che ci sono tanti dipartimenti, e non solo Sociologia di Trento, dove chi non sposa ideologie comuniste è emarginato e vessato». Nella capitale, alla Sapienza, esiste un enclave di estremisti di sinistra simile a quella trentina. «I collettivi minacciano fisicamente i ragazzi di destra che vogliono presentare le liste alle elezioni universitarie - scrive un testimone - Tollerati dai vertici dell\\\\\\\\\\\\\\\'Università e dalle altre istituzioni. Lì, come a Trento, il tempo si è fermato agli anni di piombo». A Ferrara un capo dipartimento esponeva dietro la segreteria la mitica foto di Che Guevara. E diceva senza peli sulla lingua: «Non ho mai perso le vecchie abitudini: Che e pugno chiuso». Un rettore del Sud ammette che «qualche collega tollera sacche di intolleranti e violenti fuori dal tempo per quieto vivere, comprese occupazioni delle aule».
Padova è un\\\\\\\\\\\\\\\'altra enclave dove i centri sociali ed i collettivi universitari hanno mano libera. Lo scorso anno una sede dell\\\\\\\\\\\\\\\'ateneo si piegò ai violenti che negarono la presentazione di Foiba rossa, il fumetto dedicato alla martire istriana Norma Cossetto, che aveva studiato all\\\\\\\\\\\\\\\'università di Padova.
[continua]

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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo "Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti. Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”. Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento". Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc. La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos. Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra. Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".

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05 febbraio 2015 | Porta a Porta | reportage
IN RICORDO DELLE FOIBE E L'ESODO LA PUNTATA DI PORTA A PORTA


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16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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