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08 novembre 2019 - Album - Italia - Il Giornale |
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Un convegno per capire quell’Europa divisa dalla Cortina di ferro |
Fausto Biloslavo da Trieste Un paio di foto storiche del 9 novembre 1989 e il titolo asettico, Il muro di Berlino 30 anni dopo, per annunciare il convegno che si terrà sabato a Trieste nella sede della Regione Friuli-Venezia Giulia. A Facebook, però, l\\\'invito postato sulla mia pagina pubblica non piace e dopo qualche ora risponde con una frase automatica e stucchevole: «Non è possibile promuovere questo evento perché non rispetta le Linee guida». Il Grande fratello social ama il politicamente corretto, anche quando diventa ridicolo. Il sospetto è che Facebook non abbia apprezzato la descrizione della conferenza: «30 anni dopo il muro di Berlino. I crimini del comunismo, la libertà e l\\\'Europa di oggi che non funziona». Oppure che si tenga nella sede istituzionale della Regione a trazione leghista. L\\\'Europa di oggi che non funziona è già un\\\'affermazione pericolosa, ma il riferimento ai crimini del comunismo potrebbe essere considerato dagli algoritmi di Mr. Zuckerberg un vero tabù. Alla richiesta di un\\\'analisi manuale per capire cosa c\\\'è di sbagliato nell\\\'innocuo annuncio non è pervenuta ancora risposta. Nonostante le forche caudine di Facebook, domani alle 9.45 nella sala di rappresentanza della Regione Friuli-Venezia Giulia in piazza Unità d\\\'Italia a Trieste aprirò, come moderatore, il convegno sui 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino. Trieste ha vissuto la cortina di ferro con la Jugoslavia di Tito, che in realtà avrebbe fatto da cuscinetto se la Guerra fredda fosse mai scoppiata in Europa. «A Gorizia, si ergeva un simulacro del muro di Berlino, quasi a evocare una furia criminale e spietata incombente» spiega l\\\'assessore regionale all\\\'Istruzione, Alessia Rosolen. Il riferimento è alla recinzione che ha diviso in due la città dal 1947 fino all\\\'ingresso della Slovenia nell\\\'Unione europea. Rosolen ha fortemente voluto il convegno, che ospiterà fra il pubblico una delegazione di studenti delle scuole superiori di Trieste. Tutti ragazzi nati ben dopo il crollo del Muro di Berlino. «L\\\'incontro intende ripercorrere i momenti febbrili e concitati che il 9 novembre del 1989 portavano al crollo del muro della vergogna - spiega l\\\'assessore regionale - alla fine della Guerra fredda e alla liberazione di quelle Nazioni dell\\\'Europa centro-orientale che, per lunghi decenni, sono state oppresse e soffocate da un regime totalitario». E dall\\\'Est europeo è attesa a Trieste, Maria Schmidt, direttore della Casa del Terrore di Budapest, museo dei crimini dei totalitarismi ricavato nel quartier generale della polizia politica comunista dopo e nazista prima. «Parlerò di come l\\\'Ungheria si è liberata dalla dittatura filo sovietica - anticipa Schmidt - ma anche delle sfide e delle divisioni di oggi fra i paesi orientali e occidentali dell\\\'Unione europea su temi cruciali come l\\\'immigrazione». Da Cracovia arriverà Ryszard Legukto, docente di filosofia ed europarlamentare del partito Diritto e Giustizia al governo in Polonia. L\\\'assessore regionale Pierpaolo Roberti farà gli onori di casa lasciando la parola a Renato Cristin, docente dell\\\'università di Trieste e anima del convegno. «Ho vissuto nella capitale tedesca, come direttore dell\\\'Istituto italiano di Cultura negli anni cruciali della ricostruzione di Berlino Est. Illustrerò anche l\\\'appello sulla Norimberga del comunismo presentato ieri in Senato» spiega Cristin. L\\\'ardita idea è di processare i crimini del comunismo, che hanno provocato 100 milioni di morti e sono stati equiparati a quelli nazisti da una risoluzione del Parlamento europeo. Francesco Perfetti, docente di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli di Roma, punterà il dito sul fatto che «la caduta del muro non ha significato purtroppo la fine di tutti i regimi comunisti». Perfetti sottolinea che «l\\\'Occidente è troppo arrendevole nei confronti della cultura marxista». Zeppo di ricordi e aneddoti il messaggio per il convegno di Edmund Stoiber, Lo storico leader dei cristiano democratici in Baviera, rende omaggio ad Helmut Kohl avvolto «nel mantello della Storia», che «con la riunificazione della Germania ha condotto pure alla riunificazione dell\\\'Europa». |
[continua] |
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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre.
Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato.
Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano.
Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca.
“Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria.
Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman
Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida.
L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane.
La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....
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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.
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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
Buongiorno regione
THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti
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radio
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
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